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lunedì 22 dicembre 2014

La Storia Dei Carcass, I Loro Testi Disgustosi e La Censura

Gli inglesi Carcass si formano a Liverpool nel 1985 inventando un nuovo genere: il Grindcore.
O meglio il Grindcore con un certo tipo di tematiche (splatter e gore).
La svolta arriva nel 1987: quando il terzetto (Walker, Owen e Steer) sceglie come nome Carcass sterzando su coordinate sonore sempre più violente, caotiche, raccapriccianti.
La veemenza chitarristica e lo stile essenziale di Steer, che nel frattempo era stato arruolato anche dai Napalm Death, contribuì non poco a questa estremizzazione radicale, nonché alla nascita di un filone musicale nuovo e mostruoso, capace di sprigionare una violenza mai udita prima: il già citato Grindcore.


IL GRINDCORE E I TESTI SPLATTER E DISGUSTOSI
Il Grindcore portava a conseguenze estreme persino la deformazione più spinta che, nel frattempo, aveva preso il nome di Death Metal e si caratterizzava per tempi velocissimi, canzoni molto corte, voci gutturali, tecnica approssimativa, chitarre fortemente distorte, strutture insensate, suoni sporchissimi.
I Carcass completano lo scenario con testi nauseabondi, ispirati da alcuni libri di medicina: liriche forti e provocatorie, nelle quali si parlava di cadaveri in putrefazione, genitali tranciati, carni dismembrate, eccitazioni morbose provocate dall'asfissiante odore di pus prodotto da croste scoperchiate, rigurgiti anali, colonie di vermi sottocutanee ed altre oscenità similari.
Humor nerissimo insomma. Dal punto di vista musicale un riff dei Carcass lo si riconosce subito, tanto è tipico e caratteristico il suono, il feeling, l'atmosfera appestata e la potenza ruvida degli accordi che caratterizza ogni minima scheggia esalata dalle chitarre di questi macellai inglesi.


PRIMI ANNI: IL GRINDCORE, I TESTI DISGUSTOSI E LE COPERTINE/ARTWORK CENSURATI
Il debut album, Reek Of Putrefaction esce nel 1988 sotto Earache Records, una mazzata marcescente, un misto di suoni brutali, rozzi, cacofonici. Ventidue canzoni e nemmeno quaranta minuti di caos: dodici brani non raggiungevano i 2 minuti di durata, e dei restanti la sola "Oxidised Razor Masticator" arrivava sui 3. "Frenzied Detruncation" si concludeva dopo appena 59 secondi.
Giudicato come assembramento di riff disordinati, basso melmoso, chitarre deformate, il disco è infarcito di blastbeat fulminanti, mitragliate massacranti e poderosi rallentamenti intermedi, prodotto grezzamente e con i tre musicisti tutti impegnati anche come cantanti, fautori di voci basse, gutturali, disumane. Il suono è relativamente semplice: pezzi brevi, accordatura bassissima, vocals da pelle d'oca, velocità di batteria disumana. Seguendo la strada dei Carcass di questo primo album, nessuno a mio parere a saputo ancora eguagliarli: se sia un bene o no è un altro discorso.
Il fatto è che questo disco è sporco, malato, suonato male: è tutta la negatività concentrata assieme.
Un disco che sembra esser uscito da un mattatoio, amatoriale e sporco, ma che diventa un masterpiece del Grind. Eppure i Carcass, che apparivano tanto primitivi, scarni, ignoranti (musicalmente parlando), visto che i testi erano arricchiti da termini medici non certo improvvisati erano già allora una band in movimento, dedita all'evoluzione: non si sarebbero fermati mai, mutuando il loro stile in continuazione, senza mai ripetersi.
Comunque ai tempi rappresentano uno shock visivo oltre che sonoro: la copertina e gli interni del disco mostrano un collage di foto tratte da manuali di medicina legale con corpi straziati, carbonizzati, putrefatti e mutilati. Nell'interno, invece, c'era un curioso rifacimento della copertina esterna fatto però di articoli di cronaca nera, con al centro la foto dei membri del gruppo.
Giudicata offensiva dalla censura, questa prima copertina fu sostituita da una che ne riprendeva il concetto (collage di parti anatomiche), ma messa insieme con disegni presi da manuali di biologia.
Nel 2002 il disco venne ripubblicato con la copertina originale.
Come detto i testi sono improntati sulla descrizione precisa e minuziosa del disfacimento e della degenerazione del corpo umano minato dalla malattia o stroncato da una morte violenta.
Un disco rivoltante e shoccante. Rilasciato soltanto un anno dopo, Symphonies Of Sickness era completamente diverso dal suo predecessore: presentava una tracklist ridotta a dieci tracce, con "Empathological Necroticism" che durava quasi sei minuti. In un certo senso la band si avvicinava al Death Metal, mantenendo velocità massacranti ma affiancando ai blastbeat dei cospicui cambi di tempo, oltre che un approccio chitarristico più curato da parte di Bill Steer. Anche la produzione era migliore e più professionale: i Carcass si stavano dunque elevando dal rango di cult-band del raffazzonato sottoscala Grindcore, per sprigionare la loro carica di devastazione anche su palcoscenici più maturi ed evoluti. I testi rimanevano disgustosi e maniacali nella precisione con la quale venivano trattati gli elementi di anatomia umana, necessari a creare un immaginario depravato e intriso di visioni putrescenti, sorrette dal growling gutturale e feroce dei tre inglesi: titoli come "Exhume To Consume", "Excoriating Abdominal Emanation", "Cadaveric Incubator Of Endoparasites" o la stessa "Reek Of Putrefaction", che si ricollegava al titolo del disco precedente, sono sufficienti a farci comprendere la cura certosina con la quale la band dipingeva l'orrore viscerale e sanguinario dei propri deliri.
I loro testi erano un vero e proprio paradosso attraverso il quale provocare disgusto verso la carne e la vivisezione. La gente guardava la band come a dei temibili squartatori, dediti ad una vita immorale e costituita da impuri sciacallaggi: gli stessi musicisti racconteranno in seguito di aver sempre ricevuto fiumi di lettere allucinanti, da parte di fans del tutto fuori di testa. Alcuni di questi, per esempio, lavoravano in ospedali od obitori, ed erano soliti inviare alla band foto improponibili con pezzi di cadaveri ritratti. Musicalmente, Symphonies Of Sickness era uno dei dischi più violenti mai rilasciati fino a quel 1989, ma si fregiava di una importante base strutturale che dunque gli permetteva di discostarsi dai caotici esperimenti di caos primordiale a cui tante band si dedicavano: era semplice essere la band più rumorosa del pianeta limitandosi a percuotere i propri strumenti e gracchiando in un microfono, mentre molto più meritevole era intessere un'aggressione sonora costituita da riff letali e ben congegnati, strutture accurate e suonate a tempo, rallentamenti e ripartenze organizzate attorno ad un indomabile nucleo di foga e veemenza ma mai affidate al caso. La precisione non toglieva spazio alla furia: anzi, i Carcass ora erano ancor più letali e intimidatori, in quanto musicisti consapevoli della propria forza d'urto e con un'idea chiara del tragitto da percorrere.
Due parole infine sulla copertina, nuovamente realizzata facendo un collage di immagini di cadaveri ed autopsie (lo stesso Pearson incoraggiò i ragazzi in questo, regalando loro un manuale di patologia).
Purtroppo la cosa creò molti problemi alla band, dato che nel 1991 la polizia fece visita agli uffici della Earache e sequestrò le copie del disco e di altri album dell'etichetta perché ritenute inappropriate.
Per questo verranno poi immesse sul mercato le edizioni dei primi due platter del trio britannico in versione censurata, con le obbrobriose copertine simili, una azzurrina e l’altra fucsia.
Nel 2003, infine, tornerà (seppur nella parte interna del booklet) l'originale patchwork cadaverico, parte integrante non solo del disco ma della filosofia carcassiana. 


LA RISSA A ROMA
Nel 1990 li si ricorda in un tour a Roma, dove a Forte Penetrino, un ragazzo salì sul palco per fare "stage diving", spostando l'asta del microfono di Bill Steer che stava cantando. Bill venne colpito dall'asta e d'istinto tirò un calcio al ragazzo buttandolo giù dal palco, da lì s scatenò una rissa tra la band e una gang di una cinquantina di Hardcore che iniziò ad insultare la band e a sputarli.


LA VIA DI MEZZO
L'avvento degli anni 90 rappresenta la vera svolta nella storia dell'act britannico, che accoglie tra le proprie fila il chitarrista svedese Michael Amot, ex Carnage, e pubblica Necroticism - Descanting The Insalubrious, ormai saldamente orientato a un Death Metal intricato e di pregevole fattura tecnica. Elementi Grind restano presenti ma lasciano campo a strutture più complesse, riff incisivi, tonanti e insalubri ma non più rozzi, assoli melodici curati, squillanti, fluidi e comunque affilati come rasoi. Il risultato è spettacolare, una collezione di riff avvelenati e ritmiche schiacciasassi, organizzate attorno a un nucleo accurato, dagli arrangiamenti eccellenti.
Il contributo di Amott è stupefacente: il suo tocco morbido e ispirato trasforma drasticamente la band, dandole un suono inconfondibile, unico e profondo, stratificato dal punto di vista compositivo ed emotivamente trepidante, cosa che risulta evidente al cospetto dei magnifici guitar solo: ogni canzone possiede uno o più frecce soliste, febbricitanti e caratterizzate da melodie definite e avvolgenti, laddove in precedenza ci si trovava di fronte soltanto feroci e caotici esercizi di forza bruta.
Le otto canzoni sono dei piccoli capolavori del Death Metal: il sound è cupo, roccioso, ammorbato da uno stentoreo alone di malignità tipicamente Death: le canzoni tutte sono un'istantanea di possenza, scandite dal vocalism aggressivo, sporco e diretto di Walker.
Citare brani come "Symposium Of Sickness", "Incarnated Solvent Abuse", "Inpropagation", "Lavaging Expectorate Of Lysergide Composition" o "Pedigree Butchery" è superfluo, vista l'importanza storica assunta da tali composizioni.
Senza dimenticarci di "Corporal Jigsore Quandary", la canzone per eccellenza dei Carcass: un attacco di batteria inconfondibile, l'impianto di riff sferzanti che vi si inseriscono, la secca ed irresistibile prova vocale, l'assolo fulminante di Amott.
Nel disco permangono ancora le tematiche disgustose si parla, ad esempio, di come utilizzare i cadaveri umani a scopo di lucro, riciclando come fertilizzanti o strumenti musicali i resti di questa specie. In "Corporal Jigsore Quandary" veniva descritta una nuova pratica da poter mettere in atto sul cadavere. Dissezionarlo meglio per unire i vari frammenti, con la cosiddetta stryker-saw.
Si va avanti con "Symposium Of Sickness", il simposio della malattia.
Il simposio nell’antichità greco-romana, era la seconda parte del banchetto, durante la quale i commensali bevevano e si intrattenevano con canti, recite.
Il banchetto potrebbe essere la metafora della camera mortuaria, mentre ciò che facevano i commensali, ho visto più che bene un "paragone" con il lavoro degli anatomopatologi.
Basta dare uno sguardo al testo, non così ricco di tanti termini tecnici come il resto delle lyrics.
Il teatro dell'orrore continua con Pedigree Butchery, una canzone che parla dell'utilizzo dei corpi come cibo per cani. In "Incarnated Solvent Abuse", "Se l'identificazione del cadavere non è possibile, il patologo deve essere così bravo da saper prendere le impronte delle dita dal corpo prima che vada in decomposizione...le cose si complicano...".
C'è chi afferma che la canzone parli di un possibile utilizzo dei cadaveri, come colla.
E' un susseguirsi di super-canzoni, "Carneous Cacoffiny" ci spiega come ricavare strumenti (e suonarli) da parti di corpo umano, mentre tra quest'ultima e la traccia di chiusura, c'è un'insolita "Lavaging Expectorate...", che non presenta la solita "sfilza" di vocaboli tecnici, anzi descrive una tipica giornata di lavoro in un'ottica molto interessante.
"Forensic Clinicism/The Sanguine Article" parla di un chirurgo che tortura ed è solito mutilare le persone, operando su di loro quando sono ancora vive.


LA SVOLTA MELODICA
Se Necroticism aveva rappresentato un passo avanti sorprendente e rivoluzionario, il successivo Heartwork, rilasciato nel 1993, rappresenta l'emblema stesso del processo di evoluzione sostenuto dai deathster britannici, che qui toccano vertici tecnici invidiabili e si ripresentano sotto una foggia melodica straripante: possiamo parlare di Death si melodico ma allo stesso tempo molto tecnico, in quanto la violenza resta primaria, tangibile in serrate ritmiche fittissime, accelerazioni poderose e vocals raschiate, trascinanti, ma al tempo stesso è straordinario l'apporto melodico dovuto proprio alla classe di Ammott, il quale arrangia dei guitar solo stupendi e fluenti, dai tratti barocchi e tradizionali, capaci di alternare con armoniosa musicalità la potenza che la band esibisce nei passaggi più duri.
Il chitarrista combina riff melodici e taglienti, arricchendo con pregevoli armonizzazioni le sue rapidissime pentatoniche. Siamo al cospetto di un altro capolavoro: la musica dei Carcass è ora più accessibile, melodica, ma mantiene tutte le sue peculiarità di forza, potenza e cupezza; questo è riscontrabile in riff ancora una volta memorabili e corposi, imbevuti di veleno e di un insalubre retaggio classicamente Death. La scrosciante opener "Buried Dreams", l'incredibile "This Mortal Coil", la titletrack e la conclusiva "Death Certificate", con il suo riff vertiginoso, sono una perentoria dimostrazione di forza, songwriting e mettono in luce una volta di più l'innovativo connubio tra riff spaccaossa e riff melodici, questi ultimi capaci di influenzare le nuove leve del Melodic Death scandinavo. Ad un tecnicismo esasperato, si affiancano ora testi più maturi: dalla decomposizione carnale tanto minuziosamente omaggiata nelle precedenti pubblicazioni, si passa ora alla decomposizione dell'animo, descritta metaforicamente attraverso testi incentrati su argomenti come la guerra, la religione, la sostituzione dell'uomo attraverso le macchine. Il nuovo full length(Swansong) uscì soltanto nel 1996. Il nuovo album avrebbe dovuto contenere, in principio, diciassette tracce, e uscire come doppio: alla fine, però, la casa discografia preferì un prodotto singolo e Steer dichiarò che molte delle canzoni omesse erano migliori di quelle presenti nella tracklist di Swansong.
Ogni singolo album dei Carcass potrebbe essere descritto come un sorprendente e imprevedibile cambio di rotta rispetto al predecessore: Swansong era però qualcosa di molto altro, che un semplice passo avanti. Swansong era un disco che rinunciava in gran parte alle sfuriate ritmiche Death o agli assoli al fulmicotone, era un disco i cui riff affondavano le radici nell'Hard'N'Heavy settantiano, un disco che non poteva più essere classificato come Death Metal ma necessitava giocoforza dell'aggettivo melodic anteposto a tale sostantivo. La stabilità della formazione iniziava però a scricchiolare: poco prima di entrare in studio, Amott lasciò la band, sostituito da Carlo Regadas, per dedicarsi ad un nuovo progetto, gli Arch Enemy. Brani ritmati come "Black Star", "Cross My Heart" o "Tomorrow Belongs To Nobody" erano sorprendentemente orecchiabili, eppure mantenevano una potenza molto compatta di sottofondo e l'immancabile voce raschiata di Walker, elemento di congiunzione più marcato col caro vecchio Death Metal. La fuoriuscita di Amott denotava irrisolti problemi interni e dopo la pubblicazione del quinto disco anche Steer decise di abbandonare la nave.
La storica formazione inglese si sciolse così prima della fine del millennio e i membri restanti misero in piedi il progetto Blackstar, che riprendevano le sonorità udite in Swansong: dopo un solo disco, però, la nuova band venne subito accantonata. Nel 1999 un'emorragia cerebrale colpisce Ken Owen, che per fortuna supera positivamente un periodo di coma: la leggenda dei Carcass resiste alle piaghe del tempo, il suo culto resta vivido anche tra gli adolescenti che si avvicinano per la prima volta alla musica estrema e nel 2007, quasi a sorpresa, la band si riunisce.
Al tempo, i Carcass dissero che la reunion si sarebbe limitata alle esibizioni live, che non c'era bisogno di incidere un nuovo disco in quanto il mercato musicale era morto, mentre la band aveva a disposizione centinaia di canzoni da proporre; un nuovo prodotto in studio veniva inquadrato come pretesto per suonare dal vivo, cosa di cui l'act inglese non necessitava vista la popolarità di cui ha sempre continuato a godere. Eppure non tutto si può etichettare in maniera così frettolosa: un nuovo disco è, alle orecchie dei fans, qualcosa di molto più profondo e romantico.
Lo hanno capito nel corso del 2012, questi colossi del Death Metal mondiale, che difatti hanno a sorpresa annunciato la realizzazione di un nuovo disco di inediti, a diciassette anni dal predecessore: pur senza Amott, rimasto fedele ai suoi Arch Enemy, i Carcass tentano dunque di rimettersi in pista, risvegliando le attenzioni di critica e fans. Surgical Steel uscirà nel 2013.
Il drumming furioso di Daniel Wilding è preciso e vario, molto più pulito di quello di Ken Owen.
Nonostante non sia un capolavoro, Surgical Steel è sicuramente il miglior modo che i Carcass potevano trovare per tornare sulle scene tenendo alto il loro nome, senza snaturare la loro proposta musicale ma neanche copiando in maniera spudorata quanto registrato nella loro precedente produzione. È un album di media qualità, che deluderà chi si aspettava da loro il disco dell’anno e che soddisferà chi riuscirà ad approcciarsi nel modo giusto verso di loro.

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