venerdì 22 dicembre 2017

La Storia Dei Satyricon: Dal Black Metal Ai Tempi Moderni

I Satyricon si formarono nel 1990 in Norvegia, ad Oslo (Eczema) per la precisione.
Il frontman è Satyr (voce, chitarra, tastiere e basso; vero nome Sigurd Wongraven), poi ci sono Vargen (Joakim Jensen), PrimeEvil (Steinar Henriksen), Morfar Blodtann (Anders Ørjebu) e Lord Deadmeat (Gøran Basso).
Quest'ultimo viene sostituito entro la fine dell'anno da un nuovo bassista: Wargod (Vegard Blomberg).
Malgrado ciò, i due membri stabili della band sono sempre stati Satyr e Frost (Kjetil Haraldstad), che nel 1992 andò a sostituire ExHurtum alla batteria.
Satyr, da piccolo, chiese ai suoi genitori di ritirarlo dalle lezioni di religione a scuola.
Nel 1992 fondò l'etichetta Moonfog Records


I PRIMI TRE CAPOLAVORI
Sia come sia, dopo aver prodotto un paio di demo (tra cui "All Evil") l'esordio discografico arriva nel 1993.
Dicevo di Exhurtum: venne espulso dalla band perché "preferiva uscire con la sua ragazza, piuttosto che andare in giro a buttare giù lapidi insieme alla band".

"I am spirit 
I am stone 
and I am immortal" 

Il disco d'esordio "Dark Medieval Times" uscito nel 1994 guadagna subito recensioni di spessore e denuncia tutta la fascinazione del gruppo per il Medioevo e per la contaminazione fra metallo estremo, chitarre acustiche e flauti.
Fu il primo vagito della creatura licenziato dalla Moonfog di proprietà dello stesso Satyr.
Un Black Metal solo all’apparenza scarno e minimale, poichè la tecnica esecutiva dei nostri iniziava a dare i suoi frutti (il drumming di Frost in particolare), spezzato da parentesi di musica medievale suggestiva creata dalla chitarra acustica, dai flauti e dalle profonde tastiere.
Peccato solo per la produzione (opera dello stesso Satyr) abbastanza approssimativa, d’altronde all’epoca era naturale preferire un mood fangoso per preservare l’alone diabolico e l’attitudine incorrotta che il Black doveva comunicare.
“Walk The Path Of Sorrow” (introdotta da un gelido vento) e la titletrack, vedono l'alternarsi di lunghe sfuriate bestiali del Black mitigate da lunghi inserti di ambient medievale profondo ed eroico.
“Skyggedans” e “Taakeslottet” sono invece i brani se vogliamo, più canonici, dove l’anima estrema del gruppo si esprime nello screaming disturbante di Satyr, nei riff ricorsivi e vorticosi e nel drumming totalitario.
“Min Hyllest Til Vinterland”, “The Dark Castle In The Deep Forest” e “Into The Mighty Forest” sono canzoni grezze ma allo stesso tempo ispirate, ma incredibilmente emotivi esempi di Black epico, dove i ritmi si dilatano leggermente e lasciano spazio alle ariose aperture delle tastiere, della chitarra acustica e degli strumenti a fiato, che tessono passaggi grandiosi, ma al tempo stesso malinconici e sobri.
L'anno successivo esce "The Shadowthrone" (1994), in questo disco i Satyricon sono affiancati da Samoth degli Emperor.
Ad aprire le ostilità è "Hviste Krists Dod" ed il suo urlo terrificante che dà il via all’oscuro viaggio.
"In The Mist By The Hills" si mette in mostra anche per le ossessive, ma intriganti linee di basso, che contribuiscono a creare un sottofondo ripetitivo e, appunto, ossessivo, quasi una cantilena, intonata con la consueta malvagità dal frontman della band.
Più veloce è invece la magnifica "Woods To Eternity", a sua volta però nobilitata da tastiere che arricchiscono la proposta musicale dei Satyricon.
"Vikingland", altro masterpiece del gruppo, gioca sul contrasto fra lo scream del singer ed un lugubre, ripetitivo coro, caratterizzandosi inoltre per improvvisi cambi di ritmo dettati tanto dalla chitarra, quanto dalla batteria. "Dominions Of Satyricon" si fa notare per la varietà di soluzioni, portate avanti abilmente dai musicisti, oltre che per la sua lugubre, ma al tempo stesso maestosa atmosfera.
"The King Of The Shadowthrone", ennesima perla, presenta addirittura una chitarra acustica verso la fine, che creano una conclusione di eccezione per un brano che anche nelle parti più pesanti offre il meglio di quanto i Satyricon ci possano regalare.
A chiudere, le tastiere di "I En Svart Kiste": oscure, lugubri, raggelanti.
Nel 1996 arriva "Nemesis Divina", forse il disco per antonomasia dei Satyricon.
Tanto per intenderci parliamo dell'epoca d'oro del Black Metal, l'epoca in cui Satyr poteva permettersi di dire "non ho tempo da perdere per rispondere alle lettere dei fans" (come dirà in un'intervista a Metalion).
Satyr, tra l'altro, ebbe anche una serie di incontri con Euronymous che gli mandò una lettera prima di essere assassinato da Burzum nel 1993.
Il chitarrista "Kveldulv", citato nei crediti, è Nocturno Culto dei Darkthrone.
Il disco incorpora tutto quello che poteva essere etichettato "True Black Metal" in quegli anni e qualche lieve tocco di novità, soprattutto nella produzione (meno grezza rispetto alle canoniche usanze dell'epoca).
Ulteriore elemento da non tralasciare sono le tastiere, utilizzate più per dare respiro alle canzoni che per creare atmosfere catacombali o particolarmente opprimenti.
Si inizia con "The Dawn Of A New Age", un gran pezzo che rappresenta un degno incipit per questo capolavoro.
Indimenticabili le sfuriate della batteria di Frost, in stacchi con velocità al fulmicotone.
La canzone inizia con la storica frase: "This is Armageddon!".
"Forhekset" e "Mother North" da sole valgono l'intero disco.
La prima parte con un arpeggio che si sviluppa progressivamente fino ad arrivare all’apoteosi finale con uno stupendo up-tempo dove piano e chitarra si intrecciano.
La seconda è un perfetto misto di parti sparate e più lente, riflessive, a tratti Doom.
Leggendario ed imponente il riff che sorregge la composizione.
Per questa canzone viene girato un celebre e controverso videoclip, censurato in molti paesi.
I Satyricon fanno interpretare ad una ragazzina biondissima e mezza-nuda la parte della Madre Nord, tra uno spezzone e l'altro alcune scene imperdibili: Frost che mangia il fuoco e lo sputa su una croce di legno capovolta facendola incendiare e Satyr che ne approfitta per leccare la ragazza.
Tornando all'album segue quindi "Du Som Hater Gud", brano in classico stile Satyricon, arricchito con quell'atmosfera misantropica che contraddistingue la band. Pochi riff ben costruiti e strutturati, supportati dalle ritmiche serrate di Frost, e un finale abbellito dall'utilizzo di un pianoforte tanto elementare quanto azzeccato. Si passa a "Immortality Passion", altro pezzo incredibilmente bello, e dalla sconvolgente lunghezza di oltre 8 minuti.
Poi è la volta della title-track, dove la voce di Satyr esprime bene il concetto con tutta la cattiveria possibile.
Si chiude quindi con la strumentale "Trascendental Requiem Of Slaves".


LA PARENTESI STORM
Gli Storm nacquero nel 1993 grazie ad un'intuizione di Satyr (dei Satyricon appunto), Fenriz (batterista dei Darkthrone) e Kari Rueslatten.
"Oppi Fjellet" fu duramente criticata dai media e dalla stessa vocalist Kari Rueslatten per il suo carattere anticristiano e nazionalista.

"Riesci a vederlo? Guarda quel bastardo cristiano: picchialo. E se mai dovessi sentire odore di sangue cristiano sulle montagne, allora prendi la tua ascia e falli a pezzi"

Satyr e la cantante Kari entrarono in conflitto tra di loro, in quanto a dire di quest'ultima era stata ingannata riguardo la vera natura della band, nata con chiari intenti anticristiani, nazionalisti e di estrema destra (Satyr e Fenriz però si sono sempre tirati fuori da queste accuse).


IL CAMBIO DI GENERE
Gli anni successivi della band saranno un calare senza fine, partendo da "Rebel Extravaganza" (1999), che tenta nuove strade sonore e che vede Satyr fare praticamente tutto (eccezion fatta per la batteria di Frost).
"Filthgrinder" e "Tied In Bronze Chains" si lasciano ascoltare comunque.
Il disco successivo ("Volcano", 2002) viene subissato da critiche, non solo per la proposta musicale ma anche perchè è il primo disco dei Satyricon ad essere distribuito da una major discografica (Capitol Records).
"Black Lava" e "With Ravenous Hunger" gli episodi migliori.
La band, dopo aver abbracciato il Black'N'Roll con spruzzate di Punk quà e là si trascina negli anni successivi con pochi alti e tantissimi bassi.
Una sventura per la band capita nel 2006 quando due chitarristi vengono arrestati a Toronto, in Canada, per aver drogato e (secondo le accuse) violentato una donna dopo uno spettacolo al Fun Haus.
La donna affermò di essere stata con AO Gronbech e Steinar Gundersen nel loro tourbus, ma alla fine si è svegliata da qualche altra parte ed è stata aggredita sessualmente.
I due chitarristi sono stati arrestati e gli è stato prelevato un campione di DNA.
Le rimanenti date con i 3 Inches Of Blood vennero cancellate.
Tornando alla musica nello stesso anno esce "Now, Diabolical" per Roadrunner, nel disco si può citare la titletrack e "The Pentagram Burns".
Il periodo così così della band prosegue anche nei due successivi: "The Age Of Nero" del 2008 e "Satyricon" nel 2013 con la particolarissima "Phoenix" (in cui fa la comparsa anche una voce clean).

Frost: "Basta guardare la band oggi sul palco per capire che il face painting non sarebbe più adeguato. Per i pagliacci è fondamentale, ma molte band lo usano a prescindere e non è una cosa che apprezzo. Molte band lo usano per convenzione, perché fa parte del gioco, come se fosse qualcosa che la gente si aspetta. Ma il Black Metal con è fatto di convenzioni. Quando facciamo qualcosa, quando scegli uno stile per quello che fai, dovrebbe essere fatto perché hai avuto un illuminazione, perché vuoi esprimere qualcosa ed era proprio quello che facevamo quando usavamo il corpse painting; fondamentalmente è lo stesso approccio che utilizziamo adesso usando un make up molto più grigio e sfumato, che aderisce meglio alle stile dei brani di oggi.
Il look che hai, quello che porti sul palco deve essere coerente con la musica che stai proponendo. La musica è al centro di tutto e tutto il resto dovrebbe dare qualcosa in più allo show in fatto di forza. Sarebbe stato sbagliato e assurdo continuare ad usare il corpse painting, perché non ha niente a che fare con la musica. Continuare ad utilizzarlo perché lo abbiamo fatto in passato o perché viene considerato una convenzione, sarebbe totalmente contro l’idea generale della band. Per farti un esempio, uso il corpse painting nei 1349 ma perché è parte di ciò che la band vuole esprimere ed aggiunge veramente qualcosa alla performance. Con i Satyricon oggi sarebbe totalmente sbagliato"

Nel 2015 esce anche un live chiamato: "Live At The Opera", che vede la band coinvolta sul palco con un coro di matrice operistica.

Frost: "Vent'anni fa la nostra preoccupazione principale era trovare i soldi per pubblicare un disco e tirare a campare, quindi sicuramente non avremmo potuto ingaggiare un coro da opera lirica! 
Detto questo, fin dall'inizio eravamo molto ambiziosi, e ci chiedevamo dove avremmo potuto portare la nostra musica. Poter registrare con un coro dal vivo, ha reso più epica la musica che comunque era già epica. Non abbiamo cambiato le nostre canzoni per poterle suonare con il coro: è il coro che si è adattato a noi, per creare qualcosa di memorabile, rendere ancora più complete le nostre canzoni di vent'anni fa"
"Deep Called Upon Deep" a dire di Satyr nasce in un fienile.
La band avrebbe voluto registrarlo proprio lì, anche se poi si sono scelti i più tradizionali studi di registrazione.

Frost: "L’idea ci è venuta perché volevamo che l’album suonasse spoglio; che avesse un sound nudo, naturale. Di fatto, suona quasi come un demo. Abbiamo lavorato lì e avremmo davvero voluto registrare in quel fienile, ci avevamo anche portato un sacco di strumentazioni ma poi ci siamo resi conto che sarebbe stato troppo complicato. Così, abbiamo optato per uno studio più professionale"

domenica 10 dicembre 2017

Il Primo Disco Black Metal Composto Da Un Computer: Coditany Of Timeness (Dadabots)

L'intento dei Dadabots (band di Boston) è quello di fare musica attraverso un computer o almeno questa è stata l'idea di Zack Kukowski e CJ Carr, i due fondatori del progetto.
Sono loro, infatti, gli ideatori del primo disco Black Metal realizzato interamente da un computer.

"Usiamo un'architettura SampleRNN modificata per generare musica in generi quali Black Metal e Math Metal.A differenza dei modelli MIDI e simbolici, SampleRNN genera audio raw nel dominio del tempo.
Questo requisito diventa sempre più importante negli stili di musica moderna. Le lunghe composizioni con transizioni rapide tra le sezioni sono possibili aumentando la profondità della rete oltre il numero utilizzato per i set dei dati vocali. Siamo lieti dei peculiari artefatti caratteristici della sintesi neurale. "

L’album è stato intitolato "Coditany Of Timeness".
La band ha utilizzato un algoritmo a rete neurale con alcuni “spezzoni” del terzo disco Black Metal ("Diotoma" uscito nel 2011) della band americana Krallice, poi ha fatto tutto il computer, che ne ha studiato e assimilato i meccanismi.
Ogni brano è stato suddiviso in piccole porzioni che sono state poi date in pasto a una rete neurale, alla quale è stato poi chiesto di scegliere quale poteva essere un eventuale segmento successivo "sensato".
In caso di risposta positiva la rete rinforzava i passaggi che avevano portato a quella scelta, un po’ come quando il nostro cervello rende più salde le connessioni tra i neuroni quando impariamo qualcosa di nuovo.

Carr e Kukowski hanno spiegato il progetto in questi termini:
"All’inizio l’IA generava solo suoni casuali, musica rumorosa e grottesca"
Sono stati necessari tre anni di correzioni, per scrivere un intero EP.
Persino i titolo dell’album e dei singoli brani (ad esempio "Timension", "Wisdom Trippin" ed "Energiveness"), oltre all’artwork in copertina, sono stati realizzati dal computer tramite la catena di Marcov.
Si parla di 5 milioni di tentativi in tre giorni, ciò ha permesso all'algoritmo di comprendere come un brano Black Metal funzioni in termini di sound e struttura.
I pezzi contengono tutti i cliché giusti del genere, dalle intro d'atmosfera alle accelerazioni con doppia cassa e chitarre a "zanzara" oltre ad un'atmosfera molto fredda ed oscura.
Al termine degli esperimenti verrà, poi, pubblicato un saggio da titolato "Generating Death Metal And Math Rock" in occasione del  Machine Learning For Creativity And Design Workshop che avrà luogo a Long Beach, in California.

mercoledì 6 dicembre 2017

La Storia Dei Joy Division e Il Suicidio Di Ian Curtis

"In questo istante vorrei essere morto. Non riesco più a lottare"

Nella storia del Rock e del Punk quello dei Joy Division è un capitolo a parte, intriso di oscurità.
La storia di Ian Curtis inizia a Macclesfield, poco lontano da Manchester, il 15 luglio 1956.
Da ragazzino si divertiva a entrare nelle case delle signore anziane per portare via più farmaci possibili: voleva provarne gli effetti allucinogeni.
La storia dei Joy Division inizia il 4 giugno 1976: dopo un concerto dei Sex Pistols decide con alcuni amici di formare una band.
Il nome deriva da quello dato nei lager alle prigioniere destinate all’intrattenimento sessuale degli ufficiali nazisti.
Nel 1977 in occasione di un concerto all’Electric Circus Ian presentò la canzone "At A Later Date" urlando "You all forgot Rudolf Hess", al quale sembra essere invece dedicato il brano "Warsaw" in cui viene ripetuto continuamente il numero di matricola di prigionia del "delfino di Hitler".
Il primo mini-album ("An Ideal For Living")con quattro brani esce nel maggio del 1978.
Colpisce il suono della band, con sezione ritmica in evidenza, chitarre ridotte al minimo, sintetizzatori, e su tutto la voce baritonale di Curtis.
Più o meno gli stessi elementi del primo disco, "Unknown Pleasures", pubblicato l’anno successivo: 38 minuti, 10 canzoni, in copertina le pulsazioni di luce di una stella appena scoperta e nient’altro, neppure il nome della band.
Troviamo grandi canzoni quali: "She’s Lost Control", "Shadowplay" e "Disorder".
Questo disco cambierà la vita di molte persone: ad esempio i Cure ne trarranno ispirazione per i giri di basso dei loro brani più famosi, da "A Forest" in poi.
Ma non è solo il personaggio di Curtis a trascinare i Joy Division: la batteria tribale di Stephen Morris, le ipnotiche linee di basso di Peter Hook e la glaciale chitarra di Bernard Sumner si amalgamano alla perfezione fra di loro, creando un tappeto musicale che dire oscuro è poco.
La musica dei Joy Division assume una sua identità precisa e riconoscibilissima, completamente innovativa rispetto alle band a loro contemporanee.
I Joy Division diventano così fra i primi esponenti di un genere che verrà definito Post-Punk.
Appena uscito, Unknown Pleasures viene acclamato dalla critica, seppur non registrando altrettanto successo sul mercato.


IL TRADIMENTO DELLA MOGLIE
Durante il tour europeo per pubblicizzare il disco, Curtis conosce e inizia una relazione extraconiugale con una fotografa belga, Annik Honorè.
Ian, insieme agli altri membri della band, aveva studiato un modo infallibile per vincere la noia durante i lunghi trasferimenti sul bus per le date dei tour: mostrare il culo dai finestrini alle auto di passaggio.
La sua tormentata vicenda sentimentale con la belga Annik Honoré, che tanto ferì sua moglie Deborah, era un sintomo di vitalità e di struggimento: "Sono terrorizzata perché crede davvero a quello che canta".


LA DEPRESSIONE E IL TENTATO SUICIDIO
La canzone simbolo dei Joy Division divenne l’ormai leggendaria "Love Will Tear Us Apart" registrata nel marzo 1980.
Ian Curtis già da un po' di tempo soffriva di epilessia fotosensibile.
Questa malattia era diventata per lui un peso insostenibile, e fu per questo che, intorno ai vent’anni, iniziò a soffrire anche di depressione cronica.
Spesso durante le esibizioni live il cantante veniva colpito da crisi epilettiche, si contorceva sul palco, soffrendo; ma il pubblico pensava fosse parte dello show non capendo il dolore che provava.
Ian Curtis con il passare del tempo ricorre sempre più spesso agli psicofarmaci, un paio di volte esagera con le dosi e finisce in ospedale.
Il 7 aprile 1980 tenta il suicidio con i barbiturici; sopravvive, ma nessuno sembra cogliere il segnale di una crisi già gravissima.


IL TOUR MAI INIZIATO E LA MORTE
Intanto l’interesse per i Joy Division cresce sempre di più: il secondo album è pronto, il manager organizza un tour che dovrebbe aprire ai quattro le porte del mercato americano.
La partenza è fissata per il 19 maggio, ma all’alba del giorno prima Curtis si suicida.
Più precisamente, Ian aveva appena litigato con la moglie (derivante probabilmente dal tradimento scoperto con la Honoré).
Lei non vuole ritirare la domanda di divorzio.
Ian la manda via, è notte tarda.
Il cantante decide di guardare "La ballata di Stroszek", ed è ormai quasi mattina.
Si alza e mette sul giradischi “The Idiot” di Iggy Pop, ascolta e ascolta.
Poi va in cucina.
Deborah Curtis torna a casa del giovane marito verso mezzogiorno e lo trova impiccato ad una rastrelliera della cucina.
Curtis muore suicida a soli 23 anni.

Polizia: "Ci dispiace informarla che Ian Curtis si è tolto la vita la scorsa notte. Stiamo tentando di metterci in contatto con Rob Gretton. Se lo sente, potrebbe chiedergli di chiamarci, per favore?"

Peter Hook (bassista della band) "Va bene, e poi mi sono sentito stordito. Lo sono rimasto per giorni, a dire il vero, come se mi si fosse pietrificato il cervello"
"Closer" esce comunque due mesi dopo: è un disco desolato, rarefatto, oscuro, spettrale.
L’autore non ne era soddisfatto (in una lettera da poco ritrovata lo definirà «un disastro»), eppure il suo testamento sarà proprio quell’album bianco con una foto scattata nel cimitero monumentale di Staglieno a Genova.
Dopo il suicidio di Ian Curtis, gli altri membri dei Joy Division decidono di combattere lo shock sciogliendo la band e ripartendo da zero.
Il 29 luglio 1980 tengono il primo concerto a Manchester.
Il loro manager, Rob Gretton gli conferisce il nome di New Order.
Appena Ian Curtis entra nel paradiso degli eroi Rock, gli U2 gli dedicano "A Day Without Me", primo singolo dal loro album di esordio, poi arriveranno gli omaggi di Radiohead e tanti altri.
A ricordarlo sulla terra, una lapide a Macclesfield.
Qualcuno la rubò, qualche anno fa (nel 2008); ora ce n’è una uguale, con un verso della sua canzone più famosa: Love Will Tear Us Apart" (l’amore ci farà a pezzi).