L'unico membro di questo progetto è stato sparato alla testa durante un furto d'auto andato male quasi un anno fa. Lo stesso ha affermato che le canzoni che ha scritto per questo progetto sono state ispirate dalla sua esperienza in ospedale in fin di vita in ospedale (coma). Ha descritto il suo stato comatoso come un "posto oltre l'inferno". Questo mondo a suo dire è stato un qualcosa d' incomprensibile e una desolazione oltre ogni spiegazione. L'album di debutto della band "Hǎiyáng" (海洋 = Oceano) incapsula questo orribile mondo ultraterreno di vuoto, follia disumana e terrore.
"Chaoyue Diyu" apre l'album introducendo toni inquietanti che si nascondono sullo sfondo, dipingendo l'inizio di un'esperienza sonora molto oscura e cupa. Toni dissonanti risuonano da un piano non accordato con un riff oscuro e minaccioso. "Shenyuan" inizia con una batteria sparata al massimo: questo è vero Black Metal. La voce è aggressiva ma non è un vero e proprio scream, il suono è straziante. La tempesta di batteria è interrotta da rumori sinistri ma poi ricomincia a martellare. Come se chi sta vivendo questo incubo combatta tra la vita e la morte.
"Hailang" è una breve strumentale con rumori spaventosi in sottofondo mentre la tensione cresce sempre di più. "Cangliang" parte lenta e con voci profonde delineandosi su un set ipnotico di note per pianoforte che creano ritmiche "meccaniche". Ci sono sia urla che sussurri. Le chitarre creano un'atmosfera spaventosa.
In "Yan" è quasi come se Yáng Tāohǎi avesse trovato un momento di pace, o stesse iniziando a perdere ogni speranza. Ha un tono triste e lento con voce e piano scoraggiati.
"Ji" parte cadenzata e con voci stavolta in screaming (qui c'è un ospite: Heathen): ci sono paesaggi sonori, alcuni melodici e seducenti, altri invece freddi e pungenti. E' presente anche l'erhu (violino cinese).
"Yun Mie" potrebbe essere il punto in cui si rende conto di tutto ciò che è successo e dello stato in cui si trova. La canzone è molto oscura e piena di rabbia ma ci sono anche pianoforti, inserti atmosferici e rallentamenti.
"Zidan Kong" chiude questa esperienza da incubo. A volte ci sono pause quasi per consentire un po di riflessione e si sviluppa a strati con il piano che riprende la linea di melodia principale, finendo in chitarre brutali e dominanti.
Difficile capire cosa ha provato Laang, difficile dire se sia andato realmente nel regno dei morti ma quest'album rappresenta davvero un luogo al di là dell'inferno.
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