venerdì 31 marzo 2017

La Storia Del Jukebox: Dall'Ascesa Al Declino

Il Jukebox nasce nel periodo più florido del "sogno americano", in particolare nel 1927 viene prodotto il primo Jukebox che suonava su entrambi i lati 10 dischi 78 RPM (seppur i primi prototipi risalgono a fine 800).
Queste prime produzioni erano caratterizzate da grandi coperture in plastica spesso colorata.
Nel 1933, appena superato il periodo della grande depressione seguita alla crisi del ’29, la Wurlitzer presentò il suo primo apparecchio.
La Wurlitzer, così come la Rock-Ola, costruiva pianoforti automatici, funzionanti a moneta; la grande diffusione che ebbe in quegli anni la radio, mise in crisi questo settore.
Un apparecchio come il Jukebox capace di permettere la selezione dei vari dischi, sembrò una scelta vincente.
In effetti la diffusione della nuova macchina musicale ebbe dell’incredibile, dato che la Wurlitzer battè ogni record di vendita.
Infatti nel 1936 vendettero quasi 40.000 esemplari, record mai più eguagliato nella storia.
Il mercato fu subito invaso anche da altri colossi del settore, la Seeburg e la citata Rock-Ola.
Queste insieme alla Ami (maggiore costruttrice di Jukebox per l'Europa), furono le grandi case produttrici che si diedero battaglia dal 1930 al 1960 per conquistare il mercato americano del Jukebox.
Si possono citare anche la Chantal, NSM, Evans, Packard o la Mills.
Gli apparecchi prodotti in questi anni avevano il mobile in legno, e permettevano di selezionare un massimo di 12 dischi tutti rigorosamente a 78 giri.
I dischi erano disposti in una pila verticale dalla quale di volta in volta venivano estratti e suonati.
La Seeburg fu la prima, nel 1938, a produrre un Jukebox decorato con le famose plastiche illuminate. Ogni anno veniva prodotto un nuovo modello che doveva essere venduto per lo più ai noleggiatori, i quali a loro volta si occupavano di affittarlo ai gestori dei locali pubblici.
Gli apparecchi ritirati dalle città venivano "passati" ai locali minori e in seguito ritirati e demoliti.
Nel 1940 fu realizzato, per la prima volta, un Jukebox la cui sommità era ad arco.
L’idea si rivelò brillante, tanto da determinare la linea di tutti gli esemplari dei successivi dieci anni.
I vecchi apparecchi che prima della guerra venivano considerati antiquati nelle città ed erano stati venduti nelle campagne, vennero recuperati per ricavarne pezzi di ricambio; la Wurlitzer ebbe la geniale intuizione di produrre un mobile che si potesse adattare universalmente a tutti i meccanismi interni.
Fu questa operazione che le permise di fornire i locali più lussuosi di Jukebox nuovi, e che le diede quindi la spinta necessaria per il definitivo salto di qualità.
Non fu quindi difficile per i mercanti cominciare ad importarle in Italia, destinandole ai più svariati esercizi pubblici, cedendole in affitto o comodato d’uso e ricavandone guadagni.
La loro peculiarità era nel riprodurre a pagamento, in locali grandi e piccoli, la musica che andava di moda, coinvolgendo un pubblico assolutamente eterogeneo, dai teenager amanti del Rock N'Roll di Elvis Presley agli appassionati di musica melodica, ai “single” a caccia dell’anima gemella.
Infatti con una moneta da 50 lire nella gettoniera si poteva ascoltare una canzone a tutto volume, ma con 100 lire si passava a tre canzoni, avendo a disposizione dieci minuti di tempo per conoscere meglio il partner che veniva invitato a ballare!
In seguito 1 canzone 100 lire, poi 200 lire e così via.
Le canzoni si sceglievano tra quelle presenti nell’archivio del Jukebox, rappresentato sempre da 24, 50 o (in seguito) 100 dischi in vinile a 45 giri.
Il gestore del locale doveva poi aggiornare i dischi in base alla hit-parade settimanale trasmessa dalla radio, pena la perdita dei clienti e dei relativi incassi.
Negli anni 50 fu portata a compimento la più grande campagna pubblicitaria mai ideata per una macchina a moneta.
Il messaggio pubblicitario fu talmente forte che la fornitura di un locale poteva cambiare drasticamente se non si possedeva il 1015.
Riviste e giornali pubblicavano intere pagine con fotografie di giovani attorno a questa macchina, furono prodotti anche gadget raffiguranti il mitico gioiello.
Lo sforzo fatto dai ricercatori in questo periodo portò in breve tempo alla scoperta del vinile, sul quale, grazie al microsolco, poteva essere incisa un’intera canzone, esso veniva fatto girare a 45 giri con una maggiore fedeltà di suono.
Nel 1948 la Seeburg, sempre all’avanguardia per la tecnologia, aveva presentato il modello M100A, che consentiva la scelta tra 100 dischi contro i 24 dei Jukebox convenzionali.
In pochi mesi la Seeburg produsse l’M100B che utilizzava 50 dischi da 45 giri incisi su entrambi i lati.
Il primo modello della Wurlitzer in grado di contrastare i predominio dei nuovi Seeburg venne commercializzato a partire dal 1952, con tre anni di ritardo.
Negli anni 60 con l'inizio delle avventure aerospaziali la AMi propose il modello 200 Continental dal design fantascentifico.
La cartelliera futuristica assomiglia ad un Radar, la vetrina semisferica simile ad un oblò spaziale e la stella sulla griglia altoparlanti lo rendono unico e inconfondibile.
L'evoluzione continua sino agli anni 70, quando la Seeburg produsse l'ESTD 3 Sunstar nel 1976.
Dal design moderno il Sunstar si evidenziava per il particolare gioco di luci frontale a forma appunto di disco, conosciuto con il nome "stella solare".
La brillantezza dei vetri colorati ne faceva un modello unico, essendo anche costruito totalmente con un robusto materiale plastico.
La tastiera numerica a 10 tasti e l'indicatore del brano scelto ne faceva una macchina sonora di nuova generazione.
Poi, comunque, con l’avvento delle prime radio private, che trasmettevano musica 24 ore su 24, e la forte tassazione che veniva attuata dallo Stato per chi riproduceva musica in pubblico, nacquero i primi problemi. 
Il Jukebox imboccò a fine anni ’70 una parabola discendente senza fine, fino a scomparire dal mercato alla fine degli anni ’80 e negli anni 90. 
Ora la Mec System produce e distribuisce ancora Jukebox digitali con tanto di USB integrata ma questa è tutta un'altra storia.

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