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venerdì 26 settembre 2014

La Storia Di Elvis Presley: è Morto o è Ancora Vivo?

L'8 gennaio del 1935 nella minuscola abitazione di Old Santillo Road a Tupelo (Mississippi) la travagliata gravidanza di Gladys Presley s'era conclusa con un altrettanto difficile parto: qualche ora dopo Garon, nato già senza vita, era venuto alla luce Elvis.
Elvis Presley.
Fu un'infanzia povera, sofferta.
A sei anni il piccolo spasimava per una bicicletta, ma costava troppo.
La madre, in compenso, gli comperò in un negozio dell'usato una chitarra per 12 dollari e 95 centesimi.
A tredici anni si trasferì con tutta la famiglia a Memphis (Tennessee).
Ormai appassionatosi alla musica, si mise a frequentare la zona di Beale Street, il centro vitale della "cultura nera" della città, dove s'incontravano e si esibivano i bluesmen di colore, cominciando a imitarli nel modo di cantare e nell'abbigliamento stravagante.
Nessuno in quel momento avrebbe puntato un centesimo sull'avvenire di quel ragazzotto che ostentava un enorme ciuffo sulla fronte e s'era messo a fare il camionista vestendo in quel modo.
Elvis aveva preso a cantare il suo "rock nero" impugnando la bandiera dell'anticonformismo, percuotendo le corde della chitarra con tale veemenza da farle saltare, accompagnando i suoi ritmi frenetici con tutto il corpo.


IL CONTRATTO E I PRIMI SUCCESSI
Sam Phillips ascoltato il disco che Elvis aveva inciso sborsando 4 dollari in un sottoscala, capì di aver finalmente trovato la gallina dalle uova d'oro.
Fu il primo contratto di Elvis.
I successi non tardarono a venire: That’s All Right Mama, Good Rockin' Tonight, Milkcow Blues Boogie, Baby Let's Play the House, Mistery train, e i primi posti nelle classifiche per mesi.
Il 3 aprile del 1956 Elvis prese parte ad uno degli spettacoli TV più seguiti, il "Milton Berle Show": 40 milioni di spettatori assistettero entusiasti alle sue esibizioni.
Nel mese di maggio il nuovo singolo Hearthbreak Hotel superò il milione di copie vendute.



All'apice del successo, il cantante rock avrebbe venduto complessivamente non meno di 500 milioni di dischi guadagnando, nei soli primi due anni, milioni di dollari.
Il cinema non mancò di occuparsi del nuovo fenomeno. Il primo di 33 film (1956) trascinò al successo definitivo l'omonima canzone Love me tender.
"Elvis The Pelvis" come lo chiamavano per i piroettanti movimenti del bacino che accompagnavano le sue esibizioni, sembrava ormai un mito intramontabile.
Fans invasati si assiepavano sotto il palco, ragazzine in delirio lanciavano gridolini isterici (e qualche indumento intimo) verso di lui, chiedendogli alla fine dell'esibizione di fracassare la chitarra e di sdraiarsi sul palcoscenico.
All'uscita del teatro la polizia riusciva a stento, con le guardie del corpo, a garantirne l'incolumità, mentre egli cercava di guadagnare la strada verso "Graceland".
Elvis aveva acquistato qualche tempo prima una chiesetta sconsacrata che sorgeva a Whitehaven, tre chilometri da Memphis, un edificio in stile coloniale circondato da un vasto parco: per l'appunto, Graceland.
In breve tempo e per qualche milione di dollari un nugolo di architetti l'aveva trasformata in una residenza sfarzosa: una reggia di ventitre stanze ornata da false colonne e da orribili fregi, con un arredamento chiassoso e pacchiano.
Elvis era sempre più preoccupato per la madre, afflitta da una profonda depressione per l'assillante attenzione di cui era divenuta oggetto per via del figlio, al quale era legata da un affetto patologico, e per la sua lontananza.
L'alcool in cui aveva cercato rifugio le stava ora devastando il corpo e la mente.


LA MORTE DELLA MADRE, L'AMORE E GLI PSICOFARMACI
Quando poco dopo Gladys morì, per Elvis fu un colpo tremendo.
Legato com'era anch'egli alla madre da un affetto "edipico", si sentì immediatamente privato dell'amore al quale aveva fatto quasi totale riferimento tutta la vita.
Ebbe appena il tempo di rientrare in caserma, che il suo reparto fu trasferito a Brema, nella Germania Occidentale.
Non bastò, a sollevarlo, il delirio dei giovani che l'acclamavano.
Cominciò a mangiare senza freno, per compensare l'ansia, una quantità enorme di cibo-spazzatura, che poi continuerà a divorare per tutta la vita: hamburger, cipolle fritte, sottaceti, bacon, burro di arachidi.
Le "merendine" preconfezionate mesi prima dall'industria alimentare erano la sua passione e ne teneva una scorta nel frigorifero della stanza da letto per poterle mangiare anche di notte.
La Coca-Cola la beveva da enormi bicchieri ricolmi di ghiaccio tritato, che sgranocchiava rumorosamente sotto i denti.
Ora era intervenuto anche il diabete, che gli accentuava la fame e continuava a farlo ingrassare.
E già da qualche tempo si era rivolto agli psicofarmaci...
L'aspetto e il comportamento cominciarono a mutare.
Un giorno Elvis incontrò una ragazzina quattordicenne, Priscilla Beaulieu, figlia di un capitano dell'aviazione statunitense aggregato alle forze della NATO stanziate in Germania.
Fu il classico colpo di fulmine.
Ma ebbe con lei un legame "innocente, puro", quasi tra padre e figlia, che sarebbe continuato per circa dieci anni, sino al 1° maggio del 1967, quando finalmente la sposò.
Priscilla confermerà nel suo diario che sino a quel fatidico giorno il fidanzato non tentò mai nei suoi confronti alcun approccio sessuale, e che si giustificava di questo con il desiderio di volerla "cogliere vergine".
"Avrei presto scoperto che il vero grande amore di Elvis era la sua defunta mamma... La nostra prima notte di nozze, a letto, senza che avessimo ancora fatto l'amore, mi disse triste e sconsolato: vorrei tanto che la mamma fosse qui con noi..."
Per quanti sforzi facessero gli impresari, Elvis non era ormai più quello di prima.
Chi ora si aspettava il suo rock scatenato di Shake, rattle and roll riceveva canzoni sdolcinate.
Chi ancora sperava di veder saltare qualche corda dalla sua chitarra rimaneva deluso; il ragazzone bolso e dallo sguardo spento riusciva sì a penetrare nel cuore con una voce divenuta dolcissima, ma destava solo disagio quando tentava di rinverdire i giorni del suo rock sfrenato.
Eppure il pubblico non riuscì mai ad abbandonarlo.
Il primo segnale della fase discendente s'era registrato nel 1971, quando Elvis dovette essere ricoverato d'urgenza in una clinica di Memphis, ufficialmente "per glaucoma".
In realtà si sottopose ad una terapia di disintossicazione per evitare che potesse sopravvenire qualche crisi da overdose.


LE ORGE E L'ABUSO DI DROGHE
Nel febbraio del '73 Priscilla, che già da tempo aveva una relazione con un istruttore di karate, decise di divorziare.
Elvis accusò il colpo e ricominciò più di prima ad abusare di psicofarmaci.
Era ormai diventato un despota.
Pretendeva da tutti un'obbedienza assoluta.
Spadroneggiava nella sua "reggia" preoccupandosi solo di organizzare orge, nelle quali tentava di compensare le frustrazioni della propria sessualità: "Affittava ragazze per questi incontri, costringendole a prendere le sue stesse droghe nella speranza lo trovassero desiderabile".
Ma questa sessualità, sino ad allora debole e incerta, lo abbandonò quasi del tutto, riducendolo negli ultimi tempi ad un "guardone e onanista", secondo i testimoni, ormai conscio di non poter più sostenere da solo una relazione sessuale normale.
Nel 1977 i concerti erano divenuti per lui una vera ossessione, una fatica enorme, da evitare quando possibile.
A parte lo stress degli spostamenti, Elvis pesava ormai 120 chili e la sua mole gli impediva di muoversi in modo accettabile sul palcoscenico; le droghe, poi, rendevano spesso incomprensibili le parole dei motivi che cantava.
La sua giornata era ora contrassegnata da scadenze e ritualità ben precise, che condizionavano anche la vita di coloro che gli erano vicini.
Il suo tormentoso viaggio nel mondo degli psicofarmaci cominciava verso le quattro del mattino con un "primo attacco" (così lo chiamava) di 11 pillole di diverso colore (barbiturici, sedativi, oppioidi) precedentemente preparate in una busta gialla.
Elvis apriva la busta, ne versava il contenuto nel palmo della mano e mandava giù le pillole con un bicchiere d'acqua.
Poi scopriva una spalla e si faceva tre iniezioni di sedativi con altrettante siringhe monouso.
Completamente confuso, consumava la colazione (di solito tre cheeseburger e sei banana splits (banane con gelato di vaniglia e cioccolato caldo).
Alle otto Elvis cominciava ad agitarsi.
Faceva segno di voler andare alla toilette.
Ve lo trasportavano di peso, poi lo riportavano a letto per il "secondo attacco".
Questa volta il cantante non era in grado di prendere le pillole da solo: uno dei presenti doveva introdurle una per una in bocca, facendogliele ingerire con un po' d'acqua e cercando di evitare che potessero andargli di traverso.
Infine, intorno alle dieci il "terzo attacco", che lo intontiva sino al primo pomeriggio.
A questo punto gli introducevano nelle narici due tamponi d'ovatta imbevuti di cocaina; allora Elvis - completamente inebetito prendeva una manciata di dexedrina "per dare una sferzata al cuore".


LE CAUSE DEL MUTAMENTO
Le cause di un malessere così profondo da portarlo ad una tale dipendenza erano diverse.
In primo luogo, la morte della madre e il divorzio da Priscilla.
Poi il fatto che le spese pazze stavano mettendo in pericolo -quasi alla bancarotta le pur congrue sostanze, nonostante la quantità di denaro che affluiva da ogni parte.
I film non riscuotevano il successo previsto, dato il basso livello artistico (forse escludendo Paradise Hawaian Style e Flaming Star), mentre lui aveva sognato di diventare un attore come Bing Crosby e Frank Sinatra.
Durante i primi anni del successo decine di ragazzine si erano letteralmente gettate tra le sue braccia: ora una donna doveva procurarsela, ma era divenuto obeso, pesante e impotente.
Per di più, l'ultimo anno l'angosciava l'imminente pubblicazione di un libro-scandalo, Elvis: what happened, che il giornalista S. Dunleavy aveva scritto in base a scottanti rivelazioni di due delle tre guardie del corpo.
Infine, la sempre più spossante astenia provocata dal diabete e dai disturbi digestivi, unita allo stress quotidiano (in un anno aveva fatto 160 concerti, a parte le esibizioni nei night-clubs), gli toglieva ogni voglia di lavorare.


LA MORTE: 1977
16 agosto 1977, ore 14:30: Ginger Alden non riesce a trovare Elvis nella villa.
Prova a vedere se è in bagno.
Un urlo: il cantante è disteso in terra, privo di sensi, il viso congestionato.
All'urlo di Ginger arriva David, una delle guardie del corpo.
Si rende subito conto della tragedia: sul pavimento, tre buste gialle (quelle delle "dosi") vuote, tre siringhe usate più altre sei pillole sparse.
Il corpo di Elvis giace a faccia in giù, davanti alla tazza del WC, con il volto violaceo e i calzoni del pigiama abbassati. Esposito lo gira sulla schiena, prova a sentire il polso. Quindi, con atto compassionevole, gli tira su i pantaloni. Nonostante la bocca sia bloccata, Joe ha la sensazione di percepire un soffio d’aria uscire dai polmoni di Elvis… Prova subito a praticargli un massaggio cardiaco ma, poco dopo, preferisce prendere chiamare il 911, il numero delle emergenze.
«Presto», dice, «mandate urgentemente un’ambulanza a Graceland.
Per favore, non perdete tempo…».Intanto, Vernon Presley (il papà di Elvis) entra in bagno.
È sconvolto. «Elvis non ci lasciare…», continua a ripetere tra le lacrime.
Anche Lisa Marie, la figlia di Elvis e Priscilla Beaulieu, che non ha ancora compiuto 10 anni, assiste alla scena.
«Ginger, porta Lisa via da qui», intima Joe Esposito.
Poco dopo, giunge l’ambulanza.
Quando gli infermieri infilano la barella con il corpo di Elvis all’interno del veicolo, arriva il Dottor Nicholopolous, avvisato prontamente da Al Strada.
Lui, Esposito e Charlie Hodge (chitarrista e amico di Elvis) salgono sul mezzo di soccorso in direzione Baptist Memorial Hospital.
Sono le 2.56 quando l’ambulanza raggiunge il pronto soccorso dell’ospedale.
Il dottor Muirhead effettua una lavanda gastrica per vuotare lo stomaco.
L'infernale miscuglio di droghe che rinviene denuncia chiaramente, se ve ne fosse ancora bisogno, la motivazione suicida del gesto.
Ma dopo mezz’ora di inutili tentativi di rianimazione, Elvis Aaron Presley viene dichiarato morto. Aveva 42 anni.
Alle 16, davanti al cancello di Graceland e di fronte a centinaia di telecamere e di microfoni, Vernon Presley dice semplicemente: «My son is gone» (mio figlio se n’è andato).
L’autopsia rivela che nel corpo della rock star c’erano quattordici sostanze chimiche diverse, di cui dieci sopra i limiti tollerabili dal fisico umano.
Elvis spendeva fino a un milione di dollari l’anno in sostanze farmaceutiche.
E' chiaro: Elvis ha voluto prendere tutti in una volta i "farmaci" che di solito assume in tre riprese; in più vi ha aggiunto della codeina.
David racconterà di aver intravisto Elvis nudo, disteso su di un tavolo di metallo, con un incisione che andava dalla gola all'addome, "forse per un massaggio cardiaco".
Lo stesso pomeriggio Vernon Presley, padre di Elvis, chiede che l'autopsia abbia carattere "privato", il che vuol dire, per una legge statale, che i particolari potranno rimanere segreti per cinquant'anni.
L'autopsia, cui parteciperanno dieci medici, ha inizio alle 17:30 esatte dello stesso giorno, e si conclude in tre ore.
Dopo le prime dichiarazioni sommarie alla stampa, Nichopoulos annuncia ufficialmente dai teleschermi che Elvis Presley è morto "per aritmia cardiaca".
Negli Stati Uniti e nel resto del mondo milioni di teenagers che si riconoscevano in quell'idolo rimasero attoniti.
Vi furono scene di disperazione e di isterismo, qualche tentativo di suicidio.
Nello stomaco di Elvis Presley i medici trovarono un ampio campionario di psicofarmaci: Codeina, Metaqualone, Diazepam, Etinamato, Eclorvinol, Amibarbital, Meperidina, Feniltoxamina.
Tuttavia il referto medico iniziare recitava "crisi cardiaca", al momento il referto convinse un po' tutti, compresa l'opinione pubblica.
Ma le voci di dissensi verificatisi tra i componenti l'équipe che aveva effettuato l'autopsia (alcuni di essi sostenevano la tesi dell'avvelenamento a scopo suicida) si fecero sempre più insistenti, finché, due anni dopo, il Memphis Commerciai Appeal pubblicò alcuni stralci di una copia clandestina dei reperti dell'autopsia, dal titolo "Concentrazioni quasi tossiche di farmaci nel sangue di Presley".
L'interesse per il caso così bruscamente riaperto divenne morboso.
Si parlò di "insabbiamento" della verità fatto per salvaguardare l'immagine del cantante e gli enormi interessi che vi gravitavano intorno.
Il dottor Nichopoulos comparve a ripetizione sui teleschermi smentendo sdegnosamente ogni accusa e ribadendo la tesi della crisi cardiaca.
Ma venne accusato dal Tennessee Board of Health di aver prescritto impropriamente al cantante ben 5.300 pillole in 7 mesi.
Così nell'inchiesta che ne seguì fu accertato che negli ultimi due anni e mezzo Nichopoulos aveva permesso ad Elvis l'assunzione di almeno 19.000 compresse tra narcotici, stimolanti, sedativi e antidepressivi.
Inoltre si seppe che quando il cantante trovava difficoltà nel rifornirsi ditali farmaci, prendeva l'aereo personale e andava ad acquistarli altrove, persino a Las Vegas e nelle Hawaii.
La cosa certa è che il cantante era perfettamente a conoscenza della pericolosità dei farmaci che prendeva e che quel 16 agosto 1977 volle deliberatamente assumere tutte in una volta le dosi che frazionava nella giornata.
Oggi prevale l'opinione che in quel momento non si sia voluta avvallare la notizia del suicidio per evitare lo shock ad una massa enorme di giovani e nello stesso tempo salvaguardare l'immagine del cantante, avallando la tesi della morte cardiaca.
Resta d'altra parte il fatto che il referto finale dell'autopsia non è stato mai ufficialmente smentito.
Oggi, a distanza di oltre venti anni, la favolosa Graceland continua ad essere meta di un incessante pellegrinaggio di gente di ogni età e di ogni provenienza (50.000 visitatori l'anno, secondi solo a quelli della Casa Bianca).


ALTRE CAUSE DI MORTE
Oltre al suicidio e alla crisi cardiaca, ci furono anche altre ipotesi riguardo la sua morte.
Un'altra causa per giustificare la morte del cantante fu la sua eccessiva obesità, poiché secondo la stima del medico che effettuò l'autopsia sul suo corpo, egli al momento del decesso pesava circa 158 kg.
Si presume che egli avesse messo su una buona parte di quel peso eccessivo nell'ultimo periodo della sua esistenza, poiché all' epoca egli trascorreva la maggior parte del suo tempo rinchiuso all'interno delle sue stanze, abbuffandosi continuamente di cibo in preda alle sue paranoie, cercando in tal modo di consolarsi e di tirarsi su di morale, e divorando quantità eccessive di dolciumi fritti, cheeseburger, gelati, pizze, panini fritti con bacon, burro di noccioline e banane, tutti alimenti che avevano sempre fatto parte del suo poco raccomandabile regime alimentare.
In effetti taluni sostengono che verso la fine della sua esistenza la dieta del cantante consistesse unicamente nell'assunzione spasmodica di panini da lui ideati, contenenti svariati strati di carni varie, salse, marmellata, e burro di arachidi, che egli definiva "l'oro dello stolto".
Non trascurabile poi anche l'ipotesi di uno shock anafilattico, provocato da una parziale allergia alla codeina, sostanza presente in dosi elevate nei farmaci contro il mal di denti che egli stava assumendo in dosi massicce durante quei giorni.


ELVIS E' ANCORA VIVO?
Altri sostenevano che il cantante non fosse realmente deceduto, ma che in realtà fosse ancora vivo e vegeto e che la sua dipartita altro non fosse stata se non l'attuazione di una singolare messa in scena, posta in essere allo scopo di consentirgli una specie di fuga definitiva dall'esistenza troppo logorante che egli, ormai totalmente schiavo dello show business, era stato costretto a condurre sino a quel momento, e della quale era ormai stufo.
È comunque innegabile la circostanza che, a partire dalla data del suo decesso, la presenza del cantante sia stata segnalata un po' ovunque, nelle più svariate località del mondo.
A tutt'oggi oggi, esistono un discreto numero di associazioni, in particolar modo statunitensi, impegnate nel sostenere a oltranza e con convinzione queste teorie.
Tra le ipotesi più inverosimili fra tutte quelle che sono state formulate nel corso degli anni, spiccano per esempio quella che palesa la possibile origine aliena del cantante.
Tale ipotesi viene citata anche durante lo svolgimento delle scene finali del film Men in Black, e si fa riferimento ad essa anche in una canzone interpretata dal complesso dei Dire Straits, dal titolo "Calling Elvis".
Altra assurda ipotesi, quella secondo la quale la scomparsa del cantante fu in realtà l'esito inevitabile del suo inserimento forzato in un programma posto in atto dal Federal Bureau Of Investigation, e riguardante la "protezione dei testimoni".
Un'altra ipotesi, formulata recentemente, è quella secondo la quale il cantante, creduto ufficialmente morto il 16 agosto del 1977 in seguito ad un attacco cardiaco, in realtà attualmente, ormai quasi ottantenne, si nasconderebbe nella capitale di Cuba, L'Avana, dove sarebbe giunto più di trent'anni fa.
Tale eclatante scoperta sarebbe stata fatta in modo del tutto fortuito da Matt Frost, un fotoreporter statunitense, che sarebbe riuscito ad entrare nell’ospedale della capitale cubana, dov’è ricoverato Fidel Castro, travestendosi da infermiere.
In quel frangente Frost sarebbe entrato per errore in una stanza dell'Ospedale Maranon, dove avrebbe ravvisato la presenza del cantante, ivi ricoverato.
A far presupporre al giornalista che in quella stanza ci fosse Fidel Castro, sarebbe stata la presenza di due militari dei servizi segreti cubani, appostati nelle vicinanze.
Quando Frost ha aperto la porta, si sarebbe trovato al cospetto di un uomo di circa settant'anni, di corporatura massiccia, visibilmente somigliante al cantante, e credendo di essere stato scoperto, l’uomo avrebbe esclamato, in perfetto inglese: "Yes, it’s me, Elvis".
Nelle due ore successive, egli avrebbe concesso una lunga intervista al reporter statunitense, narrandogli compiutamente degli ultimi trenta e più anni della sua vita segreta, soffermandosi anche lungamente sui motivi che lo hanno costretto a intraprendere la via della clandestinità.
Fra le più strane storie che sono nate anche grazie a quella particolare aura di mistero che ha sempre gravitato attorno al personaggio, non va poi dimenticata quella che gli attribuisce anche il suo coinvolgimento nel complotto che nel corso degli anni sessanta ebbe come conseguenza l'omicidio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy.

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