venerdì 24 agosto 2018

La Storia Di Lustmord: Dischi Registrati In Cripte, Caverne, Mattatoi

"Nello spazio nessuno può sentirti urlare" (Alien, 1979)

Ideatore del Dark Ambient, Brian Williams conosciuto anche come "Lustmord" muove i suoi primi passi nella musica ad inizio anni 80.
Secondo leggende metropolitane, Lustmord viveva in un castello o comunque in una segreta immerso nell'oscurità.
Lustmord ha sempre ribadito che si trattava solo di dicerie: si sa comunque che negli anni 90 si trasferì dalla California a Londra.
Noto, non solo per aver dato i natali al Dark Ambient, ma anche per aver registrato la sua musica in luoghi terrificanti quali cripte, mattatoi, grotte, caverne combinandoli poi con elementi rituali, tibetani e spaziali.
Lustmord è apparso per la prima volta dal vivo in 25 anni di carriera invitato durante un cerimoniale della Chiesa di Satana (The Satanic High Mass). La cerimonia si è svolta il 6 giugno 2006 (la registrazione della performance prende il nome di "Rising").
Il secondo show della sua carriera fu all'Unsound Festival di Cracovia il 22 ottobre 2010.
Poi si ricorda uno show al Södra Teatern a Stoccolma il 15 gennaio 2011, uno all' Unsound Festival di New York il 9 e 10 aprile 2011, uno nei Paesi Bassi sempre nel 2011 e poi uno show in Russia l'8 aprile 2012.


DISCHI
Nel 1984 nel più perfetto anonimato incise un indigeribile lavoro chiamato "Paradise Disowned" in cui si mischiavano il campionamento in loop, i germi gotici della New Age (una fosca tinta di gregoriano), l'Industrial più terrificante, modalità deep listening registrate in una cripta della cattedrale di Chartres e nelle cavità di Dinas Rock.
Molta della sua musica è tenebrosa, spaventosa ed oscura in certi frangenti, essa entra in simbiosi con l'elettronica e l'Ambient.
"Heresy" (1990) invece è il culmine di un lavoro svolto tra il 1987 e il 1989 utilizzando registrazioni in località sotterranee originate all'interno di cripte, caverne, miniere, rifugi profondi e catacombe insieme a materiale di origine sismica e vulcanica (basse frequenze).
Inutile cercare di studiarlo nel dettaglio, dato che "Heresy" è in realtà un’unica suite di oltre un’ora divisa in 6 episodi senza nome, che poco fanno se non cercare di suddividere in inutili spezzoni un colosso che non conosce ordine e che andrebbe vissuto senza nessun punto di riferimento, gettandosi a capofitto nell’abisso. La musica sembra evolversi su sè stessa, creandosi dal nulla.
La sensazione di malessere e di musica cupa ed oscura sarà palese già dalla prima traccia (Part I) che personalmente reputo anche la migliore della suite.
Anche la parte finire di "Part III" è davvero notevole.
Non prendiamoci un giro, sicuramente un capolavoro ma difficile da ascoltare e da assimilare (un po' come tutta la musica di Lustmord).
"The Monstrous Soul" (1992), composto da sole cinque tracce, risulta essere un viaggio tra i meandri più oscuri della psiche umana, dove saremo accompagnati da sinistri scricchiolii, voci e atmosfere sepolcrali, in un continuo esperimento sonoro.
Quando si ascolta l'epopea sonora "Primordial Atom" sembra di vagare senza meta in una foresta oscura, su cui aleggia uno scenario apocalittico.
"Protoplasmic Reversion" è una nenia mortale che cambia più volte il suo corso toccando l'animo già abbastanza provato dell'incauto ascoltatore.
"The Daathian Doorway" è semplicemente inquietante, "The Fourth And Final Key" difficile da descrivere.
Nel 1994 Lustmord maneggiò i suoni derivanti dalle sonde Voyagers: in quell'anno venne fuori "The Place Where The Black Stars Hang" ma non si trattava ancora di un'elaborazione di suoni spaziali, ma di un ateo esercizio di rappresentazione oscura di spazi cosmici.
E il lavoro è davvero ben riuscito, oscuro e allo stesso tempo spaventoso.
75 minuti di suoni elettronici e rumori che sembrano provenire chissà da quale parte dello spazio.
Il disco si apre con l'oscuro intro "Sol Om On", poi prosegue con la cupa ed opprimente "Aldebaran Of The Hyades" della durata di 24 minuti e 56 secondi.
In questa canzone sembra che da un momento all'altro stia per succedere qualcosa di brutto ma in realtà il mood della canzone rimarrà lo stesso per 25 minuti con oscurissime melodie in sottofondo.
La terza traccia "Dark Companion" è accompagnata da atmosferiche liturgiche e rituali.
"Metastatic Resonance" con oltre 25 minuti di durata è la canzone più lunga del lotto ed anche qui è difficile descriverla, se non che all'inizio sembra ci siano rumori d'acqua, forse però la track meno oscura del lotto.
Chiudi il disco l'anonima "Dog Star Descends" che fa specie di outro.
Forse la svolta cosmico-ambient è sancita l'anno dopo con "Trans Plutonian Transmissions" sotto lo pseudonimo di Arecibo, e dalle sue 6 suite spaziali, ciascuna ispirata da suoni che provengono da galassie lontane suonate con sintetizzatori.
"Purifying Fire" del 2000 è aperto da "Strange Attractor" caratterizzata da suoni spettrali in costante ed inesorabile sviluppo, finchè la paura non verrà mescolata sapientemente alla meraviglia e allo stupore con il muto arrivo di effetti sonori creando un mix di atmosfere che non possono non ricordare l'immensità della galassia, le sue luci, le sue ombre, il suo vuoto, l'incessante e perfetto movimento dei corpi celesti perpetuato da chissà quale forza.
"Deep Calls To Deep", resa viva e struggente con quei suoi sbuffi di polvere lunare e con quel contorno di suoni spiccatamente melodici ma appena accennati, nascosti da una distesa oceanica di effetti dilatati ed arcani, mentre con "Deep Calls To Dub", saprà orchestrare luci ed ombre grazie a conturbanti cori, maestosi ed agghiaccianti al tempo stesso.
Minaccia che prenderà forma con la crepuscolare ed apocalittica "Black Star": in tutti i suoi 15 minuti di lunghezza la canzone evocherà incolori paesaggi di prati morti solcati da un cielo senza futuro. Sprazzi di melodia malinconica e claustrofobica entreranno in scena con "Permafrost", che gioca col lato più emotivo dell'ascoltatore grazie all'inserimento di archi dal suono sporco.
In "Metavoid" (2001) il sound si fa nettamente più corposo, malgrado come tradizione vuole, il disco rigetti la melodia.
Emblematica in questo senso la mastodontica "The Eliminating Angel" che con i suoi 11 minuti ci trasporta al di là di quello che la normale "musica" riesce a fare. Il suono è ovattato, crea grigi spirali sonore che si intrecciano silenziosamente a sussurri spaziali.
"A Light That Is Darkness" è epica nel suo incidere accompagnata da oscure percussioni tribali.
"The Ambivalent Abyss" sembra provenire dalle viscere della terra, "Blood Deep In Dread" è accompagnata da percussioni tribali e da un'atmosfera oscura.
Un lavoro che potrebbe definire, appunto, metafisico.
Nel 2002 esce "Zoetrope" dove l'atmosfera complessiva è ammantata di cupezza totale: si susseguono richiami sinistri, il suono glaciale di gocce d'acqua, rumori provenienti direttamente dall'inferno.
Si possono citare tracce quali "The Cell", "Cellular Blur", "Descent" e il suono ipnotico di "The Harrow".
"Carbon/Core" del 2004 è un lento nascere, evolversi e dissolversi, ogni brano (prevedibilmente lungo) ha una sua forma, un suo sviluppo e soprattutto un suo contenuto.
Gli effetti, le distorsioni e le dilatazioni elettroniche sono capaci di turbare l'ascolto evocando immensi fondali marini ed oceani.
L'andamento dei brani è ovviamente privo di qualsiasi ritmica, mentre la struttura degli stessi è un vero e proprio puzzle di effetti, melodie sempre più latenti, rimbombi e sussulti metallici.
"Immersion", ossia l'opener, ha un titolo adatto alla sua portata, con quel mix di muti ronzii e di inondazioni elettroniche che si interrompono bruscamente durante il climax; "Beneath" rappresenta una grotta marina; "Born Of Cold Light", vero highlight del disco, è quasi rilassante nel suo raggelante candore, accompagnato da un muro di cori gregoriani.
"Other" esce nel 2008 pubblicato dall'americana Hydrahead.
Un album di otto composizioni che non si discosta da quanto proposto da Lustmord nei suoi precedenti lavori. La presenza di artisti quali Jones dei Tool, Buzzo dei Melvins e Turner degli Isis aggiunge solo un po' di scure chitarre post-metal sopra i toni plumbei tipici dei dischi del gallese.
Le chitarre di Adam Jones sono letteralmente agghiaccianti su "Godeater", sull'oscura "Dark Awakening", sulla conclusiva "Er Ub Us" e sulla claustrofobica "Prime [Aversion]".
Si tratta di un disco oscuro, malefico ed ultraterreno.
Nel 2013 esce "The Word As Power" che rimette Lustmord sul sentiero delle origini, sui suoi passi più evocativi. Senza perdere nulla delle sue trame crepuscolari e angoscianti, Lustmord è stato abilissimo nel non ripetersi e a creare un lavoro che stavolta ammette anche la luce, e non solo le tenebre.
Grazie all’imperante presenza di cori femminili, il disco è un lavoro più epico, in cui il male non regna più sovrano ma si scontra con il bene in una guerra tra titani. Troviamo liturgie, cerimoniali titanici svolti da antiche civiltà perdute o da civiltà aliene.
"Abbaddon", traccia simbolo del lavoro, le cui vocals sono appannaggio di Maynard James Keenan dei Tool. Un oblio di magniloquenza.
Per rendere ulteriormente l'idea sulla proposta basta ascoltare anche l'epica "Chorazin" e "Babel" che sono riproposizioni di musica tradizionale, rese però Ambient.
Poi le librerie di suoni ottenute dalla NASA e dall'osservatorio astronomico della National Radio hanno trovato compimento dopo più di vent'anni (2016) di ricerche in "Dark Matter", tre lunghi brani frutto di una prolungata raccolta di suoni spaziali (stelle, pulsar, supernove, etc) che pare smentire la credenza cinematografica che reputa lo spazio cosmico come muto: c'è del plasma interstellare che agisce, delle vibrazioni ed emissioni che producono delle genesi sonore (lavorate ovviamente).
In questo disco chiudendo gli occhi ed usando delle cuffie, si possono realmente udire rumori spaziali.
Questi suoni sembrano onde e frequenze che viaggiano nel vuoto siderale, alcuni anche difficilmente distinguibili dall’orecchio umano, seppure nel vuoto (lo si può affermare scientificamente) le onde sonore non sono trasmissibili.
Lustmord: "nel 1993, quando stavo a Londra, ho avuto l’idea di fare quest’album, ma se vivi lì, come ottieni suoni dallo Spazio? Non è semplice. Quest’idea è rimasta in piedi per un anno o due e succederà anche a te di buttare giù qualcosa su di un blocco note e poi metterlo via, dimenticarlo… quando mi sono trasferito in America ho ri-parlato di questa cosa con mia moglie, tipo come noi stiamo parlando adesso, una conversazione normale su quello che volevo fare e quello che non riuscivo a fare, e lei ha detto: “Viviamo a Los Angeles adesso, e il Jet Propulsion Laboratory è qui e probabilmente è sulla guida telefonica, quindi chiama”. Il Jet Propulsion Laboratory gestiva le registrazioni della sonda Voyager. Li ho chiamati, credo fosse il 1994, loro hanno solo chiesto il perché, io mi sono spiegato e loro mi hanno mandato dei nastri che sono stati l’inizio della mia collezione. Ci è voluto abbastanza tempo per avere abbastanza materiale con cui realizzare un album. Dieci anni, ma poi nel mezzo ero occupato con altro che era più urgente, ed ecco che ne sono passati altri dieci prima di mettermi a registrare"

Lustmord: "la difficoltà è nella raccolta di suoni dello spazio: la maggior parte è rumore, stridio, glitch, un specie di noise giapponese. Sì, potresti farci un grande album noise, ma non è quello che volevo. Insomma, semplicemente devi filtrare e rendere certi suoni meno spiacevoli"

Lustmord vuole costruire un nuovo tipo di terrore, quello della infinita piccolezza del nostro microcosmo in rapporto ad uno spazio che produce continue domande a cui non sappiamo dare risposta.
In "Subspace" risuonano fioche spie luminose che galleggiano nel vuoto cosmico; "Astronomicon" ne è l'epicentro, il crocevia di scie cosmiche che si intersecano esercitando rumori sinistri e strani voci che sembrano provenire da chissà quale zona remota dell'universo.
"Black Static" è un soffio opprimente che sembra trascinare con sé l'ombra di una forma di vita inconoscibile, un'immagine la cui statura abnorme è offuscata dagli anni luce che ce ne separano.

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