venerdì 11 ottobre 2019

La Storia Dei Nevermore: L'Alcolismo, I Dissidi e La Morte Di Warrel Dane

Blabbermouth: "I Nevermore sono la più grande band che l'alcool abbia mai mandato in rovina"

I Nevermore si formarono a Seattle, ad inizio anni ’90, in una città anomala per l’epoca visto che viveva il fenomeno dell’esplosione del Grunge.
Warrel Dane, Jeff Loomis e Jim Sheppard erano noti già per aver suonato negli estemporanei Sanctuary negli anni ’80.
"Refuge Denied" pubblicato nel 1987 dalla Epic ebbe un discreto successo, anche se non venne molto compreso. Brani come "Battle Angels", "Die For My Sins" e "Soldiers Of Steel" possiamo considerarli pezzi di tutto rispetto. Il secondo platter "Into The Mirror Black", più dark ed elaborato del debutto discografico, si confermava ad alti livelli ma uscì già negli anni 90, in una fase di transizione per il Metal (provare ad ascoltare "Future Tense", "Taste Revenge" e "Mirror Black").
Si trattava di un sound classico guidato dall'aspra voce di Warrel Dane.
Sound che comunque non aveva senso riproporre nei futuri Nevermore perchè ormai i tempi stavano cambiando.
Non aveva senso neppure riproporre il Thrash canonico degli anni 80 perchè i pionieri di quel genere lo avevano ormai abbandonato (Metallica, Megadeth, Testament, Exodus, Kreator, in parte Slayer ed Overkill avevano cambiato sound; altre band del calibro di Destruction, Death Angel e Dark Angel scomparvero nel nulla).
Serviva qualcosa di diverso.
Non a caso le band estreme (fermandoci sul Thrash/Groove) che andavano per la maggiore ai tempi erano i Pantera, poi ci fu la parziale esplosione dei Machine Head (prima del cambio di sound a fine anni 90, inizio nuovo millennio) o gli anomali Meshuggah (o ancora il Thrash contaminato da Industrial dei Fear Factory).
Fu una crisi di valori che coinvolse tutto: dall’economia al capitalismo che era imperante nei paesi occidentali fino ad arrivare alla musica. I Nevermore si fecero portavoci di un metal coraggioso ed innovativo, purtroppo incompreso da alcuni puristi e tradizionalisti che li vide abbracciare sonorità più moderne, Groove, e dipingere, con lyrics cupissime e nere un mondo allo sfascio.
Il monicker "Nevermore" ricorda un celebre verso di Poe, quel "Quoth the Raven, ‘Nevermore" tratto dalla poesia "Il Corvo" del celebre scrittore americano.
I testi della band sono sempre molto cupi e neri come la pece parlando di drammi personali, lutti ma anche critiche a governo e religioni.


DISCHI
Nel 1995 esce il debutto omonimo "Nevermore" sotto Century Media: i brani sono tutti di una discreta lunghezza, in media 5 minuti. Il canto di Dane si è ormai evoluto in una sofferta ma potente litania, particolarmente espressiva soprattutto nei brani più espliciti nella critica sociale e politica. È presente anche la tematica dell'abuso di droghe, ma in una veste pessimista che ben si sposa alle atmosfere oscure del disco.
Il riffing di Jeff Loomis è pesante, ribassato e corposo ma contraddistinto anche da passaggi melodici.
Gli assoli non disdegnano virtuosismi. Ottima la sezione ritmica e il basso. Il disco è molto diverso da quello che voleva il mercato ai tempi, per questo vende pochissimo.
Sicuramente un po' acerbo e tradito dalla registrazione, viene ricordato per "What Tomorrow Knows" midtempo Thrash caratterizzato dal pesante e cadenzato incedere degli strumenti e dalla sofferta interpretazione di Warrel Dane, per l'anomala "C.B.F. (Chrome Black Future)", per la ballad "The Sanity Assassin", per la teatrale e riflessiva "The Hunting Words" e per lo stupendo assolo presente in "Godmoney".
Nel successivo "The Politics Of Ecstasy" (1996) il sound si fa sempre più spietato, desolato e personale.
Il messaggio che passa è quello dello psicologo Timothy Leary, noto per il suo supporto per le droghe psichedeliche.
Pezzi come il midtempo "The Seven Tongues Of God", "The Tiananmen Man", l'acustica di "The Premonition" o i chiaroscuri arpeggiati della suite finale "The Learning" anche se forse un po' fuori modo per l'epoca sono sicuramente dei grandi classici della band.
Ma anche "This Sacrament", "Passenger" o i messaggi che passano contro la società nella titletrack o nell'ottima "Lost" (che parla di droga e trip).


IL DRAMMA PERSONALE
Il terzo album "Dreaming Neon Black" esce nel 1999 è molto vissuto e sofferto, mettendo da parte la critica politica più spietata per darsi all'introspezione emotiva.
Il disco dunque passa alla storia per quella capacità di immergerti in una cupa atmosfera di morte degna di un grande libro/film. Un disco drammatico anche perchè legato ad un dramma personale
Le atmosfere sono oppressive, solenni e acide, quasi gotiche nel loro incedere funereo, al punto che nei momenti più lenti ci si avvicina quasi al Doom.
Dalla title track semi-acustica alla funerea "Cenotaph", l'album è un capolavoro di dolore.
Già in alcuni versi dell'apripista "Beyond Within" si possono capire quali saranno le atmosfere: "Welcome to the end my friend...The world is black, no turning".
Il concept è ispirato dalla rottura della relazione con la sua fidanzata dell'epoca, che scappò in una setta religiosa senza che se ne seppe poi più nulla (probabilmente si suicidò). All'argomento è dedicata la ballad lisergica "The Lotus Eaters", scandita da lentissimi riff iper-distorti e dal canto drammatico su di un testo devastante.
Anche le drammatiche "Poison Godmachine" e "All Play Dead" fanno la loro ottima figura, sia a livello compositivo che di pezzi.
La copertina, inoltre, rappresenta un sogno di Dane in cui vede la ragazza affogare senza poter esserle d'aiuto. La conclusiva "Forever" chiude degnamente un grande disco. Questa funerea marcia si conclude con un seguito di 7 minuti di solo silenzio.
Da "Dreaming Neon Black":
"Sometimes when I’m alone I still feel you
Your breath on my neck, you’re still with me
And I’m still dreaming neon black
I wait for you, to taste your unknown world
The clock spins to time that must mean nothing
Meet me in the dreamtime water, drown
Shifting shaping currents flow in memory
Swim through me
Meet me in the drowning pool of tears
And wash away my innocence and fear"

Nel 2000 esce "Dead Heart, In A Dead World".
Vengono mischiati Thrash, Groove, Heavy, Power, Gothic e Prog.
Il risultato, a dispetto del titolo, è meno dolente e malinconico nelle atmosfere e nei suoni rispetto ai precedenti lavori.
Il disco parte subito con un brano veloce, dai riff granitici e dalla batteria terremotante come "Narchosyntesis". Si possono notare anche influenze decadenti e a limite del Gothic.
Dane è protagonista nell'ottima "We Disintegrate".
"Inside Four Walls" è figlia dell'epoca per l'utilizzo di voce sintetizzata e campionata ma grazie alle chitarre, assoli, basso e batteria, si distingue dal Metal Alternativo dell'epoca.
Con "Evolution 169" emergono le influenze Gothic.
"The Heart Collector" è una grandissima ballad.
"Engines Of Hate" è potentissima invece, presente anche "The Sound Of Silence" di Simon & Garfunkel".
"Insignificant" è la seconda semi-ballad del cd, altrettanto commovente e coinvolgente della precedente.
Quasi in chiusura è posta quella "Believe in Nothing", forse capolavoro del disco, che spopolò molto ai tempi anche per via del videoclip.
A chiudere, infine, la titletrack sorretta da un riff veloce e potente da far tremare tutto.
Da "Believe In Nothing"
"And I still believe in nothing
Will we ever see the cure for our sorrow
Nothing is sacred when no one is saved
Nothing’s forever so count your days
Nothing is final and no one is real
Pray for tomorrow and find your empty still
Nothing"

Il disco vende molto bene ma avrebbe potuto ottenere ancora un successo maggiore, se la scena Metal dell'epoca non fosse stata saturata da band alternative e Nu Metal.
Nel 2002 esce "Enemies Of Reality", con composizioni più ostiche, che convergono in ritornelli quasi psichedelici/acid.
Il sound è davvero pesante ma la produzione non è di certo delle migliori e il basso è poco udibile.
Su tutte svettano soprattutto la potente e ipnotica title track; la ballad "Tomorrow Turned Into Yesterday", l'intricata "I, Voyager", i fraseggi malinconici abbinati a dissonanze alienanti presenti in "Noumenon" e le ottime "Who Decides" e "Seed Awakening".
L'album è dedicato a Chuck Schuldiner, leader dei Death e Control Denied, morto l'anno prima prematuramente a causa di un tumore cerebrale.
I testi sono come sempre molto riflessivi e profondi:

There is no stronger drug than reality 
Twist and change, time is nothing, regret everything
There is no stronger drug than reality 
We are the enemy


I DISSIDI INTERNI, I PROBLEMI DI SALUTE E DI ALCOLISMO
Per la band comunque questo è un momento difficile.
Tra 2003/2004 inizia un periodo nero, tra incomprensioni contrattuali e liti con il management della Century Media, senza scordare i ben più gravi problemi di salute di Warrel Dane, tali da compromettere un'intera tournée (tra alcolismo ed altro).

Jeff Loomis (in un'intervista del 2011): "Per quanto mi riguarda i veri problemi nella band sono iniziati tra 2004/2005, quando Warrel ha iniziato ad avere problemi di salute. Mi ricordo che Jim mi chiama e mi dice che era stato ricoverato. Ovviamente, ero molto depresso e mi chiedevo prima di tutto cosa gli sarebbe successo e poi cosa sarebbe successo al futuro del gruppo. Il medico gli disse che doveva smettere di bere pena problemi a pancreas e riguardo il diabete. So che non voleva alcool intorno a lui quando eravamo in tour. Cercavamo sempre di fare attenzione, ma in verità non ha mai funzionato. In questo momento avrei voluto rinunciare anch’io all’alcol, ma mi ha aiutato a superare tempi difficili, sopratutto on the road. Avrei voluto superare quei momenti in maniera diversa, ma sai tutti sbagliamo, la vita va avanti. Potrei dire che ormai era una sua lotta personale con il mondo che lo circondava. Credo che il tutto sia iniziato da qui"

Nel 2006 comunque esce "This Godless Endeavour", un trionfo di tecnica e melodia.
La struttura chitarristica infatti è molto intricata ed esalta i tecnicismi e i virtuosismi, lunghi e irresistibili, per poi cedere il posto a spezzoni acustici o melodici che vanno a formare intere digressioni malinconiche.
Brani come l'iniziale "Born", l'autobiografica "My Acid Words" o "The Psalm Of Lydia" sono fra i più trascinanti di sempre mai composti dal gruppo.
La ballad "Sell My Heart For Stones" è pensata per i fans e per i live, chiude davvero alla grande la titletrack.
Stavolta il basso di Sheppard è ben udibile e la batteria di Williams fa davvero un grande lavoro.
Tutto l'album è un turbinio di umori depressi e atmosfere quasi post-apocalittiche, influenzate anche dalla pessima situazione personale di Dane, che riversa tutto il suo dolore nella musica.
I problemi al di fuori della musica in senso stretto proseguono però, il 2006 infatti per i Nevermore è un altro anno definibile come infelice: prima Jim Sheppard si sottopone a un intervento d'urgenza perché affetto dal morbo di Crohn, poi Steve Smyth deve sottoporsi a un trapianto sempre d'urgenza di rene, infine Warrel Dane sviene prima di un concerto e viene ricoverato (d'urgenza) in ospedale dove gli diagnosticano il diabete di tipo 2.
Vengono annullate anche alcune date negli USA (Michigan, 2006) per gli improvvisi malori di Dane.
Altre asperità sorgono soprattutto per i problemi legati all'alcolismo, dalla differente attitudine professionale dei membri del collettivo e soprattutto dai crescenti dissidi interni.
Andy Sneap, nelle interviste, ha sempre ribadito che uno dei motivi per cui i Nevermore non hanno sfondato a livello di popolarità è dato dal fatto che i membri del gruppo sono "i peggiori nemici di sé stessi" e arrivando a litigare spesso furiosamente, soprattutto con Dane e Sheppard che nei tour, con il loro atteggiamento irritavano Loomis e Williams, più dediti all'impegno professionale.
Infine, le incomprensioni sulla redistribuzione dei proventi musicali e sulla gestione finanziaria (con Loomis e Williams che debbano costantemente chiedere informazioni ai due padre-padrone della band Warrel e Jim) spaccano in due il gruppo.
Dal 2006 in poi fra di loro inizia a percepirsi una stanchezza palpabile, acuita dai problemi di salute di Dane e Sheppard che si aggravano. Così i quattro cercano di prendere temporaneamente un po' di respiro altrove prima di tornare in studio con i vari progetti solisti (e di resuscitare i Sanctuary).


LO SCIOGLIMENTO DELLA BAND (2011)
"This Godless Endeavour" sarebbe potuto essere il canto del cigno dei Nevermore, ma nel 2010 viene pubblicato "The Obsidian Conspiracy", un lavoro che, nonostante qualche bella idea, si mostra sottotono rispetto ai predecessori.
Oltre agli attriti interni (la band non si ritrova mai tutta assieme nella sala prove, Jim in un tour appende in modo scherzoso il nome di Yngwie Malmsteen ala cuccetta di Loomis, spesso criticato per il suo egocentrismo), dietro al disco ci sono problemi di produzione e carenza di idee ma la situazione della band era ormai allo sfascio.
Gli arrangiamenti e le composizioni ne soffrono e risultano così in generale più prevedibili, i riff suonano più ordinari, gli assoli sono più contenuti e la prestazione vocale di Dane così così.
Di fronte all'episodio più debole della loro carriera, fra dischi solisti e l'annunciata reunion dei Sanctuary, nel 2011 Jeff Loomis e Van Williams lasciano il gruppo, la band è messa in stand-by.
Probabilmente per sempre.

Warrel Dane, a seguito dello scioglimento della band (e in riferimento a Jeff Loomis e Van Williams), dirà: "Quei ragazzi hanno deciso che non avevano un grosso problema di alcool da affrontare, io sì invece. Quando sei un chitarrista o un batterista, puoi avere una serata in cui sei completamente spompato. Io da cantante non posso. In tour, le due cose essenziali per un singer sono dormire e bere più acqua possibile, per restare idratato. Ed io non ho dormito molto, nell'ultimo tour, il bus era sempre pieno di gente ubriaca... Non voglio accusare nessuno, ma se non riesco a dormire non posso dare il 100% sul palco"

Warrel Dane in riferimento a Van Williams: "Avrei potuto dare un calcio in culo al nostro batterista e saremmo andati avanti comunque"

Jeff Loomis (intervista del 2011): "Mi ricordo che ci sono stati problemi anche all’inizio, e non sto lanciando invettive contro membri specifici in questo momento. Eravamo tutti da biasimare per qualche cazzata fatta qua e là, ma poi si scendeva a bere. Quando sei con i tuoi amici in una band prende vita una forte unità o meglio ancora, nasce una famiglia. Volevamo guardarci le spalle e prenderci cura gli uni degli altri. Ero il più giovane della band e ogni volta che facevo lo stupido o avevo bevuto troppo, la band si assicurava che fossi nella mia cuccetta sul bus e viceversa...ha funzionato comunque e sempre"

Jeff Loomis: "M’è sempre sembrato che nello stesso momento stessimo facendo un passo avanti e due enormi passi indietro"


LA MORTE DI WARREL DANE (2017)
Oltre alle varie collaborazione soliste e in altre band di Loomis, Dane si mette al lavoro per il suo secondo album solista, così come per un nuovo disco dei Sanctuary, con i quali è impegnato in tour estenuanti.
Tuttavia, la sua morte avvenuta il 13 dicembre 2017 per infarto lascia incompiuti i lavori in corso con i primi due e annulla ogni speranza di reunion con i terzi.
Dane morì il 13 dicembre 2018 a San Paolo, in  Brasile, a causa di un infarto.
Il chitarrista Johnny Moraes, era con il cantante quando questi ha iniziato a sentirsi male: "È morto nella notte. Ha avuto un infarto. Era nell’appartamento dove stava durante la registrazione dell’album quando è successo. Gli ho fatto un massaggio cardiaco e abbiamo chiamato l’ambulanza la quale è arrivata velocemente, ma quando sono arrivati era già morto. La sua salute era già debole a causa del diabete e i suoi problemi con l’alcol. Stava già affrontando un sacco di problemi di salute"

Con la morte di Warrel Dane si chiude così uno dei capitoli più significativi del Metal degli anni 90.
Forse mai capiti del tutto ma sicuramente rivoluzionari.

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