Gli Skylark si formarono a Milano nel 1994 e furono una discreta Power Metal band, prima di virare il sound su lidi più melodici dal 2004 in poi.
La lineup principale vedeva: Fabio Dozzo (voce), Max Faracci (chitarra acustica e ritmica), Roberto Potenti (basso), Francesco Tettix Meles (batteria), Eddy Antonini (tastiere), Nico Tordini (chitarra solista e ritmica).
L'esordio autoprodotto fu "The Horizon & The Storm" del 1995. Ovviamente ci sono chiari problemi di produzione però ci sono buone intuizioni come le tastiere in "Fear Of The Moon", la lunga (oltre 10 minuti) "Little Girl" o la più aggressiva "Crystal Lake" interrotta da un'ottima parte sinfonica a metà canzone. Invece "Escape From The Dark" è aperta da un organo.
Sicuramente l'influenza principale della band (a livello di vocals) sono gli Helloween.
Nel successivo "Dragon's Secret" del 1997, la band firma per l'Underground Symphony.
Dopo l'intro iniziale è la discreta "Creature Of The Devil" ad aprire le danze. "The Answers" è introdotta dal basso e presenta influenze sinfoniche.
La canzone omonima del gruppo è sorretta da buoni riff, orchestrazioni, assoli melodici e vocals.
"Light" rimane una classica canzone Power ma dura ben 24 minuti: grazie a riff, cori e molte parti strumentali. Il brano dove fa il suo ingresso trionfale il White Warrior che accompagnerà gli SkyLark per ben 4 dischi.
"Princess Of The Snow" presenta grandi cavalcate ed assoli, chiude la title track (brano interamente strumentale fatto solo di orchestrazioni).
La produzione è sicuramente migliore dell'esordio (non che ci volesse molto) ma rimane ampiamente insufficiente.
Il successivo "Divine Gates Part I: Gate Of Hell" esce nel 1999 ed è introdotto dalla veloce "Welcome". Con "The Thriumph" e "Belzebù" si può parlare assolutamente di suite (visti anche i 17 minuti di durata totale). Segue la lenta e malinconica "The Last Question" sorretta dal clavicembalo di Antonini. Segue la velocissima strumentale "Earthquake", la ballad "I Can’t Find Love Tonight" e la più classica "Satan Arise".
Chiudono la complessa e variegata "Why Did You Kill The Princess?" e la potente "Dance Of Star".
Nella stessa session di registrazione (ma uscirà nel 2000) venne registrato anche "Divine Gates Part II: Gate Of Heaven" un lavoro più incentrato sulle chitarre e che vende di più rispetto al precedente.
"Among The Clouds" e "Who Is God?" sono canzoni molto veloci ma anche in questo caso nei break strumentali vengono utilizzate le tastiere. "Lady Of The Sky" e "The Heaven Church" sono pezzi che superano i 10 minuti e sono abbastanza varie e con buone parti strumentali.
"Insanity Is The Truth" è veloce ed epica al tempo stesso.
Melodice, tastiere, velocità fanno parte di "The Guardian Angel". Chiude ufficialmente "Last Christmas In Hell" che è un pezzo Power Metal abbastanza veloce.
In realtà è presente anche una ghost track non segnalata in scaletta, cioè una nuova versione di "A Star In The Universe".
AMATI ED ODIATI: L'ASSOLO "STONATO" DI ANOTHER LIFE
La band vive un ottimo periodo: molte riviste Metal italiane li idolatrano ai massimi livelli. Arrivano voti altissimi a qualsiasi disco che la band produce (secondo alcuni lettori e metallari italiani, i voti erano pompati dal fatto che la band fosse italiana appunto).
C'è però anche chi, come ad esempio l'odierno metal.it, critica aspramente il successivo "The Princess Day" uscito nel 2001 (su eutk).
Pare che fu anche la stessa etichetta della band, la Underground Symphony a fare la voce grossa incazzandosi con il portale.
Inoltre Eddy Antonini avrebbe detto ad uno del noto portale "spero di incontrarti presto così ti fai 3 mesi di trazione all'ospedale" (qui un'intervista successiva dove metal.it pone domande un po' provocanti: Intervista Skylark: Brodo ) ma la band ha sempre negato ogni accusa.
Oltre a critiche (oggettive) inerenti la pessima produzione, la pietra dello scandalo furono le critiche di stonatura/stecche presenti sul finire della canzone "Another Life" (l'assolo di basso).
La recensione suddetta fu questa: Skylark - The Princess Day (Recensione)
Sul forum venne aperto un topic dove ci furono oltre 2000 messaggi con il bassista/chitarrista Roberto "Brodo" Potenti che si iscrisse dicendo che si trattava di un cromatismo e non di una stonatura e sfidava gli iscritti a suonare quella canzone (se ne fossero stati capace).
Poi la discussione proseguì anche sul nuovo forum: 'Another Life' Thread (Metal.it)
A conti fatti forse il 2 appioppato come voto (per quanto soggettivo) fu esagerato in senso negativo ma allo stesso tempo furono altrettanto discutibili i voti altissimi che fioccavano su alcune riviste italiane dell'epoca (anche perchè la produzione rimaneva amatoriale o quasi).
Come sempre in questi casi la verità sta nel mezzo: si tratta di un album solo discreto forse appena sotto la sufficienza ma sicuramente un passo indietro rispetto ai precedenti dischi.
La titletrack, "Journey Through The Fire", "I Will Cry Tonight" sono classiche canzoni abbastanza veloci e al tempo stesso melodiche con la doppia cassa a farla da padrone ma niente che rimarrà nella storia.
Buone "Rufus" (e l'intro epico "Hope"), "Symbol Of Freedom" e la velocissima "White Warrior" con un bel finale tra voce/piano.
CAMBIO DI GENERE E RITORNO AL POWER SINFONICO
Entra in pianta stabile nella band la vocalist Kiara.
In seguito per "Wings" (2004), la band cambiò label e genere musicale virando su un Hard Rock (melodico) anni 80 abbandonando il Power Metal.
Ne è già una prova d'intenti la cover dei Def Leppard "When Love And Hate Collide", "Rainbow In The Dark" o "Summer Of 2001".
Rimane qualche buona canzone come "Another Reason To Believe" e "A Stupid Song" ma anche il senso di incompiutezza derivato da una produzione leggermente migliore rispetto al passato ma sempre con chiari problemi nei suoni di chitarra e batteria.
Segue "Fairytales" dove la band torna sui suoi passi virando nuovamente su un sound più Power e finalmente migliora la produzione.
"Music" presenta un giro di clavicembalo, buona la ballad "Lions Are The World", la velocissima "I’m The Evil" con un ritornello epico ed evocativo e la suite epica "Little Red Riding Hood". Presente anche una cover velocizzata di Mike Oldfield "Moonlight Shadow".
Nel 2007 la band rievoca i fasti (almeno come titolo) del passato: esce "Divine Gates Part III: The Last Gate". Si tratta di canzoni dai tempi veloci, doppia cassa ed assoli melodici.
"The Scream" è introdotta da belle melodie medioevali, buona la ballad "Believe In Love", posta subito dopo il velocissimo intermezzo strumentale "Hurricane".
"Time" è formata da contrapposizioni tra vocals femminili e maschili ben innestati. Bella anche la riproposizione della melodico-drammatica "The Heaven Church" e quella acustica di "Mountain Fuji".
Nel 2011 entra come female vocalist Ashley Watson. L'anno successivo (2012) esce "Twilights Of Sand" e si evince come finalmente si abbia a che fare con una produzione degna di questo nome.
Il disco è aperto da "The Princess And Belzebu", prosegue con una classica Power Metal song ovvero "She" e con l'ottima "Love Song".
In "Tears" troviamo le tastiere protagoniste, si prosegue con una riedizione di "Lions Are The World" con una parte centrale che ricalca leggermente "Alexander The Great" degli Iron Maiden.
"The Wings Of The Typhon" ha anche influenze classiche."Mystery Of The Night" è molto Hard Rock.
La band poi ha proseguito la sua carriera sino alla compilation di 4 dischi uscita nel 2015 "The Storm & The Horizon".
domenica 24 maggio 2020
giovedì 14 maggio 2020
Quali Sono Le Nazioni Più Metallare? Band Rapportate Agli Abitanti
Dopo circa 7 anni questa statistica è stata rifatta e la patria del Metal è rimasta la nazione scandinava con 70 band ogni 100.000 persone.
I suoi concorrenti più vicini sono Svezia e Islanda, arrivando rispettivamente al secondo e terzo posto nell'indice.
La Svezia, che ha governato la Finlandia per circa 600 anni, ha 45.5 metal band ogni 100000 persone.
Nella Scandinavia (Norvegia e Svezia soprattutto) troviamo una vastissima selezione di band soprattutto Black Metal (invece le band finlandesi hanno spaziato tra quasi tutti i generi ottenendo anche, in alcuni contesti, grandi boom di popolarità).
Il numero di band metal in Islanda è poco più della metà di quello in Finlandia.
Il Regno Unito (7.8) ma anche gli USA sono dietro (USA che nel 2012 avevano un rapporto di 5.4; il Regno Unito di 5.1. Sarebbe però interessante vedere i dati della sola Inghilterra, escludendo Scozia, Galles e Nord Irlanda che abbassano sicuramente questo rapporto essendoci pochissime band ed aumentando però il numero di abitanti).
La Grecia (18.8) ha superato di poco la Danimarca (17.3) per assicurarsi la sua posizione tra le prime 5 nazioni (quarta la Norvegia).
Un'altra osservazione interessante (per spiegare meglio questa classifica) è che la Germania vanta il maggior numero di band metal tra tutti i paesi europei, ma ha solo 13.2 band ogni 100000 persone (ciò dipende dalla grande popolazione).
Perfino paesi come Malta, Estonia e Slovenia hanno rapporti maggiori rispetto alla Germania.
L'Italia registra un buon 10.8, invece la Francia 7.7
L'indice è stato creato grazie all'Encyclopaedia Metallum (Metal-Archives), che tiene traccia delle bande metal sia attive che non attive di un determinato paese.
In termini di popolarità, la scena metal in Finlandia era ancora piuttosto piccola negli anni 80 prima di della diffusione negli anni 90.
Anche se il vero e proprio boom poi è arrivato nel nuovo millennio.
Amorphis, Abhorrence, Azaghal, Horna, Impaled Nazerene, Korpiklaani, Fintroll, Ensiferum, Imperanon, Nightwish, Insomnium, Before The Dawn, Convulse, Moonsorrow, Mors Principium Est, October Falls, Omnium Gathereum, Apocalyptica, Children Of Bodom, Archgoat, Goatmoon, Clandestine Blaze, Oranssi Pazuzu, Sargeist, Satanic Warmaster, Thy Serpent, Wyrd, Wintersun, Norther, Lost Society, Turisas, Rotten Sound, Skepticism, Swallow The Sun, Reverend Bizarre, Stratovarius, Sonata Arctica, Sentenced, The 69 Eyes, To/Die/For, HIM e chi ne ha...più ne metta.
lunedì 4 maggio 2020
Laang e La Musica Ispirata Durante Lo Stato Di Coma (Atmospheric Black)
L'unico membro di questo progetto è stato sparato alla testa durante un furto d'auto andato male quasi un anno fa. Lo stesso ha affermato che le canzoni che ha scritto per questo progetto sono state ispirate dalla sua esperienza in ospedale in fin di vita in ospedale (coma). Ha descritto il suo stato comatoso come un "posto oltre l'inferno". Questo mondo a suo dire è stato un qualcosa d' incomprensibile e una desolazione oltre ogni spiegazione. L'album di debutto della band "Hǎiyáng" (海洋 = Oceano) incapsula questo orribile mondo ultraterreno di vuoto, follia disumana e terrore.
"Chaoyue Diyu" apre l'album introducendo toni inquietanti che si nascondono sullo sfondo, dipingendo l'inizio di un'esperienza sonora molto oscura e cupa. Toni dissonanti risuonano da un piano non accordato con un riff oscuro e minaccioso. "Shenyuan" inizia con una batteria sparata al massimo: questo è vero Black Metal. La voce è aggressiva ma non è un vero e proprio scream, il suono è straziante. La tempesta di batteria è interrotta da rumori sinistri ma poi ricomincia a martellare. Come se chi sta vivendo questo incubo combatta tra la vita e la morte.
"Hailang" è una breve strumentale con rumori spaventosi in sottofondo mentre la tensione cresce sempre di più. "Cangliang" parte lenta e con voci profonde delineandosi su un set ipnotico di note per pianoforte che creano ritmiche "meccaniche". Ci sono sia urla che sussurri. Le chitarre creano un'atmosfera spaventosa.
In "Yan" è quasi come se Yáng Tāohǎi avesse trovato un momento di pace, o stesse iniziando a perdere ogni speranza. Ha un tono triste e lento con voce e piano scoraggiati.
"Ji" parte cadenzata e con voci stavolta in screaming (qui c'è un ospite: Heathen): ci sono paesaggi sonori, alcuni melodici e seducenti, altri invece freddi e pungenti. E' presente anche l'erhu (violino cinese).
"Yun Mie" potrebbe essere il punto in cui si rende conto di tutto ciò che è successo e dello stato in cui si trova. La canzone è molto oscura e piena di rabbia ma ci sono anche pianoforti, inserti atmosferici e rallentamenti.
"Zidan Kong" chiude questa esperienza da incubo. A volte ci sono pause quasi per consentire un po di riflessione e si sviluppa a strati con il piano che riprende la linea di melodia principale, finendo in chitarre brutali e dominanti.
Difficile capire cosa ha provato Laang, difficile dire se sia andato realmente nel regno dei morti ma quest'album rappresenta davvero un luogo al di là dell'inferno.