venerdì 22 agosto 2014

La Storia Dei Nirvana e Il Suicidio Di Kurt Cobain

I Nirvana sono stati forse la band  più rappresentativa del movimento Grunge, per quanto band come Alice In Chains e Pearl Jam erano indubbiamente più varie e tecniche.
In pochi anni e con una manciata di album all’attivo, sono riusciti a imporsi come la vera leggenda della scena di Seattle, riuscendo a interpretare l’umore di un’intera generazione e trasformando l’alternative rock in un fenomeno di massa. Il suicidio del loro leader, Kurt Cobain, ha certamente alimentato il mito, ma l’impatto della musica dei Nirvana sugli anni ’90 è indiscutibile.
Il loro nome, a detta di Cobain, significava "liberazione dalla sofferenza/dolore".


STORIA E PRIMI DISCHI
Inspirandosi ai Melvins, Kurt Cobain (vocalist e chitarra), Chris Novoselic (basso) e Chad Channing (batteria) formano i Nirvana e iniziano a suonare usando proprio la strumentazione di seconda mano dei Melvins.
Come detto sono una delle band principali della scena di Seattle del tempo.
Dopo aver pubblicato il 45 giri "Love Buzz/Big Cheese" per l'etichetta simbolo della scena cittadina, la Sub Pop Records, i Nirvana esordiscono a 33 giri con Bleach (1989).
Cobain si rivela subito l’anima del gruppo.
Le sue capacità compositive emergono da pezzi come "About A Girl", una ballata che preannuncia l'esistenzialismo e la vena desolata del suo stile, ma anche da prototipi Grunge come "School", "Blew" e "Love Buzz" che fissano subito i parametri del sound Nirvana degli anni a venire.
Il disco e la successiva tournée garantiscono alla band un buon successo e la incoraggiano a proseguire, malgrado già affiorino i problemi di salute psico-fisica del suo leader.
Ingaggiato alla batteria Dave Grohl (Warren, Ohio), il trio firma con la major Geffen e, nel settembre 1991, pubblica Nevermind. Prodotto da Butch Vig e mixato da Andy Wallace, è un disco destinato a entrare di diritto nei classici di sempre.
Pochi album, nella storia del Rock, hanno infatti saputo incarnare con la stessa intensità gli umori e le ansie di un'intera generazione. Eppure Kurt Cobain, a registrazioni ultimate, non era molto soddisfatto.
Non perdonava a Gary Gersh e a Andy Wallace, rispettivamente discografico e produttore, di aver voluto mettere le mani sul materiale, accentuandone dinamica e profondità.
La peculiarità dei Nirvana è di saper associare al sarcasmo nichilista del punk un talento melodico sconosciuto a gran parte delle formazioni che emergono nello stesso periodo.
E poi ci sono i testi: una perfetta fusione fra musica e vita, in grado di creare una simbiosi mitica fra artista e pubblico che tocca il suo apice in "Smell Like Teen Spirit", il grido rabbioso che apre l'opera e rimarrà negli annali a simboleggiare lo spirito, apatico e sarcastico, di un'intera generazione.
Rinunciando in parte alla durezza del precedente "Bleach", Cobain dà sfogo ai suoi demoni in una serie di ballate nevrotiche, che ricordano da vicino quelle del suo grande maestro, Neil Young.
Ascoltare per credere pezzi come "Lithium" e "On A Plain", che donano al disco un tormentato vigore.
Ma a conquistare il pubblico sono anche l'autobiografica "Come As You Are", il lamento acustico di "Polly", il canto moribondo di "Something In The Way".
L'album (più di 20 milioni di copie vendute, contro le 30mila dell'esordio) diventerà uno dei maggiori successi discografici di tutti i tempi, senza alienare tuttavia ai Nirvana le simpatie delle frange più "dure e pure" del loro pubblico. E la musica di Seattle porta alla luce un'altra America, popolata di giovani disadattati e inquieti che, da underground, assurgono improvvisamente a fenomeni di costume.
Per approfondire sulla copertina: I Nirvana e La Diatriba Con Spencer Elden: La Copertina Di Nevermind
Il 25 novembre 1991 la band venne invitata a Top Of The Pops, all'epoca in quella trasmissione ci si esibiva con la base pre-registrata e la voce reale. I Nirvana non ottennero eccezioni alla regola: Kurt Cobain e soci avrebbero dovuto esibirsi in quel modo, i musicisti avrebbero semplicemente mimato le basi strumentali della canzone e solo Kurt avrebbe avuto la possibilità di inserire qualcosa di autentico nella performance. Quel giorno i Nirvana, salirono sul palco di Top Of The Pops e Kurt Cobain finse in maniera plateale di suonare la chitarra, rendendo esplicito fin da subito che quella sarebbe stata una finta performance. A confermarlo è Kris Novoselic, il bassista, che subito inizia a far girare il basso sulla testa come se di suonarlo non ne avesse alcuna intenzione. Nel frattempo Dave Grohl, sullo sfondo, picchia sulla batteria come se stesse suonando una canzone tutta sua, teso a disturbare il più possibile l’effetto finale, visivo e sonoro. Poi Kurt Cobain si avvicina al microfono e inizia a cantare: una voce gutturale viene fuori dalla sua bocca. Kurt resta immobile davanti al microfono, canta come se stesse interpretando una ballata romantica. In seguito apre la bocca fino a farci entrare dentro il microfono, giusto per trasmettere suoni ancora più bassi. E per tutta la performance resta in quel personaggio, tirato e annoiato, il modo più plateale di esprimere la disapprovazione per quel tipo di performance, che evidentemente considerava uno svilimento della loro stessa natura.
Come ciliegina sulla torta, anche il testo del brano venne modificato: le parole originali "Load up your guns / Bring your friends" ("carica le armi, porta i tuoi amici") diventano "Load up on drugs / Kill your friends" ("Datti alle droghe / Uccidi i tuoi amici"), un messaggio che certamente sarebbe stato rifiutato dalla produzione se fosse stato annunciato in anticipo.
Nel dicembre 1992 la Geffen pubblica Incesticide, raccolta di rarità registrate alla BBC, singoli inediti su album e versioni alternative con Sliver che ha un discreto successo.


I LITIGI CON AXLROSE, I PROBLEMI CON RAPE ME ED IN UTERO: GLI ULTIMI ANNI
Nel 1992 i Nirvana si esibiscono agli MTV Video Music Awards.
Durante le prime prove, Cobain annuncia che durante la trasmissione il gruppo avrebbe suonato una nuova canzone e i Nirvana iniziarono a provare Rape Me.
I dirigenti di MTV sono scioccati dalla canzone, credendo che il testo si riferisse a loro.
Pur di non permettere la messa in onda di "Rape Me", i dirigenti di MTV minacciano di escludere i Nirvana dal programma e di non trasmettere più i loro video musicali.
Dopo una serie di accese discussioni, il gruppo decise di suonare "Lithium", l'ultimo singolo.
All'inizio dell'esibizione, Cobain simula le prime note di "Rape Me", prima di iniziare "Lithium".
Verso la fine della canzone, irritato per la rottura del suo amplificatore, Novoselic decide di lanciare il basso in aria. Tuttavia, sbaglia la misura del lancio e il basso cade sulla sua fronte, facendolo cadere dal palco.
Mentre Cobain distrugge la strumentazione del gruppo, Grohl corre alla telecamera e inizia a urlare ripetutamente Hi, Axl! Where's Axl?, riferendosi al cantante dei Guns N' Roses Axl Rose, con il quale avevano avuto un litigio prima dello show.
Il tutto nasce dal "camping" dello show, dove alloggiavano le star.
Cobain riferì: "Eravamo qui fuori e abbiamo visto passare Axl, così Courtney. tenendo in braccio Frances ha detto: "Axl vorresti essere il padrino di nostra figlia?"
Axl mi puntò il dito contro, in modo molto aggressivo (mimando il gesto) e poi mi disse di far star zitta la mia "puttana" mentre gli altri Guns tra cui Duff McKagan in particolar modo circondarono Novoselic per picchiarlo".
Poi, nel settembre del 1993, dopo una serie di speculazioni sullo stato di salute di Cobain, esce In Utero. Il disco viene inciso in due sole settimane.
È una miscela di canzoni rabbiose e desolate ("Rape Me" che nel riff iniziale fa il verso a "Smells Like Teen Spirit", "Serve The Servants", "Pennyroyal Tea" e, soprattutto, "All Apologies") e di esagitate esplosioni rumoristiche al limite della cacofonia ("Scentless Apprentice", "Frances Farmer Will Have Her Revenge On Seattle", "Milk It" e l'autoironica "Radio Friendly Unit Shifter").
L’album riflette soprattutto l’odissea personale di Cobain, sposatosi nel frattempo con Courtney Love delle Hole. E’ la testimonianza di un cupo, inguaribile senso di impotenza e fatalismo.
Su Mtv i Nirvana ripropongono, in un’affascinante chiave acustica, molti dei loro successi, incidendo il fortunatissimo Unplugged in New York.
Testimonianza di un concerto del novembre 1993, l’album svela l’anima sofferente delle canzoni di Cobain. Spogliati degli orpelli hard-rock, i brani dei Nirvana si rivelano struggenti confessioni di un incurabile disagio esistenziale.
Un’atmosfera di tragedia imminente pervade le rivisitazioni di "Pennyroyal Tea", "All Apologies", "Come As You Are" e "About A Girl".
Ma a dare nerbo al disco sono anche alcune cover come "The Man Who Sold The World" di David Bowie, "Lake Of Fire" e "Oh Me" dei Meat Puppets e una straziante versione del classico di Leadbelly "Where Did You Sleep Last Night".
Il quartetto decise di non suonare le proprie hit più famose, con l'eccezione di "All Apologies" e "Come As You Are".
In seguito, Grohl dichiarerà: "Sapevamo di non voler fare una versione acustica di Teen Spirit...sarebbe stato incredibilmente stupido".
Ma il successo comunque raggiunto dall'Unplugged non servirà a guarire il biondo idolo di Seattle.


IL SUICIDIO DI COBAIN
Come prima di lui Jimi Hendrix e Jim Morrison, anche Kurt Cobain porterà ad estreme conseguenze la sua autodistruzione. Nell'ultimo periodo della sua vita Cobain durante i concerti era un automa, un fantoccio inanimato, che non cambiava mai posizione nell’ora scarsa in cui cercava di suonare: statico sulla chitarra, sempre fuori-tempo, mentre gli altri due, Kris Novoselic e Dave Grohl, provavano a fare il loro mestiere.
E alla fine di quel breve pianto, una sensazione cattiva, premonitrice forse, si intuiva che Kurt aveva pian piano iniziato a dirci addio.
Nelle prime settimane del 1994, i Nirvana iniziano un nuovo tour europeo, che viene però sospeso dopo che il 1º marzo a Monaco di Baviera a Cobain furono diagnosticate una bronchite e una forte laringite.
Per questo motivo il concerto del 2 marzo, che si dovrebbe tenere proprio a Monaco, viene cancellato.
A Roma, la mattina del 4 marzo, Courtney Love trova il marito privo di coscienza nella propria camera d'albergo. Il cantante dei Nirvana viene immediatamente trasportato all'ospedale, dove si scopre che l'incoscienza era il risultato di una combinazione di Rohypnol, medicina che gli era stata prescritta, e alcolici. Tutte le rimanenti date del tour vengono cancellate, incluse alcune nel Regno Unito.
Nelle settimane successive, Cobain ricade nella dipendenza dall'eroina, acconsentendo a seguire un programma di riabilitazione in un centro specializzato.
Dopo meno di una settimana passata nel centro, Cobain salta il muro di cinta e torna a Seattle in aereo.
Una settimana dopo, l'8 aprile 1994, Cobain viene trovato morto nella sua casa di Seattle infatti il leader dei Nirvana si toglie la vita con un colpo di fucile, consacrandosi per sempre al culto dei fan.
I Nirvana si sciolgono immediatamente: game over.
Nel suo messaggio d’addio, un epitaffio: "It’s better to burn out than to fade away" "meglio bruciarsi che spegnersi lentamente".
E’ un verso di "My my, hey hey", la canzone del suo maestro Neil Young.
Un anno dopo, il cantautore canadese renderà omaggio alla memoria del suo discepolo dedicandogli "Sleep With Angels".


SUICIDIO O è STATO UCCISO?
Qualche ora dopo, migliaia di fan sono già in fila, una veglia silenziosa nel grigio mattino di Seattle.
E mentre la polizia compie il suo lavoro ed emana il suo verdetto: suicidio, avvenuto tre giorni prima, il 5 aprile il mondo si chiede "perché?". Courtney Love, la moglie di Cobain, cerca di consolare i fan all'esterno della villa. A qualcuno regala i vestiti del marito.
Centinaia di giornalisti lasciano la sede della Boeing, dove è in corso la presentazione di un nuovo gigante dei cieli e si dirigono verso la villa. Tra questi, Richard Lee, 31 anni.


LA TEORIA DI RICHARD LEE
Che dopo una settimana pubblica un articolo: "Chi ha ucciso Kurt Cobain?".
La teoria, se così si può definirla, che Richard Lee porterà avanti nel corso degli anni parte da un fatto non verificabile.
Lee sostiene di aver visionato delle immagini del ritrovamento del cadavere, girate da un fan appostato all'esterno della casa, dalle quali emergerebbe l'incongruenza tra la modalità del suicidio un colpo di fucile alla testa e la scarsa quantità di sangue presente intorno al corpo di Cobain.
Le smentite arrivano subito: esperti di balistica replicano che nel caso di un colpo esploso nella cavità orale, il sangue non fuoriesce in grandi quantità.
Ma Lee va avanti. Diventando il capofila di chi ritiene che il cantante dei Nirvana sia stato assassinato.


LA TEORIA DELL'INVESTIGATORE TOM GRANT
Al secondo posto di questa lista c'è Tom Grant, professione investigatore privato.
Il 25 marzo 1994, in casa Cobain, si tiene una riunione.
Viene suggerito al musicista il ricovero in una clinica per disintossicarsi dall'eroina.
Tutti d'accordo. Il ricordo dell'incidente di Roma è ancora vivo.
 Il 30 marzo Cobain arriva al centro di riabilitazione Exodus di Marina del Rey, Los Angeles.
Vi resta 24 ore. Il giorno seguente, dopo la visita della figlia, fugge, prende un aereo e torna a Seattle.
Ma fa perdere le proprie tracce. Courtney Love ingaggia Grant.
Gli chiede di ritrovare il marito e blocca le carte di credito. Grant inizia la sua caccia. Inutile.
Nei giorni fino all'8 aprile la polizia e gli amici di Kurt visitano più volte la sua casa.
Ma di Cobain nessuna traccia, fino al ritrovamento del cadavere. Nessuno guarda in quella stanza sopra al garage. E Grant non si da pace. Continua le sue indagini. È convinto che qualcosa non torni.
Fa domande agli amici della rockstar. E stila una lista di "contraddizioni" che escluderebbero il suicidio.
La prima: la quantità di eroina presente nel sangue di Cobain al momento della morte è tre volte superiore alla dose letale.
Il leader dei Nirvana non avrebbe avuto neanche la forza di accendersi una sigaretta, figuriamoci di imbracciare un fucile. La seconda: proprio sul Remington M-11 non ci sono tracce chiare di impronte digitali. Come se qualcuno avesse cercato, in modo maldestro, di cancellarle.
La terza: la Suicide Note, la lettera d'addio, sembra scritta da due mani diverse.
Pressione sulla carta, grafia, parole utilizzate. Il commiato finale non sarebbe stato scritto da Cobain.
La quarta: nei giorni successivi al cinque aprile qualcuno avrebbe cercato di utilizzare le carte di credito.


LA TEORIA DI NICK BROOMFIELD
A proporre una ricostruzione è Nick Broomfield, nel suo documentario "Kurt and Courtney", 1998.
Broomfield concentra la sua indagine sulle "mosse" di Courtney Love nei giorni precedenti e successivi al 5 aprile 1994.
In sintesi, la teoria proposta è: i due sono vicini al divorzio.
La Love teme di essere diseredata.
E ingaggia un ex musicista di Los Angeles El Duce per uccidere Cobain in cambio di 50mila dollari.
È lo stesso El Duce che afferma questa versione dei fatti.
Ovviamente senza fornire nessuna prova.
Le polemiche dopo l'uscita del documentario partono subito.
Ma è lo stesso Broomfield a fermarle: "Credo che Cobain si sia suicidato.
E penso che ci sia un solo modo per spiegare la sua morte. La mancanza di cura nei suoi confronti.
Anche dalle persone che gli erano più vicine".
Una linea condivisa dalla maggioranza delle persone che hanno frequentato Cobain nei suoi ultimi mesi. L'abisso di una solitudine senza via d'uscita come quella "osservata" da Gus Van Sant in The Last Days  acuita dall'essere permanentemente sotto i riflettori, dall'uso di eroina.
Da Dave Ghrol al padre di Cobain. Tutti danno una spiegazione simile.


I libri fondamentali:




L'ULTIMA INTERVISTA
«Ho sempre pensato che avrei ucciso me stesso prima di uccidere chiunque altro».
È spaventoso, cupo e profetico ciò che disse Kurt Cobain a Jon Savage in quella che è la sua intervista testamento, la confessione a cuore aperto prima di chiudere per sempre l’anima e premere il grilletto.
«A scuola ero così antisociale da diventare quasi pazzo».
Notte fonda, luglio 1993.
Lui, l’antidivo cantante dei Nirvana e di una generazione di rockettari che spazzarono via tutto, anche loro stessi.
L’altro, il giornalista scrittore simbolo del punk rock.
«Troppo pulito, non ascolto quel tipo di album(In Utero) a casa», confessa qui Cobain.
«Dopo averlo registrato Kurt non credeva rappresentasse il suono della band», dice oggi Dave Grohl, che è l’unico vero sopravvissuto musicale del trio visto che ha avuto un successo straripante pure con i Foo Fighters.
E l’altro Nirvana, ossia Krist Novoselic, che ha lentamente sostituito la musica con la politica, conferma di aver impiegato vent’anni per accettare che invece «era un grande disco».
Kurt Cobain come abbiamo visto non ha avuto tempo di ragionarci su, visto che nel 1994 si sparò.
Ma aveva iniziato a morire molto prima, prima ancora di accorgersi che Smells Like Teen Spirit fosse diventato un inno generazionale o che Vanity Fair definisse crudelmente lui e sua moglie Courtney Love come i nuovi «Sid e Nancy» (Sid Vicious era il bassista dei Sex Pistols morto da una overdose nel ’79).
«Dopo il divorzio dei miei genitori sono diventato asociale. Volevo disperatamente una famiglia classica. Madre. Padre».
In un paesetto piccolo così e per di più misogino come Aberdeen, Kurt Cobain implode prima di esplodere come rockstar. Nonostante avesse ascoltato Led Zeppelin e Aerosmith, realizzò che «avevano troppo a che fare con il sesso e mi annoiavano». Si innamorò del punk di Black Flag e Flipper, suoni drastici, testi nichilisti. Era un punk, Cobain, nell’epoca dei Guns N’Roses, ossia musicalmente ai margini.
«Ho persino pensato di essere gay e che quella poteva essere la soluzione ai miei problemi»: e difatti nel brano All Apologies, proprio da In Utero, canta quel «Tutti sono gay» che tirò giù il muro dell’omofobia anche nel rock. Non riuscì mai a capire fino in fondo quanto il verso fosse stato importante. Era appena germogliato con i Nirvana: il successo mondiale gli seccò le radici.
«Quando tornai a casa (dopo il tour di Nevermind), un mio amico fece una compilation dei servizi di Mtv e delle tv locali su di noi, era terrorizzante, mi spaventò».
Poi nacque Frances Bean (oggi ha 21 anni) e «decisi di uscire dal mio guscio e accettare la fama», disse quella notte a Jon Savage. Macché.
Era demolito da un mal di stomaco psicosomatico che lo trafiggeva «proprio dove nasce la mia voce». Allora decise che «avrei potuto assumere una sostanza che uccideva quel dolore».
«Mi sono iniettato eroina per circa un anno», ammise poco dopo, tra una critica al produttore Steve Albini, una ad Axl Rose e un’altra alla polizia che aveva appena sequestrato armi nella casa: «Una cazzata totale». Ma non era solo Steve Albini a sentir male la sua voce.
Neanche Kurt Cobain riusciva a decifrarla: «È come se la gente non mi credesse, come se fossi un bugiardo patologico» Il giorno dopo l’intervista andò in overdose.
Di nuovo a Roma a marzo. Il 5 aprile, bang.
Un bang silenzioso, se ne accorsero tre giorni dopo.


LA LETTERA D'ADDIO
"Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere uno snervante bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere piuttosto semplice da capire.
Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, intendo dire, l’etica dell’indipendenza e di abbracciare la vostra comunità si sono rivelati esatti. Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento il maniacale urlo della folla cominciare, non ha nessun effetto su di me, non è come era per Freddie Mercury, a lui la folla lo inebriava, ne ritraeva energia e io l’ho sempre invidiato per questo, ma per me non è così. Il fatto è che io non posso imbrogliarvi, nessuno di voi.
Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei.
Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%.
A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco.
Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo (e l’apprezzo, Dio mi sia testimone che l’apprezzo, ma non è abbastanza).
Ho apprezzato il fatto che io e gli altri siamo riusciti a colpire e intrattenere tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più.
Io sono troppo sensibile.
Ho bisogno di essere un po’ stordito per ritrovare l’entusiasmo che avevo da bambino.
Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fan della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e penso che io amo troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste.
Il piccolo triste, sensibile, ingrato, pezzo dell’uomo Gesù!
Perché non ti diverti e basta? Non lo so.
Ho una moglie divina che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda troppo di quando ero come lei, pieno di amore e gioia.
Bacia tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male.
E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali.
Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me.
Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici.
Penso sia solo perché io amo troppo e mi rammarico troppo per la gente.
Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e l’appoggio che mi avete dato negli anni passati.
Io sono troppo un bambino incostante, lunatico!
E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.
Pace, amore, empatia.
Kurt Cobain. Frances e Courtney, io sarò al vostro altare. Ti prego, Courtney, continua così, per Frances.
Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.
VI AMO. VI AMO.


INEDITI E BEST OF
Neanche Kurt Cobain sfuggirà purtroppo all'immancabile operazione commerciale post-mortem, che porterà alla "riesumazione" del suo ultimo brano prima del suicidio, "You Know You're Right", allo scopo di vendere qualche copia in più dell'antologia Greatest Hits (tredici classici della formazione di Seattle). E su altri presunti 109 brani inediti, nascosti in qualche cassaforte, è già iniziata la battaglia legale tra Courtney Love, Krist Novoselic e Dave Grohl. "Capisci, ci sono un sacco di soldi di mezzo", ha ammesso la Love. Ma è solo l'ennesimo litigio sulle briciole dei defunti nella storia del Rock.


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