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giovedì 25 luglio 2019

La Storia Di Lou Reed e Dei Velvet Underground: Alcol, Droga e Gusti Sessuali

Lou Reed ha passato un'intera vita a suonare a New York, parlando delle ombre della città, quelle più nere ed oscure.
Nato a Brooklyn e cresciuto a Long Island con un'adolescenza particolarmente difficile, con il trauma dell'elettroshock (voluto dai genitori che lo portano ad un centro psichiatrico), utilizzato per "curare" una tendenza bisessuale.
Un'esperienza destinata a segnarlo per sempre.
Per due settimane viene sottoposto a scariche elettriche intensive che gli facevano perdere completamente senso dell’orientamento e memoria.
Il trattamento dell’elettroshock cambierà profondamente Lewis che non solo non “guarirà”, come speravano i genitori, ma anzi esaspererà i suoi comportamenti.
Inoltre da questo momento in poi Lou farà di tutto per far loro del male, vendicandosi della loro decisione.
Ad esempio "Kill Your Sons" uscita nel 1974 (album solista "Sally Can't Dance") parla proprio del trattamento ricevuto.
Ad ogni modo sin dalla gioventù Lou si dà da fare con alcool e droghe, sino alla fondazione dei Velvet Underground.
Il nome della band viene preso dal titolo di un libro giallo trovato nella spazzatura.


I VELVET UNDERGROUND
I Velvet Underground diventano un gruppo cult nel panorama artistico-musicale e verranno seguiti da Andy Warhol che gli farà da manager, promotore, e finanziatore del primo album: “The Velvet Underground And Nico“ uscito nel 1967.
Lou in questo primo album con pochi accordi dipinge un affresco oscuro.
Con l'arrivo di Sterling Morrison al basso e chitarre e Maureen Tucker alla batteria i Velvet Underground iniziano a ridefinire il concetto di musica.
C'è una banana che si sbuccia sulla copertina bianca, ma il vinile è nero.
Pezzi quali "Waiting For The Man", "All Tomorrow's Parties", "Venus In Furs" e naturalmente "Heroin".
C'è la droga, il sesso, c'è l'oscurità...tutte prerogative che consegneranno questo disco alla storia del Rock.
Solo Lou Reed attraverso il suono, poteva descrivere l’effetto provocato dall’eroina.
Heroin è un’opera d’arte sia dal punto di vista testuale che da quello musicale.
Il testo è semplice, diretto, non ha paura di definire le cose col loro nome concreto.
Nelle sue interviste, Lou parla della metafora di un treno in corsa, un’immagine comune a tutti che avrebbe permesso, anche a chi non ha mai provato l’eroina, di comprendere i suoi effetti.
La canzone è un crescendo di sensazioni capaci di esprimere il passaggio dalla serenità alla distruzione fino al picco degli istinti suicidi.
Negli ultimi minuti affiorano gli aspetti più dolorosi legati alla dipendenza da droghe, ma Reed è anche in grado di rendere il lato più afrodisiaco dell’eroina, i pochi momenti di pace e apoteosi che anticipano il delirio esistenziale.
Reed ama il rumore e spesso racconta di una bestia racchiusa in lui che cerca di uscire e in questa canzone l’esaltazione del rumore puro e assordante è svolta in un climax ascendente, per mezzo di una stridente musica elettronica in un genere che va oltre il Rock.
Reed era un’artista all’avanguardia perché riuscì ad affrontare con una sincerità lancinante tematiche, come quella dell’eroina in questo caso, all’epoca considerate tabù e degne di censura.

"Non ho mai avuto giovani che strillavano ai miei concerti. I ragazzi strillano per David [Bowie], non per me. A me tirano siringhe sul palco"

L'Art Rock, la decadenza, le definizioni cadono di fronte al secondo lavoro White Light/White Heat uscito nel 1968.
Si tratta di un disco più grezzo e rozzo rispetto al precedente.
Alla fine dell’anno Reed esclude dal gruppo John Cale.
La decisione è sofferta e deriva da forti tensioni interne derivanti dallo stress dei tour e dalla fortissima insoddisfazione commerciale e frustrazione di entrambi.
L’album successivo, “Velvet Underground“, trova Doug Youle come sostituto di Cale.
Nel frattempo i problemi manageriali, i fiaschi commerciali portano forti tensioni tra i membri del gruppo.
Nel 1970 esce “Loaded“, l’album forse più diretto dei Velvet nella quale la maggior parte dei brani viene cantata da Youle.
Quest'ultimo disco vede l'abbandono di Reed a metà delle registrazioni, fisicamente e moralmente distrutto dall'abuso di droghe e afflitto da gravi problemi alla voce, tanto che alcune canzoni non ancora incise sono interpretate da Doug Yule, il bassista/tastierista che ha sostituito Cale.
Prima delle sessioni di registrazione, infatti, Reed prende anche l’epatite.
Profondamente insoddisfatto, prima ancora che l’album uscisse sul mercato, Reed abbandona definitivamente il gruppo e torna dai suoi genitori a Freeport, proprio quando stavano conquistando un minimo di notorietà grazie al singolo “Sweet Jane”.
A Freeport Lou, colto da una profonda depressione e dalla disintegrazione di tutti i suoi sogni, lavorerà per qualche mese come dattilografo nella società del padre, ma continuerà a comporre canzoni che vedranno la luce nei suoi album solisti successivi.
Un vecchio dirigente della casa discografica dei Velvet lo ricontatta e lo convince a tornare nella musica. Reed, poco convinto, accetta e parte per Londra, dove la sua notorietà era molto più forte che in patria e dove il clima artistico era di gran lunga più stimolante.


LA CARRIERA SOLISTA
Ma dopo altri due album quella di Reed è già una carriera solista.
La trasformazione si compie con "Transformer " del 1972, secondo album solista.
Transformer vende molto bene e contiene alcune canzoni destinate a divenire dei classici di Reed, come "Walk On The Wild Side" (divenuta in Italia I giardini di Kensington e portata al successo da Patty Pravo), "Satellite Of Love", "Perfect Day" (ripresa nel film Trainspotting) e "Vicious", ripresa da Ligabue per il suo Radiofreccia.
L'album è un successo mondiale, sono anni di magia, ma arriverà ancora una volta la perdita.
"Magic And Loss", un binomio che sarà il titolo di un futuro album e che accompagna l'artista verso "Berlin", uno dei vertici della sua produzione che Reed pubblica mentre divorzia dalla moglie.
Bettye Kronstadt era la cameriera che divenne la prima signora Lou Reed.
Nel 1972 Bettye venne a sapere che la madre, a lei estranea ormai da anni, era morta.
Madre single diciottenne, aveva lasciato il marito soldato, e non sapendo prendersi cura della figlia l'aveva affidata ai servizi sociali.
Coincidenza o no, questo scenario divenne la trama centrale del capolavoro di Reed, "Berlin". Coincidenza ancora peggiore vuole che si trattasse del periodo peggiore di Reed nel suo rapporto con l'alcol.
"La seconda volta che mi ha colpito mi ha fatto un occhio nero" ricordò in seguito la Kronstradt. "Poi gli feci un occhio nero anche io, e questo lo indusse a smettere di alzare le mani. Tutti sapevano che esagerava nel bere, nelle droghe, nelle emozioni ai tempi in cui stava con me. Era anche molto auto-distruttivo" 

La coppia divorziò poco dopo un anno di matrimonio e numerosi litigi.
Il disco all'inizio viene pensato come un film per le orecchie, un doppio.
Ma la RCA non è disposta ad accettarlo così com'è e le canzoni vengono tagliate perdendo anche molta forza originaria. Berlin è comunque divenuto negli anni uno dei dischi più apprezzati della discografia reediana, e nonostante la complessità dell'opera venne apprezzato dalla critica anche all'epoca, ricevendo ad esempio il Premio Edison.


L'ABUSO DI DROGHE
La metà degli anni 70 sono anche quelli dell'abuso di droga, metedrina e amfetamina, che incideranno sull'artista e sulla persona.
Per poter controbilanciare le scarse vendite di Berlin, Reed è costretto a pubblicare tre lavori potenzialmente commerciali al livello di Transformer.
Così, sul finire della prima metà degli anni 70 vengono pubblicati "Rock N'Roll Animal" (un live che rivisita pezzi dei Velvet Underground), "Sally Can't Dance" (con spunti Funk e Soul e buone canzoni quali la tanto criticata "Kill Your Sons" ed "Animal Language") e "Lou Reed Live".
Proprio in questo periodo Reed è sull'orlo dell'esaurimento nervoso per le grandi quantità di droga, soprattutto metedrina, che consuma.
Queste nevrosi si ripercuotono pesantemente sulla musica, ovvero "Metal Machine Music", contenente più di un'ora di feedback e rumore (noise ed avanguardia al potere), un doppio album a volte nemmeno conteggiato nelle sue discografie.
Dopo il disco seguente di semplice Pop/Rock (anche se con continui riferimenti alla propria omosessualità), ovvero "Coney Island Baby" (dedicato a Rachel e con la bellissima e romantica titletrack), Reed lascia la RCA per la Arista.
Per essa pubblica il trascurabile "Rock 'N' Roll Heart" (ricordato solo per "Ladies Pay").
Siamo arrivati al 1978, gli spettacoli di Reed sono pieni di violenza, più verbale che fisica, e vengono pubblicati album intensissimi come "Street Hassle" (con "Shooting Star", la titletrack e "Leave Me Alone" sugli scudi) che vede la straordinaria partecipazione di Bruce Springsteen per un disco più intimo ed oscuro e "Live: Take No Prisoners", un concerto nel quale Reed stravolge i testi delle sue canzoni e li rende ancora più aspri e Punk.
A chiudere il decennio, LP più sperimentali quali "The Bells" che vede la collaborazione di Nils Lofgren e di Don Cherry e "Growing Up In Public".
All'inizio degli anni 80 Lou Reed si trasferisce con la sua seconda moglie Sylvia Morales in una villa in campagna.
Un giorno invita a casa sua Robert Quine, chitarrista di culto dell'era Punk e i due cominciano a lavorare per "The Blue Mask" quell'estate e quando l'LP esce le recensioni sono entusiastiche.
Molto bello l'assolo di Quine in "Waves Of Fear", che assale l'ascoltatore nello stile velvettiano, con rimandi anche allo sgradevole sound di Metal Machine Music.
Dopo quest'album però Reed inizia ad essere geloso del chitarrista nel suo gruppo visto che nelle recensioni riceve più attenzioni di lui.
Già il successivo "Legendary Hearts" ne risente. Il missaggio di quest'ultimo infatti è controllato da Reed, che toglie volume a Quine, rendendo appena distinguibile il suono della sua chitarra.
Dopo Legendary Hearts Quine viene allontanato dal gruppo e Reed incide "New Sensations", che ha un discreto successo di vendite.


ALCUNE PERDITE
Appena cacciato Quine, Reed incide quello che unanimemente viene considerato il disco più scarso della sua produzione: "Mistrial".
A questo segue una pausa.
A porre fine a questa pausa è la morte di Andy Warhol nel 1987 a seguito di un banale intervento chirurgico.
Nello stesso anno, ad Hammersmith, Bowie e Reed erano ad una cena dopo un'esibizione all'Odeon. Ad un certo punto Reed chiese a Bowie di produrre il suo nuovo album.
Bowie accettò gentilmente, ma altrettanto gentilmente aggiunse che la sua unica condizione era che Reed fosse sobrio.
Invece di discutere la cosa ad un livello puramente semantico, Lou lo colpì.
Poi fu portato via dai suoi assistenti.

"Il diverbio continuò in hotel" ricorda uno dei testimoni, Chuck Hammer. Con Bowie nel corridoio che chiedeva a Reed di uscire e battersi da vero uomo.

Alla fine tutto si calmò, visto che Reed non riapparve per continuare la lotta, dato che molto probabilmente stava già dormendo.
Lou comunque si gettò a capofitto nella scrittura per esorcizzare la tristezza della perdita di Wharol producendo "New York" (1989).
Ispirato, tagliente, ironico, Reed è in ottima forma ed inanella una serie di classici: "Romeo Had Juliette" gioca con un Rock semi-acustico, "Halloween Parade" è influenzata dal Country, così come "Endless Cycle"; "There Is No Time" è un boogie sudista; "Busload Of Faith" è un nuovo inno Rock giocato su tre accordi e su sfumature Folk; "Sick Of You" torna indietro ai tempi del pre-Rock’n’Roll; "Hold On" sfrutta un basso possente e carica una esplosione di chitarra doppiata dal ritmo tribale; "Good Evening Mr. Waldheim" sembra una versione accelerata Folk/Rock.
Un disco intenso e ricco di pathos, con testi molto forti e poetici, è "Songs For Drella" ed esce nel 1990.
All'inizio degli anni 90 Reed perde altri due carissimi amici, Doc Pomus e una certa Rita, forse il transessuale Rachel con il quale aveva avuto una burrascosa relazione nel periodo intercorso tra Sally Can't Dance e Street Hassle (quest'ultimo, in parte, lamentava proprio la fine del loro rapporto).
Reed pubblica "Magic And Loss", il terzo tassello della cosiddetta trilogia del dolore (o a livello musicale della rinascita) iniziata con New York.
Dopo una reunion con i Velvet Underground, un tour mondiale con il relativo live, e aver divorziato dalla sua seconda moglie, Reed intraprende una relazione sentimentale con la polistrumentista d'avanguardia Laurie Anderson e le dedica un album più o meno a metà degli anni 90, ovvero "Set The Twilight Reeling".
Proprio nel 2000 esce "Ecstasy", album pieno di tensione.
"The Raven" è un album doppio di Reed, uscito nel 2003 che rivisita in chiave Rock non solo i racconti, opera di Edgar Allan Poe, ma in generale la vita del poeta e le altre sue opere.
"Hudson River Wind Meditations" (2007) è un album di musica meditativa che fa bene il suo lavoro, cioè fa meditare e non richiede particolari attenzioni. Lungo e se vogliamo monotono, conta soprattutto due composizioni di circa 30 minuti: "Move Your Heart" (tutta cicli) e "Find Your Note" (tutta droni) che richiamano il minimalismo, l’Ambient e la New Age.
Nella primavera 2011 arriva una strana collaborazione con i Metallica che si concretizza nel doppio album intitolato "Lulu".
Si tratta di una vera Opera Rock, ispirata a due atti teatrali scritti dal tedesco Frank Wedekind.
E mentre il disappunto da parte delle due fazioni di fans aumenta, l'album mostra il classico Reed declamante accompagnato dal sound scuro e oltranzista prodotto dalla band di San Francisco. Cantautorato in salsa Metal, si direbbe.


LA MORTE DI LOU REED
Ormai provato da svariati problemi di salute e dagli eccessi di 50 anni nel musical musiness, che lo hanno portato a dover subire un trapianto di fegato e a essere ricoverato più volte in ospedale, Lou Reed muore a New York il 27 ottobre 2013, lasciando all'universo Rock un vuoto enorme e un'eredità preziosa.
La moglie Laurie Anderson lo ricorderà con queste parole:
"La settimana scorsa avevo promesso a Lou di portarlo fuori dall’ospedale e andare a casa, a Springs. E l’abbiamo fatto! Lou era un maestro di Tai Chi e ha passato i suoi ultimi giorni qui, felice e abbagliato dalla bellezza, e dalla forza, e dalla dolcezza della natura. È morto domenica mattina guardando gli alberi e facendo la famosa posizione 21 del Tai Chi, con le sue mani da musicista che si muovevano nell’aria. Lou era un principe e un combattente e io so che le sue canzoni sul dolore e la bellezza del mondo riempiranno molte persone dell’incredibile gioia che lui aveva per la vita. Lunga vita alla bellezza che scende, attraversa e si impadronisce di tutti noi. Laurie Anderson moglie innamorata e amica eterna"


LE CRITICHE RIGUARDO L'ABUSO DI ALCOOL E DROGHE
Tom Leonard (Daily Mail): "Rendere glamour l’abuso di droghe è ormai diventato una medaglia al valore per le rockstar ma poche lo hanno fatto con un tale cinico abbandono come Lou Reed, il cantante dalla vita spericolata che è morto all’età di 71 anni. Infatti il suo stile di vita era così provocatoriamente auto-distruttivo che la più grande sorpresa per quelli che hanno seguito la sua turbolenta carriera è stata come abbia fatto a vivere così a lungo.
Il notoriamente irascibile e notoriamente debosciato newyorchese è stato il leader dei Velvet Underground, band della scena d’avanguardia degli anni Sessanta.
Durante gli anni 70, solo il Rolling Stone Keith Richards arrivò vicino a competere con Reed nella classifica delle Rockstar più strafatte. Gli amici si chiedevano chi dei due sarebbe morto prima. 
Reed ha esagerato con alcol e droghe, è ingrassato e poi e dimagrito più volte. 
E anche se lui ha sempre insistito sul fatto che con le sue canzoni non abbia mai incitato gli altri all’uso di eroina, molti non sono d’accordo.
Dopo che Sid Vicious dei Sex Pistols morì dopo un’overdose di eroina, il suo compagno di band Johnny Rotten osservò: “La colpa è dei troppi album di Lou Reed (che ha ascoltato)”.
Quando Bowie gli suggerì che avrebbe dovuto ripulire la sua vita, Reed gli diede un pugno. 
E mentre la sua vita precipitava nella tossicodipendenza, la sua carriere musicale andava a rotoli.
Una serie di album sperimentali finirono nel dimenticatoio come flop imbarazzanti.
Lester Bangs, un fan devoto al quale fu concesso di restare chiuso in camere d’hotel con Lou Reed per sessioni di lamentele e di bevute che duravano tutta la notte – lo ha descritto una volta come “un pervertito completamente depravato e un patetico nano appassionato di morte.
Comunque Reed superò la sua tossicodipendenza negli anni 80 e restò per 10 anni sposato con la designer britannica Sylvia Morales, iniziando anche a riscoprire il successo commerciale.
Ma chiaramente il suo corpo aveva pagato un prezzo irreversibile allo stress fisico al quale era stato sottoposto. 
Negli anni più recenti Reed era riuscito a sostituire la sua fama di tossico con una altrettanto potente fama di persona scontrosa.
Ha fatto piangere Susan Boyle, star di Britain’s Got Talent, perché nel 2010 le negò il permesso di cantare “Perfect Day” nello show “America’s Got Talent”.
Poteva essere terribilmente scortese nelle interviste, urlando contro chi osasse ricordargli quante volte era caduto in contraddizione"



GLI STRANI GUSTI SESSUALI
La cura contro l'omosessualità a cui fu sottoposto da piccolo non lo lasciò indifferente.
Comunque la sua prima moglie fu Bettye Kronstadt, la seconda Sylvia Morales, la terza Laurie Anderson.
Ma da giovane Lou, come detto, era stato vittima di un fallito tentativo di de-omosessualizzazione, condotto da un gruppo di ciarlatani a cui i genitori lo avevano affidato dopo aver scoperto le sue tendenze. All'epoca la terapia più immediata sembrava l'elettroshock.
"Perdi la memoria e diventi un vegetale. Non puoi leggere, perché arrivato a pagina 17 devi tornare di nuovo alla prima" 
A metà degli anni 70 si mise con un travestito/transessuale chiamata Rachel/Tommy.
Rimasero insieme per quattro anni, pur avendo veramente poco in comune.
"Rachel era truccata e vestita in modo sorprendente, e ovviamente era in un mondo totalmente diverso da chiunque altro la circondasse" ricordava Reed parlando del loro primo incontro.
"Alla fine le parlai, e lei venne a casa mia. Parlai per ore, mentre Rachel stava lì seduta a guardarmi senza dire niente. A quel tempo abitavo con una ragazza, una bionda completamente pazza, e mi sarebbe piaciuto vivere insieme a entrambe, ma per qualche ragione la cosa non le stava bene. Così Rachel rimase, e l'altra ragazza se ne andò".
Rachel non aveva idea della reputazione di Lou, e non aveva alcun interesse per le sue canzoni.
Era una specie di sorridente contrappeso a tutto quello che stava succedendo nella carriera di Lou.
Si pensa che Rachel sia morta nei primi anni 90, ma anche ora, nonostante tutti i retroscena svelati, tutti i libri di Hunter Davies su Lou Reed e i Velvet Underground, e il fatto che sia stata fotografata da Mick Rock, non si sa praticamente niente di lei.
Un Lester Bangs profondamente rammaricato l'avrebbe poi ricordata così: "lunghi capelli scuri, barba, tette, grottesca... come qualcosa che è entrato dalla porta mentre Lou la apriva per prendere il latte o il giornale del mattino".
Nel 1980 invece, era un habitué del Ninth Circle, un locale gay di New York.
Un altro trans noto è Holly Woodlawn, quello della canzone "Walk On The Wild Side" con cui sniffavano cocaina.

Holly: "Ho perso tanti amici per la cocaina. Io mi sono salvata perché, a un certo punto, ho sentito che dovevo smettere. Quando sei giovane non pensi mai che potrai morire. Pensi di essere eterno, pensi che arrivare a compiere trent’anni sia già essere vecchi. Poi, se ci arrivi, cominci a rallentare la corsa" 


BUGIARDO
Reed ha passato la maggior parte degli anni 60 e 70 a raccontare bugie su se stesso.
Non amava le interviste perché le riteneva troppo personali.
Che la gente si aspettasse di strappargli confessioni personali solo perché era così che faceva nei dischi. Dal suo punto di vista, il fatto di averlo fatto nei dischi lo assolveva dal doverlo fare con la stampa. Quindi, invece di lamentarsi, iniziò semplicemente a inventarsi le cose.
"Una volta uno scrittore mi stava chiedendo qualcosa" ricorda " e Andy Warhol mi disse "te lo stai inventando, vero? Sai di non dover dire la verità? Puoi dire quello che vuoi, è quello che ho fatto per anni. Sfortunatamente, sono ancora perseguitato da quelle bugie. La gente continua a chiedermi, 'Hai davvero puntato un fucile alla testa di un ragazzo?' e "Hai davvero preso una laurea in musica ad Harvard?'"


MISOGENO, VIOLENTO E RAZZISTA?
Da altri veniva descritto come misogino, razzista, violento.
È questo il Lou Reed che viene fuori da “Notes from the Velvet Underground: The Life Of Lou Reed”, biografia non autorizzata scritta, con il contributo di 140 persone tra cui colleghi di lavoro, vecchi amici e vecchie fiamme, da Howard Sounes.
Bettye Kronstadt (prima moglie di Reed, da cui divorziò nel lontano 1973): “Ti schiacciava contro a un muro. Ti malmenava. Ti colpiva... ti scrollava... una volta mi ha lasciato con un occhio nero”

In un’altra circostanza, ricordata da tal Allan Hyman, un compagno di scuola, invece, l’ex frontman dei “Velvet Underground” avrebbe malmenato una ragazza a cui era riuscito a strappare un appuntamento: “Lei parlava. Lui si è alterato per quello che lei aveva detto e l’ha colpita violentemente alla nuca”.
Tra le pagine del libro, poi spuntano episodi di razzismo, con riferimenti sgradevoli alle differenze di pelle: “Non mi piacciono i negri”, avrebbe detto di Donna Summer.
E di religione:“E’ un ebreo pretenzioso”, avrebbe esclamato su Bob Dylan.

Sounes: “I coccodrilli dopo la sua morte sono stati tutti un po’ troppo gentili, perché lui era davvero una persona sgradevole. Un vero mostro; credo realmente che la parola “mostro” si possa utilizzare senza remore in questo caso"

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