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lunedì 25 agosto 2014

I Pink Floyd, Le Droghe Psichedeliche e La Pazzia Di Syd Barrett

Roger Barrett, soprannominato Syd, è stato tra i fondatori della band inglese Pink Floyd, considerata tra le principali esponenti della psichedelia. Il soprannome Syd gli venne dato in un locale jazz che Barrett frequentava in gioventù, per distinguerlo da un altro avventore abituale, un anziano di nome Sid Barrett; gli altri frequentatori del locale cominciarono a chiamare entrambi Sid, trasformando la "i" in "y" nel caso di Roger. La sua militanza attiva nel gruppo è durata solo tre anni, dal 1965 al 1968, quando manifestò una grave forma di disagio psichico che lo costrinse a lasciare le scene e a trascorrere il resto della vita in modo ritirato. Penultimo di cinque fratelli, crebbe in un ambiente domestico amorevole a Cambridge. Viene descritto dalla sorella Rosemary come un bambino irrequieto, che gridava tutto il tempo, fino al giorno in cui imparò a disegnare, diventando più tranquillo. Suo padre Max era un medico che dedicò la sua vita al lavoro e la sua morte prematura nel 1961, rappresentò di sicuro un evento traumatico per Syd.


PRIMO ALBUM, L'ABUSO DI LSD E LA PAZZIA
Syd era molto creativo e, oltre a dipingere, iniziò a strimpellare brani Blues con la chitarra acustica, focalizzando la sua attenzione più sul suono che sulla melodia.
Terminati gli studi primari, si iscrisse alla London’s Camberwell School Of Art, dove la sua figura eccentrica e misteriosa conquistò l’attenzione dei compagni e dei professori.
In questo periodo entrò in contatto con Roger Waters (ex compagno di liceo), Nick Mason e Richard Wright, dando vita ai futuri Pink Floyd.
Sin dai primi anni, Syd rappresenta l’ideale di vita hippy degli anni ’60, accostandosi abbastanza rapidamente alle droghe psichedeliche che, in futuro, decreteranno la sua fine.
I ragazzi abbandonarono ben presto gli studi accademici per dedicarsi solo alla musica e dopo un paio d’anni di gavetta firmarono un contratto con la EMI, imponendosi nel panorama avanguardistico e psichedelico underground londinese.
Registrarono negli studi di Abbey Road il loro primo album The Piper At The Gates Of Dawn, che fu un successo, ma rappresentò l’inizio dei problemi per l’artista.
Ad inizio carriera il repertorio dei Floyd era formato da pezzi blues riarrangiati e resi irriconoscibili dalle lunghe improvvisazioni, di cui Barrett era specialista.
Per la scelta del nome della band prese spunto dai suoi due bluesman preferiti: Pink Anderson e Floyd Council. Tutti i brani erano composti da lui, tranne "Take Up Thy Stethoscope And Walk", di Roger Waters. Il primo singolo, "Arnold Layne", ebbe un enorme successo, anche se alcune radio si rifiutarono di trasmetterlo per via del testo, il cui protagonista aveva come caratteristica l'hobby di collezionare vestiti da donna, tema non di certo usuale negli anni 60.
Il disco è aperto dalla psichedelica "Astronomy Domine".
Si ricordano sperimentazioni sonore come in "Interstellar Overdrive" e pezzi bizzarri quali "The Scarecrow". Le canzoni vanno dai 3 minuti scarsi a 4 minuti con l'eccezione di "Interstellar Overdrive".
Durante i concerti della band, Barrett era in grado di ipnotizzare il pubblico, come ricorda Pete Brown:

"Syd Barrett faceva un incredibile lavoro sul palco. Era estremamente poetico e potevi quasi dire che prendeva vita in quegli spettacoli di luce, "light shows": una creatura dell'immaginazione.
I suoi movimenti parevano orchestrati per armonizzarsi con le luci e sembrava un'estensione naturale, l'elemento umano, di quelle immagini liquide"

Il locale che portò la band al successo fu l'UFO, dove i Pink Floyd riuscivano evidentemente a esprimersi al meglio; qui cominciarono a sperimentare il loro "Light Show", che divenne un elemento fondamentale delle esibizioni live, facendo da perfetta cornice alla loro musica.
Con un ritmo frenetico, mentre lavoravano al primo album, uscì il secondo singolo, "See Emily Play", che superò come successo il singolo precedente.
Come molti artisti di quel decennio, anche Syd  fu vittima dell’abuso di LSD.
In quegli anni ci fu un boom di consumo di tale sostanza, con una sottovalutazione delle possibili conseguenze.
In pochi sanno che per un periodo l’LSD fu utilizzato anche in ambito psichiatrico, come amplificatore della psicoterapia, in pazienti affetti da disturbi nevrotici e della personalità, per via del suo effetto di potenziare le percezioni e le capacità associative.
Il suo uso venne poi prontamente smesso in quanto tra gli effetti collaterali vi è la comparsa di stati psicotici.
Gli acidi in quel periodo erano inoltre più potenti di quelli di oggi e un trip poteva comportare l’assunzione fino a 250 microgrammi di sostanza.
Le biografie riportano come Syd fosse un grandissimo consumatore di LSD e a questo si aggiungeva il consumo di marijuana, alcol e metaqualone (il famoso Mandrax).
Le testimonianze dei colleghi di Syd evidenziano un quadro psichico davvero preoccupante, che ricorda una psicosi esogena con sintomi confusionali.


GLI EFFETTI DELLA PAZZIA, L'USCITA DAI PINK FLOYD E L'ENTRATA DI DAVID GIMOUR (1968)
Per June Bolan, i campanelli d'allarme iniziarono quando Syd tenne prigioniera in camera la sua ragazza per 3 giorni, lasciando occasionalmente scivolare sotto la porta una porzione di biscotti.
Secondo il critico Jonathan Meades, in un'occasione fu compiuto un atto di crudeltà verso Barrett, da parte dei groupies.
Secondo il racconto "Raggiunsi l'appartamento di Barrett per vedere Harry, e sentii questo gran fracasso, come tubi del riscaldamento che vibrano.
Io dissi "Cosa sta succedendo?". Lui ridacchiò e mi rispose "Questo è Syd che sta avendo un brutto trip. L'abbiamo messo nell'armadio".
Sempre Storm Thorgerson racconta dell'umore estremamente incostante di Syd, dicendo che spesso doveva tirarlo via da Lynsey (la sua ragazza), perché smettesse di colpirla in testa con un mandolino.
Il cantante degli UFO Joe Boyd racconta ad esempio nel 1967 che Syd "mi guardava in modo assente. Non c’era un guizzo o una luce nei suoi occhi. Come se non ci fosse nessuno in casa".
Anche sul palco mostrava comportamenti inadeguati, come nel tour americano del 1967, quando suonò con la chitarra completamente scordata e si presentò sul palco dopo essersi versato un intero barattolo di gel per capelli, che si scioglieva come cera sotto le luci di scena.
Il disorientamento spazio-temporale lo portò a salutare un discografico a Los Angeles dicendo di essere contento di trovarsi a Las Vegas. Uno degli innumerevoli aneddoti riguarda l'ultima sessione di pratica a cui egli partecipò. Syd presentò ai suoi compagni una nuova canzone, intitolata "Have You Got It, Yet?". Inizialmente il brano sembrava semplice ma mentre lo provavano, Barrett cominciò a cambiare l'arrangiamento.
Per oltre un'ora Syd continuò a modificare la traccia, a suonarla con i nuovi cambiamenti, e a esclamare "Have you got it, yet?" (L'avete capita, adesso?); fin quando gli altri capirono che si trattava solo dell'ennesimo sfogo del bizzarro umorismo di Barrett.
Successivamente, per rafforzare il successo della prima raccolta, fu pubblicato un singolo con un altro brano di Barrett, "Apples and Oranges", che non compariva in "Piper". Un ulteriore singolo, "Scream thy last scream", sempre di Barrett, già completato, fu giudicato eccessivamente bizzarro dalla casa discografica, che rinunciò alla pubblicazione. Analoga sorte toccò a "Vegetable Man".
Durante la realizzazione del successivo "A Saucerful Of Secrets" (1968), Barrett era ormai l'ombra di se stesso e l'unica sua canzone presente nell'album è "Jugband Blues", che suona quasi come un imminente addio. Nella primavera del 1968 Roger Waters tentò senza successo di portare Syd dallo psichiatra R.D. Laing ed in quell’anno il chitarrista venne escluso dalla band e rimpiazzato da David Gilmour. L'album, nonostante i problemi, ottiene un buon successo.
"Let There Be More Light" è già diversa dal suono classico di Syd Barrett.
Roger Waters influisce sulle sonorità della band, iniettando una forte dose di melodia.
Ottime "Set The Controls For The Heart To The Sun" e la lunga titletrack, "Corporal Clegg" è più simile agli esordi, "See-Saw" è una ballata con archi e tastiere.


UNA NUOVA VITA PER SYD
Dopo aver vissuto senza fissa dimora per circa due anni, Syd fece ritorno nella città natale dove venne ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Fulbourne, da cui fu poi seguito ambulatorialmente.
Negli anni successivi non venne mai curato contro la propria volontà ed assunse in certi periodi di maggiore agitazione il neurolettico clorpromazina.
Risale a quel periodo la registrazione, con l’aiuto degli ex compagni della band, dei due album solisti dell’artista "The Madcap Laughs" (1970) e "Barrett" (1971).
Riprese col tempo a dipingere e ad ascoltare musica.
Dipingeva con una grande varietà di stili: paesaggi, quadri astratti, nature morte, studi di luce, esercizi sui colori. Sembrava un tipo di attività autoterapeutica, senza un particolare interesse ad esibire le proprie opere. Era infatti solito distruggere i quadri dopo averli dipinti, come se l’interesse fosse più concentrato sul processo creativo che sull’opera finita.
In seguito trascorrerà un periodo in una residenza psichiatrica a Greenwoods nell’Essex, da cui poi fuggì per tornare a vivere con la madre e la sorella, a cui era legatissimo.
Venne anche ipotizzato che Syd soffrisse della Sindrome di Asperger, un disturbo dello spettro autistico, caratterizzato soprattutto dalla compromissione del funzionamento sociale e relazionale.
Le persone affette da questa malattia possono presentare assenza di empatia, di consapevolezza di sé e possono sviluppare disturbi psichiatrici secondari nell’adolescenza e nell’età adulta.
Questa seconda fase della vita di Syd fu caratterizzata dall’estremo ritiro sociale e dalla forte limitazione nelle relazioni con gli altri, se si escludono alcuni negozianti e il proprio medico di base, che visitava spesso. L’altra ipotesi diagnostica, forse più probabile, è un disturbo dello spettro schizofrenico, a cui i Pink Floyd dedicarono successivamente l’intero album "The Wall" (1979), che descrive la tragedia personale ed il progressivo isolamento sociale della rock-star Pink, alter-ego di Roger Waters (Pellizza, 2007). L’uso massiccio di LSD può aumentare l’insorgenza di psicosi schizofreniformi in soggetti predisposti, cioè con una vulnerabilità congenita.

Da possedere tutti, libri fondamentali:
 


LAVORI SOLISTI DI SYD
La sua voce torna a farsi sentire quattro anni dopo la pubblicazione di "The Piper Of The Gates Of Dawn".
I discografici credono ancora molto in lui e hanno fede in una sua carriera solista.
Nel 1970 escono i suoi unici due album, dischi assolutamente strani e con qualche perla.
Il primo ha un titolo che quasi fa pensare alla triste presa di coscienza della sua malattia mentale e lo fa nel suo stile fanciullesco attingendo ad Alice nel paese delle meraviglie: "The Madcap Laughs" (ovvero "Il Cappellaio matto piange").
Disco molto grezzo per quanto riguarda la produzione.
Decisamente grezzo, tra grossolani errori e brani non completamente sviluppati.
E decisamente assurdo.
Il secondo album è intitolato semplicemente "Barrett"ed è prodotto decisamente meglio dal suo vecchio amico David Gilmour, che compare anche come musicista assieme a Roger Waters e Rick Wright. E’ l’ultimo capolavoro della mente di un pazzo, e viaggia tra tematiche d’amore e di dolore interiore, condite con l’innocenza della voce del suo autore.
E’ un album totalmente altalenante senza nessun filo logico con le canzoni che sorprendono l’ascoltatore che non può mai predire lo stile del brano successivo.
Segue semplicemente lo stato d’animo instabile del suo autore.
Il trittico iniziale è spiazzante: "Baby Lemonade", "Love Song" e "Dominoes", tre gemme che si stagliano al vertice della produzione barrettiana.
Tre canzoni d'amore, atmosfere in continuo mutare, ora acustiche, un attimo dopo pervase di un'elettricità appena accennata.
"It Is Obvious", recita la traccia successiva, ma di ovvio non v'è davvero nulla: il canto di Barrett è stralunato, i versi cominciano a perdere definitivamente la via della ragione, la melodia si fa altalenante. E' il ponte che ci conduce verso la parentesi più folle del disco: i due strampalati pezzi Blues "Rats" e "Maisie", seppur costruiti su un tessuto ritmico tanto trito e ritrito quanto caro a Barrett, brillano di luce propria per la loro stranezza, la loro diversità dal resto dell'album. Se in "Rats", l'incedere è ossessivo, "Maisie" è più riflessiva.
Giunge poi il momento di "Gigolo Aunt" caratterizzata da un basso incalzante, sul quale vanno a inserirsi efficaci ricami di chitarra elettrica e organo, strappa più di un sorriso per il testo bizzarro e ironico ("Perché so chi sei, sei una zia gigolo").
Leggenda vuole che esse siano il prodotto di un Barrett perennemente sconvolto e tenuto in piedi dai session men che lo accompagnavano.
Tuttavia convinti di una sua brillante e duratura carriera come solista, i manager fanno pressione su Syd per una nuova avventura in quel di Abbey Road, dalla quale trarre un altro disco di successo.
"Ho solo 24 anni, sono ancora giovane, c'è tempo" sosteneva Barrett, manifestando una certa ritrosia a ritornare in studio a lavorare.
In effetti le sessioni di registrazione del suo primo lavoro solista erano state tutt'altro che una passeggiata: 
"Prendeva continuamente Mandrax. Era così sconvolto che durante quelle sedute la sua mano scivolava sulle corde, mentre lui cadeva dalla sedia" ricorda Storm Thorgerson, amico d'infanzia di Syd, nonché celebre autore di copertine rock per lo studio Hipgnosis.

"Non penso che quando parlo sia facile comprendermi. Ho qualcosa che non va in testa. 
E comunque non sono nulla di ciò che pensate io sia" 


LE DEDICHE DEI PINK FLOYD NEGLI ALBUM SUCCESSIVI
Senza Syd, i Pink Floyd cominciarono progressivamente a cambiare il loro stile, divenendo più assoli "oriented" e dirigendosi sempre più verso il Progressive Rock ma non perdendo mai memoria del loro amico, sia dal vivo sia in studio. E ogni volta che decidono di pubblicare un lavoro si rifaranno a lui, al suo genio, alla sua malattia, ai suoi problemi con la droga, alla sua totale assenza.
In "More" del 1969 troviamo forse il pezzo più duro mai composto dal gruppo, ovvero "The Nile Song" con un Gilmour sugli scudi con la sua chitarra. "Crying Song" presenta un malinconico assolo elettrico in puro stile Gilmour. Lo strumentale "Up The Khyber" ricorda "A Saucerful Of Secrets".
Da citare la bella ballad "Cymbaline", davvero atipica per i Floyd e la cavalcata "Set The Controls For The Heart Of The Sun". "More Blues" è un lento Blues notturno interrotto da rumori molesti che portano alla notturna "Quicksilver", all'intermezzo "A Spanish Piece" che anticipa l'epilogo della breve "Dramatic Theme".
Nello stesso anno esce "Ummagumma" un doppio album con brani inediti e una facciata dal vivo.
Ad aprire le danze d'inediti è Richard Wright con l'oscura "Sysyphus", suddivisa in 4 suite: Part 1 / Part 2 / Part 3 / Part 4. Protagonista è Sisifo, personaggio mitologico che aveva avuto il coraggio di farsi beffe di Tanato (della morte) e poi condannato da Zeus a spingere per l’eternità un masso verso la cima di una montagna dalla quale la pietra sarebbe perennemente rotolata verso la base. Wright combina avanguardia, Jazz e psichedelia.
"Grantchester Meadows" è affare di Roger Waters ed è introdotto da rumori Ambient (uccelli) per quello che è un tranquillo pezzo Folk con chitarra acustica.
"Several Species Of Small Furry Animals Gathered Together In A Cave And Grooving With A Pict" tra animali e strani rumori e versi vede un Waters delirante per quella che non è una vera e propria canzone.
"The Narrow Way" è introdotta da chitarre acustiche, prima di sperimentazioni, suoni oscuri e vocals che si sentono nella parte finale.
Anche "The Grand Vizier’s Garden Party" è suddiviso in 3 parti e vede il batterista Nick Mason protagonista.
Nel 1970 esce l'iconico "Atom Heart Mother" con una mucca in copertina e fu uno dei primi dischi della EMI a non riportare il nome della band. Ad ergere su tutto l'album la mastodontica suite "Atom Heart Mother" così strutturata: "Father's Shout" (corni, rombo di un motore, cavalli al galoppo, esplosioni e rombo di una moto, violino e dopo dalla chitarra elettrica), "Breast Milky" (caratterizzata dal duetto organo/violoncello con tanto di cori), "Mother Fore" (con influenze Jazz) e "Funky Dung" (più psichedelica), "Mind Your Throats Please" (che riprende l'armonia portante e troviamo anche il piano), "Remergence" (il finale che riprende un po' tutta la canzone).
Pezzo leggendario, soprattutto la parte iniziale sino ai cori (rimasta nella storia della musica, anche se all'epoca non fu capita e gli stessi Pink Floyd non hanno mai amato questa canzone, suonandola poche volte dal vivo). Il lato B inizia con la Folk "If", composta da Roger Waters, dove bellissimi arpeggi di chitarra acustica ti portano in un bosco.
Segue "Summer '68" e predominano le tastiere di Wright per un sound molto anni 60.
"Fat Old Sun" vede un Gilmour che dimostra il suo estro chitarristico, questo pezzo sorreggerà la band nei 2 anni successivi in tour.
Chiude l’album la stupenda strumentale "Alan's Psychedelic Breakfast" divisa in tre parti unite tra loro da dialoghi e strani effetti sonori con bellissime parti di tastiere e chitarra. L'album forse è poco omogeneo e sembra che i pezzi provengano da periodi diversi ma sicuramente ci sono canzoni rimaste nella storia della band.
Nel 1971 esce "Meddle" introdotta dalla bellissima "One Of These Days" divenuta uno dei titoli simbolo del Floyd-Sound, seguono le belle atmosfere di "A Pillow Of Winds", le schitarrate acustiche di "Fearless", la tranquilla e con influenze Blues "St. Tropez" e la strana e canina "Seamus".
Il lato B contiene la meravigliosa "Echoes": una lunga ed emozionante suite dove c'è di tutto dentro: grandissime parti di chitarra (assoli compresi), di basso e batteria.
Mason e Gilmour ricordano che i suoni alieni prodotti dalla chitarra nella fase più "sperimentale" di "Echoes" furono generati per caso inserendo al contrario i cavi nei processori di eco e riverbero.
"Echoes" ha i suoi momenti migliori proprio nei passaggi strumentali più ricercati. Di questo pezzo si ricorda anche una sensazionale esibizione a Pompei.
"Obscured By Clouds" esce nel 1972 si tratta di un disco Rock con influenze Prog e Psichedeliche che anticiperà i successivi attraverso le strumentali "When You're in" e "Obscured by Clouds" che daranno il là a "Time" e "Money" o le chitarre Gilmour 100% e le tastiere di "Mudmen" a "The Great Gig In The Sky". "Free Four" si ricollega più al passato e a qualche influenza Beatles dei primi anni ma mantiene una certa commercialità di fondo. Parentesi dal sapore bucolico con "Burning Bridges", "Wot’s...Uh The Deal" e "Stay", pezzi più aggressivi quali "The Gold It’s In The" e la bellissima "Childhood’s End" (che anticipa i ticchettii di "Time" e "Shine On You Crazy Diamond"). La chiusa è affidata alla strumentale "Absolutely Courtains".
Il capolavoro che consegna la band alla leggenda arriva nel 1973 con "The Dark Side Of The Moon" che parla dell’alienazione e della pazzia. La pazzia nella quale era sprofondato Syd.
La grandezza del disco risiede nel contesto della musica dell'epoca, vista la rivoluzione che l'album portò. Padrone incontrastato di questa "rivoluzione del suono" è Roger Waters.
Waters, Gilmour, Mason e Wright, orfani del genio anarchico e stralunatissimo di Syd Barrett, arrivano all'apice delle loro sperimentazioni con questo disco.
Cosa dire del bellissimo assolo di sax di "Money" e delle sue ritmiche? Di "Speak To Me" e "On The Run", perfette nel rendere lo stato di ansia del nostro protagonista, riuscendo a fondere, tra rumori e soluzioni sonore d'avanguardia, momenti di alto contenuto sonoro.
Su "Time" assoluto protagonista è Gilmour con il suo funambolico assolo (a parere di chi scrive, live, la canzone è ancora più bella).
La prima parte del disco si completa con una elegia alla pazzia "The Great Gig In The Sky", dominata da Richard Wright.
"Us And Them" s'incastra alla perfezione nel sound dell'album: prima delicata con il sax, poi rabbiosa nelle vocals, poi tragica nella parte finale con assoli e sax. La strumentale "Any Colour You Like" introduce uno dei brani più toccanti del disco, "Brain Damage", pezzo sulla follia che richiama inevitabilmente alla mente la tragica storia dell’ex-componente del gruppo Syd Barrett.
Intimamente legato a questa è l’ultima canzone dell’album "Eclipse" che si chiude con un cuore che batte.
"E se il gruppo in cui suoni comincia a suonare melodie diverse, ci rivedremo sul lato oscuro della luna"

"Wish You Were Here" del 1975 che succede a Dark Side, parla di di non-presenza, dell’essere in un posto senza esserci, dell'assenza mentale.
Durante il periodo di produzione del disco, per l'esattezza nella fase di presentazione dell'album ad amici e parenti, negli studi storici di Abbey Road, si presentò uno strano personaggio, completamente calvo, grasso e con le sopracciglia rasate, con in mano una busta della spesa, che si aggirava tra i presenti completamente allibiti.
Il primo a riconoscere Syd Barrett in quella figura ormai deturpata dagli abusi della gioventù fu proprio l'elemento che di Barrett aveva preso il posto, ossia David Gilmour.
Barrett chiese "Bene, quand'è che registro la mia parte di chitarra?".
Ma trovò solo il rifiuto da parte dello stesso Waters che gli rispose: "Mi dispiace, Syd, ma le parti di chitarra sono state già tutte completate".
A quanto pare, Waters non riusci neanche a forzarsi a compiacere Barrett premendo il pulsante di registrazione e quindi cancellando, in un secondo tempo, la sua parte dal master definitivo.
O magari fu tutta la band ad opporsi.
La versione della vicenda raccontata da Heylin però stride fortemente con le testimonianze raccolte da John Edginton, il regista del documentario.
Tutti i membri della band, anche se tra costanti vuoti di memoria e "non ricordo", dichiarano che anche a causa della giovane età (intorno ai 21 anni, all'epoca dei fatti) non avrebbero potuto o saputo fare di più e lui era una scheggia impazzita.
Gilmour sostiene anche: "Eravamo così impegnati in quella fase della nostra carriera che, sì è vero, lo abbiamo abbandonato". Waters e Mason tentarono di farlo visitare da R. D Laing, l'antipsichiatra per eccellenza in quel periodo, ma Syd non oltrepassò mai l'uscio del suo studio.
Così come si percepisce la sincerità di Waters (nella lunga intervista di 55 minuti) quando giustifica l'allontanamento dalla band di Barrett: "Syd non era più funzionale a una Rock band perché stava perdendo il contatto con la realtà". Quando poi il regista Edginton sostiene che la forza lirica di Waters ha avuto due poli di attrazione (la perdita del padre e la perdita di Syd), risponde commosso:

"L'amicizia d'infanzia e la sua malattia combinate insieme hanno scatenato in me un grande dolore. Shine On You Crazy Diamond esprime la delusione e la passione, celebra Syd nel suo talento e nella sua umanità: esprime tutto l'amore che ho verso di lui"

I compagni lo invitarono in regia ad ascoltare il prodotto della sua assenza.
Dopo aver ascoltato i brani, Barrett disse, sorridendo: "Mi sembra un po' datato, che ne dite?", e uscì così come era arrivato, lasciando Waters e compagni inebetiti e con le lacrime agli occhi.
Parlando di musica invece, l'album si apre e si chiude con le due parti di "Shine On You Crazy Diamond" (splendi pazzo diamante), dichiaratamente dedicate a Syd.
In realtà, anche se non esplicitamente dichiarato, tutto l’album può essere un lungo e continuo pensiero a Syd. "Welcome To The Machine" parla di un ragazzo con sogni di fama; è un chitarrista con una personalità fanciullesca, che ama i giocattoli e che viveva nelle tubature.
"Have A Cigar" parla di un gruppo ai primi contatti con una grossa casa discografica ed il testo è incentrato sul discorso fatto dal manager; il gruppo in questione sono proprio i Pink Floyd, che hanno avuto i primi contatti con la EMI assieme a Syd.
La celeberrima ballad "Wish You Were Here" invece è il ricordo di un uomo che pensa ad una persona cara ormai lontana, un amico di vecchia data che ha percorso la sua stessa strada (essere un musicista) e ha trovato le sue stesse paure e adesso vorrebbe che fosse là con lui a scrivere canzoni.
Roger Waters durante un concerto a Toronto nel tour del 1976 sputò addosso ad uno spettatore nelle prime file.
Nel 1977 esce il decimo album in studio: "Animals" (si vede un maiale volare sopra la centrale elettrica londinese Battersea Power Station). Fu l'ultimo disco con il tastierista Richard Wright poi allontanato da Waters (pezzi e vocals sono interamente i suoi). L’album suona più o meno Prog, ma l’universo sonoro sognante e spaziale viene abbandonato per quello che è a tutti gli effetti un attacco alla politica inglese dell'epoca. Il disgusto di Roger Waters per come va il mondo ha qualcosa di profetico: la sua divisione dell’umanità in tre specie animali (cani, maiali e pecore) si addice al degrado politico, morale, sociale, sanitario, territoriale, meteorologico, linguistico.
Il disco è come noto costituito da 3 lunghe composizioni (tra i 10 e 17 minuti) e da un intro ed outro, dedicate agli animali succitati con riferimenti metaforici.
"Dogs" sono i rappresentati della legge: rampanti, aggressivi, avidi.
"Pigs", i maiali, sono i politici: ipocriti, doppiogiochisti, vili, benpensanti, finti progressivi, finti laici, freddi, statici, razzisti. "Sheep" ovvero le pecore sono gli ignavi e sottomessi, vili e remissivi, ovvero il popolo. "Dogs" è a firma di David Gilmour per quanto riguarda le musiche. Resta un momento magico del repertorio floydiano l’assolvenza iniziale della chitarra dodici corde, col progressivo arretramento del riverbero. Un altro passaggio emozionante è costituito a metà brano dal lugubre abbaiare di cani, ottenuto facendo passare l’organo di Wright dentro un vocoder e poi un ampli Leslie.
La malinconica "Pigs" vede ancora Gilmour protagonista (oltre a Waters) ed è introdotta ovviamente da versi di maiali, poi riprodotti dalla stesso Gilmour verso i 4 minuti con la sua chitarra.
"Sheep" è introdotta da un bel piano elettrico e finalizzata da una bella schitarrata del buon Dave.
Nella parte centrale Waters si inventa uno sberleffo alla religione, riscrivendo a modo suo il Salmo 23 ("Il Signore è il mio pastore") in cui Dio tratta gli uomini come fa un macellaio con le pecore, avendo l’unico interesse a tramutare il suo gregge in agnelli. Nel disco questa parte è letta con un vocoder da un roadie.


LO SPUTO AD UN FAN
Il tour di Animals si chiuse con lo sputo di Waters ad un fan che ispirò il successivo disco "The Wall".
Il 6 luglio 1977 i Pink Floyd sono di scena allo Stade Du Parc Olympique di Montréal per l'ultima data del tour In The Flesh in supporto ad "Animals".
Fu questo episodio avvenuto durante quella serata, ad ispirare Roger Waters nel realizzare il concept che sta alle spalle di "The Wall".
Sin dalle prime note di "Sheep", che apriva il concerto, il pubblico dello stadio sembrava poco incline a concentrarsi sulla musica, un comportamento che Waters non apprezzava e che veniva evidenziato specialmente nella canzoni più lente e riflessive della band.
Mentre Waters suona "Pigs On The Wing part.1" scoppiano dei petardi ma il bassista dei Pink Floyd continua con "Dogs". Il brano sembra filare via liscio ma appena Waters attacca le prime note di "Pigs On The Wing Part 2" si ferma, riprende, si ferma di nuovo e ancora scoppi. La gente sussurra, Waters attacca a cantare ma di nuovo un'esplosione rompe la musica.
Un gruppo di ragazzi si era piazzato sotto le transenne in prima fila e, visibilmente alterato, decise di passare il concerto a fischiare, urlare, dare fastidio e sparare petardi, incluso un altro botto che arriva sul palco sfiorando proprio Waters.
A quel punto il bassista esplode e inizia ad invitare tutti quelli che sono lì solo per dare fastidio e fare casino ad uscire e continuare fuori dallo stadio perché lui ha delle canzoni da cantare e ci sono delle altre persone che vogliono ascoltarle. Erano presenti circa 80,000 persone.
I Pink Floyd riattaccarono a suonare ma, in qualche modo, qualcosa si era rotto nel rapporto tra la band e il pubblico. L'atmosfera era tesa e mentre i fan erano distratti da uno degli effetti speciali cioè il maiale gigante che volava sopra le loro teste, lo staff della band prese il più rumoroso di quel gruppetto di casinisti. Quando  il ragazzo transita accanto al palco, Waters gli sputa addosso.
Quel singolo episodio risulterà essere illuminante per il musicista inglese che da lì inizierà a riflettere ed elaborare il concetto che verrà poi sviluppato in The Wall. La situazione era talmente tesa che, quando la folla chiamò sul palco la band per un' ultima volta, Gilmour si rifiutò di continuare e la jam di chiusura fu affidata al chitarrista in seconda Snowy White e interrotta di colpo per dare alla crew la possibilità di smontare tutto e lasciarsi alle spalle il tour.
L'episodio fu solo il culmine di una sentimento che Waters aveva alimentato dentro di sé da molto tempo. Sin dagli esordi, quando il pubblico aveva qualcosa da contestare ai Floyd finiva per prendersela con Waters che nel corso degli anni cominciò ad accumulare tensioni e fastidio diventando sempre più aggressivo nei confronti di una certa frangia di spettatori e cominciando ad odiare l'idea di esibirsi dal vivo con la band. Il rapporto tra la band e Waters in particolare e tutto il sistema del music business era arrivato ad un punto di rottura che andava in qualche modo affrontato.
Quel suo sentimento di risentimento nei confronti del pubblico lo portò ad immaginare come sarebbe stato esibirsi in un concerto con un muro a separare la band dai fan, concetto che fu poi elaborato nel concept "The Wall", uno dei più grandi album Rock di tutti i tempi.


LA CARRIERA SENZA IL TASTIERISTA RICHARD WRIGHT
Nel 1979 esce APPUNTO "The Wall" che è un'opera Rock a tutti gli effetti in cui venne girato anche un film incentrato sulla storia di una rockstar di nome Pink che, a causa di una serie di traumi causati dalla morte del padre, dalla madre iperprotettiva, dagli insegnanti autoritari e dai tradimenti della moglie, arriva a costruirsi metaforicamente un muro per isolarsi dal resto del mondo.
Come lo stesso Waters ammise, la scena nel film in cui Bob Geldof, completamente rasato, siede davanti al televisore mentre una sigaretta gli si spegne tra le dita, era stata ispirata da un episodio reale accaduto a Syd. Questo disco fu percepito come un album diverso, sia in meglio che in peggio, per la forte assenza di tastiere di Richard Wright, estromesso durante la realizzazione del disco per diverbi con Roger Waters e che partecipò all'album come session man. Esse furono sostituite parzialmente da pianoforte classico ed orchestra. Tutto questo sfocia in rabbia pure ("The Thin Ice"), ritmiche miste ("One Of My Turns"), ma anche ballate strazianti ("Nobody Home").
La novità si avverte fin dalle prime note suonate dal rullante di Nick Mason che rievocano un suono più Heavy dei dischi precedenti e richiamano anche sonorità belliche (è ancora la batteria di Mason a richiamare spari e mitragliatrice), come pure l'elicottero di "Another Brick In The Wall Part II".
"Another Brick In The Wall" è ripresa tre volte: la prima parte è più rilassata ed evidenzia il basso pulsante di Waters, la seconda è la versione più nota (con tanto di coro di bambini) e la terza più veloce.
Un cult è diventato anche il video di questo brano che mostra i bambini del coro rinchiusi all'interno del muro di copertina e la celebre marcia dei martelli.
"Mother" è molto tranquilla, "Empty Spaces" evoca suoni inquietanti ed ossessivi, "Young Lust" è un brano più duro. Nel secondo disco si passa alle esperienze successive di Pink, al suo difficile rapporto con la madre, troviamo tra le altre la bellissima "Comfortably Numb". Questo pezzo procede stupendo tra atmosfere stranianti, scandito dagli splendidi assoli di Gilmour.
"Hey You" è sospesa tra chitarre distorte ed elettronica deformata, "Run Like Hell" è più commerciale e "Waiting For The Worms" dilaniata tra dolcezza e violenza, rappresentazione ideale dello stato d'animo e mentale di Pink. Si apre poi un processo ("The Trial) il cui esito è la condanna, forse dolorosa, ma liberatoria, ad abbattere il muro. "Outside The Wall" poetica ed introspettiva conclude l'album.
Dell'album successivo The Final Cut e dell'olofonia se n'era già parlato (praticamente sperimentano tramite un suono 3D). Il disco esce nel 1982 ed è ricordato per le splendide "The Hero’s Return", "The Gunner's Dream" e per i bellissimi assoli di sax presenti sulla finale "Two Suns In The Sunset". Il disco è incentrato sulla guerra e sui caduti inglesi. Viene scritto completamente da Waters.


L'USCITA DI ROGER WATERS
Tre anni dopo il bassista fondatore (e cantante) Roger Waters per contrasti interni abbandona la band, Gilmour e Mason vincono la battaglia legale continuando a pubblicare dischi con il nome Pink Floyd.
Fu così che esce "A Momentary Lapse Of Reason" nel 1987. Questo disco è interamente scritto da Gilmour ed ha come ospite il vecchio membro Richard Wright.
Si tratta di un album molto controverso (e criticato) per quanto è innegabile che ci siano buoni pezzi quali "On The Turning Away" o "Yet Another Movie". Ineccepibile la produzione, meno pezzi controversi quali "A New machine" per le parti voci/sintetizzatori.
"Dogs Of War" viene molto criticata dai fans della prima ora, ci sono pezzi poi più commerciali come "Learning To Fly". Gli assoli di Gilmour comunque hanno feeling e sono inattaccabili.
Come è inattaccabile l'ottima e cadenzata "Sorrow" che chiude il disco. Il disco viene massacrato dalla critica e viene visto maggiormente come un disco solista di David.
Nella carriera della band ci sono stati show leggendari con luci psichedeliche e maiali volanti, sicuramente tra i più recenti bellissimo quello di Londra del 1994 con un Gilmour sugli scudi ma mi piace ricordare quello del 15 luglio 1989, sulla piattaforma galleggiante del bacino san Marco a Venezia. Un concerto straordinario con oltre 200.000 spettatori, che causò però una serie di problemi, tra cui la durata della performance. I Pink Floyd non avrebbero infatti dovuto superare il limite di tempo segnalato loro tramite un apposito orologio, perché il concerto sarebbe stato trasmesso in mondovisione. Dover suonare per solo un'ora e non per due ore senza poter improvvisare (come erano soliti fare), mise un po' in crisi i membri della band.
Non mancarono altre polemiche, quali l'accusa al gruppo di aver danneggiato alcuni edifici con i fuochi d'artificio (che tra l'altro avrebbero dovuto essere sparati duranti il concerto, invece arrivarono solo al termine) e la grande quantità di spazzatura lasciata dal pubblico.
Insomma, nonostante il live a Venezia venga ricordato dai fan come uno dei più emozionanti della storia dei Pink Floyd, per la band non fu sicuramente semplice.
Le cose non migliorarono l'anno successivo, quando la band si esibì nella cittadina inglese di Knebworth. A Knebworth Park, il 30 giugno 1990, venne organizzato un grande evento presentato come "il miglior concerto Rock di tutti i tempi". Per l'occasione, furono ingaggiati artisti del calibro di Pink Floyd, Robert Plant, Jimmy Page, Dire Straits, Genesis, Eric Clapton e Paul McCartney. 
Ci fu un litigio tra Steve O’ Rourke (manager dei Floyd) e Richard Ogden (manager dell'ex Beatle), per quanto riguarda la conclusione dello show. La chiusura del concerto era stata affidata ai Pink Floyd.

"Ricordo di aver detto a Steve: 'Richiedi un orario serale, al buio' "

Ma Paul McCartney non voleva terminare la sua esibizione. Così i due manager, Steve O' Rourke e Richard Odgen, cominciarono a litigare violentemente a lato del palco durante la fase finale del set di McCartney. La voce di O' Rourke si levò alta: "Fate scendere subito Paul McCartney dal palco!". E Ogden, dal canto suo, rispose: "Beh, allora vai e trascinalo via!". Un'incredibile tempesta colpì la zona scampando tutti da una probabile rissa.
Nel 1994 rientra in pianta stabile anche il tastierista Richard Wright per "The Division Bell" (1994).
Questo disco viene anche criticato, non solo dai recensori dell'epoca ma anche da Roger Waters che lo etichetta come "robaccia dall'inizio alla fine".
La strumentale "Cluster One" usata anche come introduzione durante i concerti del tour che seguì all'uscita del disco (immortalato sul doppio CD live "Pulse") è sorretta da tastiere e chitarre.
Ottima la blueseggiante "What Do You Want From Me", che leggenda vuole sia stata ispirata da un litigio tra il cantante/chitarrista e l'allora moglie Polly Samson, co-autrice di gran parte dei testi presenti su The Division Bell. "Poles Apart" introdotta da un delicato arpeggio di chitarra che sfocia in una sofisticata ballata, appaiono due dediche, indirizzate al compianto Syd Barrett:

"Did you know... it was all going to go so wrong for you / And did you see it was all going to be so right for me / Why did we tell you then / You were always the golden boy then / And that you'd never lose that light in your eyes. The rain fell slow, down on all the roofs of uncertainty / I thought of you and the years and all the sadness fell away from me
And did you know. I never thought that you'd lose that light in your eyes"

La seconda invece, di toni più aspri, sembrerebbe rivolta verso Roger Waters:

"Hey you, did you ever realize what you'd become / And did you see that it wasn't only me you were running from / Did you know all the time but it never bothered you anyway / Leading the blind while I stared out the steel in your eyes"

In "Marooned" si può apprezzare tutto il feeling di Gilmour alla chitarra. In "A Great Day For Freedom" nel libretto troviamo riferimenti alla caduta del muro di Berlino.
"Wearing The Inside Out. Grande" è una canzone di Wright e lo troviamo anche in veste di cantante. La successiva "Take It Back" uscita anche come primo singolo, è stata criticata dalla stampa specialistica a causa del suo riff di chitarra, che ricorda lo stile di The Edge degli U2.
Ottima "Coming Back To Life" e "Keep Talking" che richiama ancora il riff di "In The Flesh".
Tornano le sonorità leggere nella ballata "Lost For Words", momento tranquillo e riflessivo prima della conclusiva e bellissima ballad "High Hopes". Si tratta del brano più intenso del lotto, grazie al suo lento incedere e al suono della "Division Bell" che ne scandisce il tempo.
La carriera dei Pink Floyd degli anni 90 finisce qui, poi torneranno nel 2014 come vedremo.


LA SCOMPARSA DALLA SCENA MUSICALE E LA MORTE DI SYD BARRETT (2006)
Torniamo un attimo a Syd.
Come se volesse salutare i suoi fans nel modo più assurdo che potesse concepire, Syd si ritira totalmente dalla scena musicale dopo l’ultima nota di "Effervescing Elephan" (ultma canzone di "Barrett"). Sparisce del tutto, nessuno sa più nulla di lui, forse nemmeno i suoi ex-compagni di band.
Il materiale per il suo terzo lavoro musicale mai uscito, insieme ad altro materiale scartato ed ad alcuni bootleg, è stato pubblicato nel 1988 col titolo Opel. Si trasferisce nella casa di sua madre a Cambridge e là rimane per i successivi 36 anni. E’ malato, gli acidi gli hanno provocato seri problemi cerebrali.
Entra ed esce dai centri di cura mentale, per molti anni. Su di lui si dicono tante cose.
Si dice che viva come un recluso, che non sia più in grado di intendere e di volere, e forse è vero a giudicare dalle varie dicerie più o meno ufficiali.
Negli ultimi anni, l'ex leader dei Pink Floyd si faceva chiamare semplicemente Roger e continuò a vivere a Cambridge, ormai solo, in seguito alla morte della madre, isolato da tutto quello che in qualche maniera poteva ricordargli il passato.
Coltivava la sua passione per la pittura, dipingendo secondo uno stile prevalentemente astratto, e si dedicava al giardinaggio.
Non aveva nessuna voglia di ricordare i suoi trascorsi di musicista e i suoi vecchi compagni non lo contattavano più; voleva solo essere lasciato in pace.
Pare che la EMI negli anni ’80 abbia deciso di contattarlo per offrirgli una grossa somma di denaro, con la quale avrebbe registrato tutto quello che avrebbe voluto.
Avrebbero pubblicato qualunque cosa avesse registrato, sicuri di vendere anche soltanto sul suo nome.
Pare sia stata la sua famiglia, non lui, a rifiutare l’offerta, quindi probabilmente non era effettivamente in grado di prendere una decisione.
Le persone che hanno avuto contatti con lui, i familiari e qualche fan, dicono invece che no, non viveva come un recluso ma semplicemente come un normale vecchio malato di diabete, semplicemente è uscito di colpo dalla scena pubblica e non vi ha mai più messo piede.
L’antologia "Wouldn't You Miss Me" esce nel 2001.
E' la prima raccolta a comprendere in un solo cd il meglio della geniale carriera solista dell'ex Pink Floyd. 22 tracce in più di 70 minuti di musica, tutte rimasterizzate in modo accurato, sono un bilancio sufficiente, se non esaustivo, della sua carriera.
C'è anche un inedito: "Bob Dylan Blues". E’ un Folk/Blues inciso su nastro nel 1970, in cui Syd gioca a interpretare Dylan in tutto. Una sorta di parodia a rima quasi baciata sulle caratteristiche più o meno piacevoli del cantautore americano.
Un piccolo gioiello che contribuisce ad accrescere i rimpianti per quello che Barrett avrebbe ancora potuto dare al mondo della musica. Syd esce definitivamente di scena il 7 luglio 2006 a Cambridge per complicazioni del diabete, a 60 anni di età. Il giorno dopo, Roger Waters, durante il concerto tenutosi a Lucca, ha dedicato all'amico appena scomparso "Wish You Were Here", facendo apparire immagini dei primi Pink Floyd sul maxi schermo posto dietro al palco.
Dopo la morte, sono stati messi all’asta vari oggetti trovati nella sua casa e tra questi The Oxford Textbook Of Psychiatry, in cui l’artista appuntò alcune pagine relative alla gestione di sindromi organiche da abuso di droghe, alle demenze e alle sindromi paranoiche.
Si può dunque ipotizzare che Syd avesse una consapevolezza di malattia o quanto meno un interesse a tentare di capire da solo i propri disturbi mentali. Negli anni del ritiro ricevette numerose visite di fans, giornalisti e curiosi, a cui cercò in ogni modo di negarsi, rifiutando di voler parlare di quella che era ormai diventata una vita precedente, quando Roger era ancora per tutti lo psichedelico Syd.


LA MORTE DI RICHARD WRIGHT (2008)
La fine (quasi) definitiva di un'era si ha con la morte di un altro cofondatore della band: Wright nel 2008, a causa di un cancro (aveva 65 anni). Wright aveva lasciato la band nel 1979, prima di "The Wall", per divergenze con Roger Waters. Poi con l'uscita di Waters, era ritornato a dar man forte a Gilmour, prima come ospite, poi in pianta stabile su "The Division Bell".


THE ENDLESS RIVER
"The Endless River" uscito nel 2014 è stato dedicato da David Gilmour e Nick Mason proprio a a Richard Wright in cui appare postumo come musicista e autore.
Quando venne pubblicato "The Division Bell" l'idea era di pubblicare un doppio: da una parte le canzoni, dall’altra le strumentali, una specie di "Ummagumma".
"The Endless River" è appunto quasi Ambient, strumentale per larga parte. Per capirlo ti ci devi immergere. L’album offre una visione parziale dei Pink Floyd, mostrando per lo più il loro talento nel lanciarsi in digressioni strumentali d’atmosfera.
"It’s What We Do" (con rimandi a "Shine On You Crazy Diamond"), "Anisina" (con pianoforte, clarinetto e sax) e "Allons-y" sembrano canzoni belle compiute, poi ci sono altre a cui sembra manchi qualcosa (anche perchè alcuni sono intro). "Talkin Hawkin" è un pezzo elaborato con Gilmour in evidenza tra i cori e la voce metallica di Stephen Hawking. Un brano che era stato concepito come intro di "Keep Talking". "Calling" celebra il ricordo di Wright con la sua triste melodia. I suoni spaziali da trip psichedelico di "Eyes To Pearls" rimandano ad "Atom Heart Mother".
"Surfacing" ci riporta a suoni più recenti e moderni, infine "Louder Than Words" (unica cantata e con uno stupendo assolo) potrebbe essere il canto del cigno di questa meravigliosa band.

venerdì 22 agosto 2014

La Storia Degli Alice In Chains e La Morte Di Layne Staley

Dopo aver avuto un’infanzia difficile(con il padre che si drogava ed ubriacava),  la vita pone molto presto il giovane Layne Staley su precipizi fatali la cui némesi  è inevitabile e finale già scritto.
Staley nacque il 22 Agosto 1967 a Washington.
Compiuti i vent’anni prende coscienza di sé, di quel che è e di chi vuole diventare.
Capisce che la musica è l’unica cosa che lo tiene in vita, perseguitato com’è dall’ombra che proietta su di sé un padre come detto tossicodipendente e assente sia mentalmente sia fisicamente.
Staley abbandona la famiglia che Layne ha da poco compiuto sei anni.
Lui è un ragazzino sveglio, comprende tutto.
Per molto tempo la sua figura lo perseguita, all’età di 16 anni decide persino di mettersi alla sua ricerca senza ottenere risultati.
Tutto ciò lo frustra e il giovane Layne comincia a manifestare i primi segni di un malessere interiore che lo accompagnerà per il resto dei suoi giorni.
Da ragazzo è  inquieto e con una personalità chiusa e tormentata.
Riesce a trovare conforto però nell’eroina.
All’inizio è solo un piccolo sollievo per una vita che si preannuncia da loser.
Aspetto, quest’ultimo, che contribuirà a rendere Layne Staley una delle icone leggendarie della musica Grunge.
Una mela marcia, Layne, ma di qualità eccelsa, che ha la fortuna di scacciare via la rabbia e la frustrazione attraverso la musica.


GLI ALICE IN CHAINS
Una sera, mentre si trova in una sala prove di Seattle, il Music Bank, conosce Jerry Cantrell, un chitarrista cresciuto con la musica country che da qualche anno ha virato verso l’hard rock.
Con il bassista Mike Starr e il batterista Sean Kinney ha messo su una band, i Diamond Lie.
Quel giorno Layne e Jerry chiacchierano lungo, si confidano, diventano presto grandi amici.
Poco dopo decidono addirittura di prendere insieme una stanza in affitto e la gran parte del loro tempo libero lo trascorrono insieme provando e suonando canzoni che senza saperlo faranno parte del repertorio dei futuri Alice in Chains.
Infatti dopo aver sciolto le rispettive band, nel 1987 Jerry e Layne fondano gli Alice in Chains cui si uniscono gli ex Diamond Lie, Mike e Sean.
L’intesa tra i quattro è perfetta, Layne possiede una voce roca e potente, quasi abissale. Jerry invece è uno dei migliori chitarristi su piazza.
Gli ingredienti per sfondare ci sono tutti.


I DISCHI
Infatti nel 1989 firmano un contratto con la Columbia Records con cui realizzeranno tutti e  tre i loro album.
Facelift pubblicato un anno prima di Nevermind dei Nirvana, può essere considerato l'album che ha permesso alla scena di Seattle di uscire dall'underground.
Già la copertina stralunata e particolare è una dichiarazione d'intenti.
Il video del brano "Man In The Box" venne trasmesso a rotazione da MTV e questo diede modo agli Alice in Chains di preparare il terreno alle altre band provenienti da Seattle, che successivamente, in particolare verso la fine del 1991, diedero grande visibilità al fenomeno Grunge a livello mondiale.
L'album presenta già in buona parte quello che sarà in seguito il sound che contraddistinguerà la band, con influenze provenienti dall'Heavy Metal miscelate al suono sporco del fenomeno nascente del Grunge, il tutto completato dalla voce cupa e malinconica di Layne Staley.
"We Die Young" diventa un hit, mentre "Man In The Box" si guadagna una nomination ai Grammy Awards 1992.
"Sea Of Sorrow" è veloce e con anche cambi di tempo all'interno, "Bleed The Freak"(di cui venne fatto anche un video) è forse il manifesto degli Alice In Chains del futuro.
"Love, Hate, Love" è contraddistinta da una grande qualità canora di Staley.
Da citare anche "Sunshine" (cane di Cantrell) e "Real Thing".
Facelift diventa disco d'oro alla fine del 1990.
Dirt è considerato l'album forse più rilevante della discografia del gruppo: c'è furia, malattia, tristezza.
L'album fu realizzato quando il cantante Layne Staley era totalmente dipendente dall'eroina.
Le atmosfere cupe, e i testi influenzati dall'esperienza della droga, aiutarono però l'album a diventare un successo.
Il disco parte a bomba con "Them Bones" e prosegue sulla stessa falsariga con la successiva "Dam That River", poi rallenta con "Rain When I Die".
I pezzi "Sickman", "Junkhead", "Dirt" e "God Smack" sono basati sulle esperienze di Staley con l'eroina, mentre "Rooster" sull'esperienza nella guerra del Vietnam del padre di Cantrell.
Rooster era il nomignolo con il quale questo veniva chiamato durante il conflitto.
Non si può non citare anche "Hate To Feel".
Il pezzo "Untitled-Iron Gland" ospita la voce di Tom Araya degli Slayer.
Esso, tuttavia, non è un vero e proprio brano, ma un insieme di rumori accompagnati dall'urlo di Araya.
Tutto ciò iniziò quando gli Alice in Chains conobbero gli Slayer durante il "Clash Of The Titans" tour nel 1990.
I due gruppi divennero amici e, in seguito, Jerry Cantrell chiese ad Araya di fare un urlo tipico degli Slayer da inserire nell'album in questione e lui accettò con piacere.
La frase pronunciata è "I'm Iron Gland!".
Dall'album vennero estratti 5 singoli: "Would?" (grande armonie di basso), "Them Bones", "Angry Chair", "Rooster" e la lenta e straziante "Down In A Hole".
Come EP va citato anche Jar Of Flies del 1994 (il nome deriva da un esperimento che Cantrell fece a scuola con 2 vasetti pieni di mosche: uno pieno di cibo e l'altro con pochissimo cibo. Nel primo vasetto pieno di cibo, le mosche iniziano a prosperare e ad un certo punto muoiono perchè sono troppe. Quelle malnutrite invece per "spirito di sopravvivenza" vivono più a lungo).
Parlando di musica, cosa dire della tristissima ballad "Nutshell"? In questa canzone Staley dice in un verso "non ho una casa", il verso non è casuale, visto che in precedenza la band aveva intrapreso un tour e al suo ritorno si accorse che erano stati cacciati di casa perchè non avevano pagato l'affitto.
Quindi si ritrovano a vivere nello stesso studio di registrazione dove producono l'album.
La band produce la canzone in una stanza, poi Staley ci canta sopra in un'altra.
Il disco nasce in questo modo oserei dire surreale.
Si tratta di canzoni acustiche, dalla grande atmosfera, oltre alla citata "Nutshell", bellissime anche "Rotten Apple", "I Stay Away", "No Excuses" e "Don't Follow".
A seguito di questo EP, Staley prova a sconfiggere i suoi demoni delle droghe provando a disintossicarsi ma poi ricade nuovamente nell'eroina: ancora una volta è in questo clima che nasce il disco successivo.
L'omonimo è noto anche come Tripod (in italiano "tripode") a causa della sua copertina (iconica), raffigurante il cane di Jerry Cantrell, Sunshine, con una zampa in meno.
È l'ultimo album in studio registrato con Layne Staley alla voce.
Il CD era inizialmente disponibile in due versioni: una con la custodia viola trasparente con una "spina" traslucida giallo-verde e l'altra con lo schema dei colori invertito.
Sebbene non ebbe lo stesso successo di Dirt, l'album ottenne tre dischi di platino negli Stati Uniti, nonostante non fu supportato da un tour.
Alice in Chains è considerato dai fan l'album più triste per il suo ritmo Heavy rallentato e i testi morbidi nelle canzoni come in "Grind", "Brush Away", "Sludge Factory", la malata "Head Creeps", "Again" e "Shame In You".
Il singolo "Heaven Beside You" ha un grande successo.
Il testamento della band è lasciato dalla 2 canzoni che chiudono il disco: la complessa musicalmente parlando "Frogs" ed "Over Now".
L'Unplugged invece fu registrato il 10 aprile 1996 al Majestic Theatre della Brooklyn Academy Of Music come parte della serie di concerti MTV Unplugged, contiene versioni acustiche delle canzoni della band.
Lo show fu trasmesso per la prima volta su MTV il 28 maggio e fu il primo concerto degli Alice in Chains dopo oltre due anni e mezzo dal precedente, nonché una delle ultime apparizioni della band dal vivo con il cantante Layne Staley.
La band esegue la maggior parte dei propri successi (tra cui Would?, Down in a Hole e Rooster), esclude però dalla scaletta tutti i brani del primo album Facelift.
Il concerto termina con l'unico inedito, Killer Is Me.
Staley, in piena lotta contro la propria dipendenza da eroina, appare dimagrito, visibilmente affaticato e, malgrado l'ottima prova vocale, fuori allenamento: confonde infatti le parole dei brani in diversi momenti. Durante l'esecuzione di Sludge Factory, inverte i versi e interrompe immediatamente la canzone con un sonoro "F**k!".
Jerry Cantrell e lo stesso Layne sdrammatizzano, scherzando con un paio di battute e ricevendo gli applausi di un pubblico divertito dal piccolo incidente, prima di rieseguire da capo il brano.
L'errore e la successiva gag con Cantrell non sono inclusi nel cd, appaiono tuttavia nella versione video. Anche sul finale di Down in a Hole, Staley sembra confondersi al momento di ripetere il ritornello, lasciando cantare solo Jerry.
Ciò nonostante, l'intera performance è destinata ad entrare nella storia e ad essere considerata tra le migliori della serie di MTV Unplugged, al pari di quelle di Pearl Jam, Kiss e Nirvana.


L'INCONTRO CON IL PADRE, I PROBLEMI CON L'EROINA E LA MORTE DI STALEY
Gli Alice in Chains conoscono improvvisamente il successo, alcol a fiumi, droga e denaro a volontà.
Tutto va a gonfie vele fino a quando un giorno il padre di Layne, Philip, vede una foto di suo figlio su una rivista.
Da quel momento fa di tutto per riprendere i contatti con lui.
Gli dice che si è disintossicato e che da sei anni conduce una vita tranquilla.
Che insomma finalmente è apposto.
“Perché diavolo non sei tornato prima?” gli chiede Layne che all’inizio cerca di esser comprensivo.
Il rapporto però cambia quando suo padre riprende a fare uso di droghe.
E peggiora quando inizia ad accompagnarlo, dopo averlo indotto, sul sentiero oscuro dell’autodistruzione. Iniziano a farsi insieme, è per Layne la calata negli abissi.
Scrive il requiem per il suo sogno.
Quello di viversi finalmente la vita.
Phil gli chiede spesso soldi, poi prende anche l’abitudine di andare a trovarlo tutti i giorni.
E ovviamente non per affetto.
Per Layne è una situazione insopportabile e deprimente.
Del suo malumore comincia a risentirne anche la band.
In quei giorni l’uso di eroina diviene sempre più elevato e frequente e Layne, provato fisicamente e psicologicamente fatica a reggere i ritmi della band non riuscendo neppure a esibirsi dal vivo.
Per i due album Dirt del 1992 e Alice in Chains del 1995 non organizzano neanche una tournée.
Il cantante entra ed esce dalle cliniche per disintossicarsi ma mai completamente pulito.
Butta soldi, cerca con tutte le sue forze di uscire dal vortice in cui è risucchiato ma non ci riesce.
E il destino si sa, gioca brutti scherzi.
Mentre il padre a un certo punto riesce a risalire dal fondo, Layne dopo aver combattuto invano piano piano si spegne.
Il 29 ottobre 1996, morì quello che per Layne fu l'unico vero grande amore della sua vita: Demri Lara Parrot, uccisa da un'endocardite batterica.
Layne non resse più.
Smise definitivamente di farsi vedere in pubblico, distrutto dal dolore dei tragici eventi che lo avevano accompagnato per tutta la vita, dalla delusione e dalla rabbia verso un mondo ipocrita come quello della musica, Layne si rinchiuse nel suo appartamento a Seattle, ormai logorato psicologicamente e fisicamente dall'eroina.
Piano piano la depressione e la droga lo stavano consumando.
Nel 1998 Staley collaborò con altri artisti al progetto Class Of '99, ma le sue condizioni fisiche e psicologiche erano ormai al limite del collasso tanto che nel video di "Another Brick In The Wall Part 2" (cover dei Pink Floyd) Layne non appare nemmeno, se non in vecchie registrazioni del Live At The Moore dei Mad Season, di tre anni prima.
Gli Alice In Chains non si sciolsero ma era evidente che Staley non avrebbe più suonato con loro.
Dopo aver rilasciato un'ultima intervista nel febbraio 2002, fu trovato morto nel suo appartamento il 19 aprile 2002, a due settimane di distanza dalla morte, ucciso da una micidiale mistura di droga, la speedball.
Dopo la sua scomparsa, la madre fondò la "Layne Staley Fund", una comunità no-profit che si occupa della prevenzione e del recupero dei tossicodipendenti.
Otto anni dopo la morte di un’altra icona del Grunge, Kurt Cobain. Layne Staley, che con la sua musica sperava anche di poter aiutare gli altri, durante la sua ultima intervista diffida i giovani dal tenere un comportamento simile al suo: "La droga che uso è come l’insulina di cui un diabetico ha bisogno per sopravvivere. Non uso le droghe per ‘sballarmi’ come pensa molta gente, lo so di aver fatto un grave errore quando ho cominciato a usare questa merda.
È un dolore insopportabile. È il peggior dolore del mondo. La droga distrugge tutto il corpo".


IL RITORNO NEL 2005 SENZA STALEY E LA MORTE DI MIKE STARR
Nel febbraio 2005 Jerry Cantrell, Mike Inez e Sean Kinney hanno organizzato un inaspettato concerto con lo scopo di raccogliere fondi per le vittime dello Tsunami che ha colpito il sud-est asiatico il 26 dicembre 2004.
Per l'occasione si alternarono alla voce i cantanti dei Tool, dei Puddle Of Mudd e dei Damageplan.
Il mixaggio del nuovo album venne terminato nell'aprile del 2009 per essere pubblicato il 29 settembre dello stesso anno sotto il titolo di Black Gives Way To Blue con la Virgin/EMI.
Sono stati realizzati quattro videoclip: "A Looking In View", "Check My Brain", "Your Decision" e "Lesson Learned".
Invece "All Secrets Known" parla del nuovo inizio della band, "Check My Brain" è sorretta da uno splendido riff di Jerry Cantrell.
Sul disco non si può dire niente: al di là del fatto che non ci sia più Staley, il sound è 100% Alice In Chains.
Nel 2011 Mike Starr (ex bassista della band) viene arrestato in quanto trovato in possesso di sostanze stupefacenti, circa 1 mese dopo (marzo 2011) viene trovato morto nella sua casa a Salt Lake City.
Anche per lui la droga la causa della sua morte.
L'8 gennaio 2013 uscì il nuovo singolo "Hollow", il primo dell'album The Devil Put Dinosaurs Here uscito il 28 maggio 2013.
Poi vengono estratti "Stone" e "Voices".
L'album contiene 12 tracce e viene pubblicato nella versione CD con case rosso.
La copertina del book interno contiene l'immagine di due crani di triceratopo speculari.
Posizionando il book all'interno del case rosso se ne percepisce uno soltanto, se osservato privo di case i due crani speculari (e monocromatici uno verde e uno rosso) disegnano la sagoma di una terza figura.
I dischi senza Staley contengono sempre il mood depressivo degli anni 90 con il nuovo vocalist DuVall che cerca d'imitare la cadenza di voce di Staley.

La Storia Dei Nirvana e Il Suicidio Di Kurt Cobain

I Nirvana sono stati forse la band  più rappresentativa del movimento Grunge, per quanto band come Alice In Chains e Pearl Jam erano indubbiamente più varie e tecniche.
In pochi anni e con una manciata di album all’attivo, sono riusciti a imporsi come la vera leggenda della scena di Seattle, riuscendo a interpretare l’umore di un’intera generazione e trasformando l’alternative rock in un fenomeno di massa. Il suicidio del loro leader, Kurt Cobain, ha certamente alimentato il mito, ma l’impatto della musica dei Nirvana sugli anni ’90 è indiscutibile.
Il loro nome, a detta di Cobain, significava "liberazione dalla sofferenza/dolore".


STORIA E PRIMI DISCHI
Inspirandosi ai Melvins, Kurt Cobain (vocalist e chitarra), Chris Novoselic (basso) e Chad Channing (batteria) formano i Nirvana e iniziano a suonare usando proprio la strumentazione di seconda mano dei Melvins.
Come detto sono una delle band principali della scena di Seattle del tempo.
Dopo aver pubblicato il 45 giri "Love Buzz/Big Cheese" per l'etichetta simbolo della scena cittadina, la Sub Pop Records, i Nirvana esordiscono a 33 giri con Bleach (1989).
Cobain si rivela subito l’anima del gruppo.
Le sue capacità compositive emergono da pezzi come "About A Girl", una ballata che preannuncia l'esistenzialismo e la vena desolata del suo stile, ma anche da prototipi Grunge come "School", "Blew" e "Love Buzz" che fissano subito i parametri del sound Nirvana degli anni a venire.
Il disco e la successiva tournée garantiscono alla band un buon successo e la incoraggiano a proseguire, malgrado già affiorino i problemi di salute psico-fisica del suo leader.
Ingaggiato alla batteria Dave Grohl (Warren, Ohio), il trio firma con la major Geffen e, nel settembre 1991, pubblica Nevermind. Prodotto da Butch Vig e mixato da Andy Wallace, è un disco destinato a entrare di diritto nei classici di sempre.
Pochi album, nella storia del Rock, hanno infatti saputo incarnare con la stessa intensità gli umori e le ansie di un'intera generazione. Eppure Kurt Cobain, a registrazioni ultimate, non era molto soddisfatto.
Non perdonava a Gary Gersh e a Andy Wallace, rispettivamente discografico e produttore, di aver voluto mettere le mani sul materiale, accentuandone dinamica e profondità.
La peculiarità dei Nirvana è di saper associare al sarcasmo nichilista del punk un talento melodico sconosciuto a gran parte delle formazioni che emergono nello stesso periodo.
E poi ci sono i testi: una perfetta fusione fra musica e vita, in grado di creare una simbiosi mitica fra artista e pubblico che tocca il suo apice in "Smell Like Teen Spirit", il grido rabbioso che apre l'opera e rimarrà negli annali a simboleggiare lo spirito, apatico e sarcastico, di un'intera generazione.
Rinunciando in parte alla durezza del precedente "Bleach", Cobain dà sfogo ai suoi demoni in una serie di ballate nevrotiche, che ricordano da vicino quelle del suo grande maestro, Neil Young.
Ascoltare per credere pezzi come "Lithium" e "On A Plain", che donano al disco un tormentato vigore.
Ma a conquistare il pubblico sono anche l'autobiografica "Come As You Are", il lamento acustico di "Polly", il canto moribondo di "Something In The Way".
L'album (più di 20 milioni di copie vendute, contro le 30mila dell'esordio) diventerà uno dei maggiori successi discografici di tutti i tempi, senza alienare tuttavia ai Nirvana le simpatie delle frange più "dure e pure" del loro pubblico. E la musica di Seattle porta alla luce un'altra America, popolata di giovani disadattati e inquieti che, da underground, assurgono improvvisamente a fenomeni di costume.
Per approfondire sulla copertina: I Nirvana e La Diatriba Con Spencer Elden: La Copertina Di Nevermind
Il 25 novembre 1991 la band venne invitata a Top Of The Pops, all'epoca in quella trasmissione ci si esibiva con la base pre-registrata e la voce reale. I Nirvana non ottennero eccezioni alla regola: Kurt Cobain e soci avrebbero dovuto esibirsi in quel modo, i musicisti avrebbero semplicemente mimato le basi strumentali della canzone e solo Kurt avrebbe avuto la possibilità di inserire qualcosa di autentico nella performance. Quel giorno i Nirvana, salirono sul palco di Top Of The Pops e Kurt Cobain finse in maniera plateale di suonare la chitarra, rendendo esplicito fin da subito che quella sarebbe stata una finta performance. A confermarlo è Kris Novoselic, il bassista, che subito inizia a far girare il basso sulla testa come se di suonarlo non ne avesse alcuna intenzione. Nel frattempo Dave Grohl, sullo sfondo, picchia sulla batteria come se stesse suonando una canzone tutta sua, teso a disturbare il più possibile l’effetto finale, visivo e sonoro. Poi Kurt Cobain si avvicina al microfono e inizia a cantare: una voce gutturale viene fuori dalla sua bocca. Kurt resta immobile davanti al microfono, canta come se stesse interpretando una ballata romantica. In seguito apre la bocca fino a farci entrare dentro il microfono, giusto per trasmettere suoni ancora più bassi. E per tutta la performance resta in quel personaggio, tirato e annoiato, il modo più plateale di esprimere la disapprovazione per quel tipo di performance, che evidentemente considerava uno svilimento della loro stessa natura.
Come ciliegina sulla torta, anche il testo del brano venne modificato: le parole originali "Load up your guns / Bring your friends" ("carica le armi, porta i tuoi amici") diventano "Load up on drugs / Kill your friends" ("Datti alle droghe / Uccidi i tuoi amici"), un messaggio che certamente sarebbe stato rifiutato dalla produzione se fosse stato annunciato in anticipo.
Nel dicembre 1992 la Geffen pubblica Incesticide, raccolta di rarità registrate alla BBC, singoli inediti su album e versioni alternative con Sliver che ha un discreto successo.


I LITIGI CON AXLROSE, I PROBLEMI CON RAPE ME ED IN UTERO: GLI ULTIMI ANNI
Nel 1992 i Nirvana si esibiscono agli MTV Video Music Awards.
Durante le prime prove, Cobain annuncia che durante la trasmissione il gruppo avrebbe suonato una nuova canzone e i Nirvana iniziarono a provare Rape Me.
I dirigenti di MTV sono scioccati dalla canzone, credendo che il testo si riferisse a loro.
Pur di non permettere la messa in onda di "Rape Me", i dirigenti di MTV minacciano di escludere i Nirvana dal programma e di non trasmettere più i loro video musicali.
Dopo una serie di accese discussioni, il gruppo decise di suonare "Lithium", l'ultimo singolo.
All'inizio dell'esibizione, Cobain simula le prime note di "Rape Me", prima di iniziare "Lithium".
Verso la fine della canzone, irritato per la rottura del suo amplificatore, Novoselic decide di lanciare il basso in aria. Tuttavia, sbaglia la misura del lancio e il basso cade sulla sua fronte, facendolo cadere dal palco.
Mentre Cobain distrugge la strumentazione del gruppo, Grohl corre alla telecamera e inizia a urlare ripetutamente Hi, Axl! Where's Axl?, riferendosi al cantante dei Guns N' Roses Axl Rose, con il quale avevano avuto un litigio prima dello show.
Il tutto nasce dal "camping" dello show, dove alloggiavano le star.
Cobain riferì: "Eravamo qui fuori e abbiamo visto passare Axl, così Courtney. tenendo in braccio Frances ha detto: "Axl vorresti essere il padrino di nostra figlia?"
Axl mi puntò il dito contro, in modo molto aggressivo (mimando il gesto) e poi mi disse di far star zitta la mia "puttana" mentre gli altri Guns tra cui Duff McKagan in particolar modo circondarono Novoselic per picchiarlo".
Poi, nel settembre del 1993, dopo una serie di speculazioni sullo stato di salute di Cobain, esce In Utero. Il disco viene inciso in due sole settimane.
È una miscela di canzoni rabbiose e desolate ("Rape Me" che nel riff iniziale fa il verso a "Smells Like Teen Spirit", "Serve The Servants", "Pennyroyal Tea" e, soprattutto, "All Apologies") e di esagitate esplosioni rumoristiche al limite della cacofonia ("Scentless Apprentice", "Frances Farmer Will Have Her Revenge On Seattle", "Milk It" e l'autoironica "Radio Friendly Unit Shifter").
L’album riflette soprattutto l’odissea personale di Cobain, sposatosi nel frattempo con Courtney Love delle Hole. E’ la testimonianza di un cupo, inguaribile senso di impotenza e fatalismo.
Su Mtv i Nirvana ripropongono, in un’affascinante chiave acustica, molti dei loro successi, incidendo il fortunatissimo Unplugged in New York.
Testimonianza di un concerto del novembre 1993, l’album svela l’anima sofferente delle canzoni di Cobain. Spogliati degli orpelli hard-rock, i brani dei Nirvana si rivelano struggenti confessioni di un incurabile disagio esistenziale.
Un’atmosfera di tragedia imminente pervade le rivisitazioni di "Pennyroyal Tea", "All Apologies", "Come As You Are" e "About A Girl".
Ma a dare nerbo al disco sono anche alcune cover come "The Man Who Sold The World" di David Bowie, "Lake Of Fire" e "Oh Me" dei Meat Puppets e una straziante versione del classico di Leadbelly "Where Did You Sleep Last Night".
Il quartetto decise di non suonare le proprie hit più famose, con l'eccezione di "All Apologies" e "Come As You Are".
In seguito, Grohl dichiarerà: "Sapevamo di non voler fare una versione acustica di Teen Spirit...sarebbe stato incredibilmente stupido".
Ma il successo comunque raggiunto dall'Unplugged non servirà a guarire il biondo idolo di Seattle.


IL SUICIDIO DI COBAIN
Come prima di lui Jimi Hendrix e Jim Morrison, anche Kurt Cobain porterà ad estreme conseguenze la sua autodistruzione. Nell'ultimo periodo della sua vita Cobain durante i concerti era un automa, un fantoccio inanimato, che non cambiava mai posizione nell’ora scarsa in cui cercava di suonare: statico sulla chitarra, sempre fuori-tempo, mentre gli altri due, Kris Novoselic e Dave Grohl, provavano a fare il loro mestiere.
E alla fine di quel breve pianto, una sensazione cattiva, premonitrice forse, si intuiva che Kurt aveva pian piano iniziato a dirci addio.
Nelle prime settimane del 1994, i Nirvana iniziano un nuovo tour europeo, che viene però sospeso dopo che il 1º marzo a Monaco di Baviera a Cobain furono diagnosticate una bronchite e una forte laringite.
Per questo motivo il concerto del 2 marzo, che si dovrebbe tenere proprio a Monaco, viene cancellato.
A Roma, la mattina del 4 marzo, Courtney Love trova il marito privo di coscienza nella propria camera d'albergo. Il cantante dei Nirvana viene immediatamente trasportato all'ospedale, dove si scopre che l'incoscienza era il risultato di una combinazione di Rohypnol, medicina che gli era stata prescritta, e alcolici. Tutte le rimanenti date del tour vengono cancellate, incluse alcune nel Regno Unito.
Nelle settimane successive, Cobain ricade nella dipendenza dall'eroina, acconsentendo a seguire un programma di riabilitazione in un centro specializzato.
Dopo meno di una settimana passata nel centro, Cobain salta il muro di cinta e torna a Seattle in aereo.
Una settimana dopo, l'8 aprile 1994, Cobain viene trovato morto nella sua casa di Seattle infatti il leader dei Nirvana si toglie la vita con un colpo di fucile, consacrandosi per sempre al culto dei fan.
I Nirvana si sciolgono immediatamente: game over.
Nel suo messaggio d’addio, un epitaffio: "It’s better to burn out than to fade away" "meglio bruciarsi che spegnersi lentamente".
E’ un verso di "My my, hey hey", la canzone del suo maestro Neil Young.
Un anno dopo, il cantautore canadese renderà omaggio alla memoria del suo discepolo dedicandogli "Sleep With Angels".


SUICIDIO O è STATO UCCISO?
Qualche ora dopo, migliaia di fan sono già in fila, una veglia silenziosa nel grigio mattino di Seattle.
E mentre la polizia compie il suo lavoro ed emana il suo verdetto: suicidio, avvenuto tre giorni prima, il 5 aprile il mondo si chiede "perché?". Courtney Love, la moglie di Cobain, cerca di consolare i fan all'esterno della villa. A qualcuno regala i vestiti del marito.
Centinaia di giornalisti lasciano la sede della Boeing, dove è in corso la presentazione di un nuovo gigante dei cieli e si dirigono verso la villa. Tra questi, Richard Lee, 31 anni.


LA TEORIA DI RICHARD LEE
Che dopo una settimana pubblica un articolo: "Chi ha ucciso Kurt Cobain?".
La teoria, se così si può definirla, che Richard Lee porterà avanti nel corso degli anni parte da un fatto non verificabile.
Lee sostiene di aver visionato delle immagini del ritrovamento del cadavere, girate da un fan appostato all'esterno della casa, dalle quali emergerebbe l'incongruenza tra la modalità del suicidio un colpo di fucile alla testa e la scarsa quantità di sangue presente intorno al corpo di Cobain.
Le smentite arrivano subito: esperti di balistica replicano che nel caso di un colpo esploso nella cavità orale, il sangue non fuoriesce in grandi quantità.
Ma Lee va avanti. Diventando il capofila di chi ritiene che il cantante dei Nirvana sia stato assassinato.


LA TEORIA DELL'INVESTIGATORE TOM GRANT
Al secondo posto di questa lista c'è Tom Grant, professione investigatore privato.
Il 25 marzo 1994, in casa Cobain, si tiene una riunione.
Viene suggerito al musicista il ricovero in una clinica per disintossicarsi dall'eroina.
Tutti d'accordo. Il ricordo dell'incidente di Roma è ancora vivo.
 Il 30 marzo Cobain arriva al centro di riabilitazione Exodus di Marina del Rey, Los Angeles.
Vi resta 24 ore. Il giorno seguente, dopo la visita della figlia, fugge, prende un aereo e torna a Seattle.
Ma fa perdere le proprie tracce. Courtney Love ingaggia Grant.
Gli chiede di ritrovare il marito e blocca le carte di credito. Grant inizia la sua caccia. Inutile.
Nei giorni fino all'8 aprile la polizia e gli amici di Kurt visitano più volte la sua casa.
Ma di Cobain nessuna traccia, fino al ritrovamento del cadavere. Nessuno guarda in quella stanza sopra al garage. E Grant non si da pace. Continua le sue indagini. È convinto che qualcosa non torni.
Fa domande agli amici della rockstar. E stila una lista di "contraddizioni" che escluderebbero il suicidio.
La prima: la quantità di eroina presente nel sangue di Cobain al momento della morte è tre volte superiore alla dose letale.
Il leader dei Nirvana non avrebbe avuto neanche la forza di accendersi una sigaretta, figuriamoci di imbracciare un fucile. La seconda: proprio sul Remington M-11 non ci sono tracce chiare di impronte digitali. Come se qualcuno avesse cercato, in modo maldestro, di cancellarle.
La terza: la Suicide Note, la lettera d'addio, sembra scritta da due mani diverse.
Pressione sulla carta, grafia, parole utilizzate. Il commiato finale non sarebbe stato scritto da Cobain.
La quarta: nei giorni successivi al cinque aprile qualcuno avrebbe cercato di utilizzare le carte di credito.


LA TEORIA DI NICK BROOMFIELD
A proporre una ricostruzione è Nick Broomfield, nel suo documentario "Kurt and Courtney", 1998.
Broomfield concentra la sua indagine sulle "mosse" di Courtney Love nei giorni precedenti e successivi al 5 aprile 1994.
In sintesi, la teoria proposta è: i due sono vicini al divorzio.
La Love teme di essere diseredata.
E ingaggia un ex musicista di Los Angeles El Duce per uccidere Cobain in cambio di 50mila dollari.
È lo stesso El Duce che afferma questa versione dei fatti.
Ovviamente senza fornire nessuna prova.
Le polemiche dopo l'uscita del documentario partono subito.
Ma è lo stesso Broomfield a fermarle: "Credo che Cobain si sia suicidato.
E penso che ci sia un solo modo per spiegare la sua morte. La mancanza di cura nei suoi confronti.
Anche dalle persone che gli erano più vicine".
Una linea condivisa dalla maggioranza delle persone che hanno frequentato Cobain nei suoi ultimi mesi. L'abisso di una solitudine senza via d'uscita come quella "osservata" da Gus Van Sant in The Last Days  acuita dall'essere permanentemente sotto i riflettori, dall'uso di eroina.
Da Dave Ghrol al padre di Cobain. Tutti danno una spiegazione simile.


I libri fondamentali:




L'ULTIMA INTERVISTA
«Ho sempre pensato che avrei ucciso me stesso prima di uccidere chiunque altro».
È spaventoso, cupo e profetico ciò che disse Kurt Cobain a Jon Savage in quella che è la sua intervista testamento, la confessione a cuore aperto prima di chiudere per sempre l’anima e premere il grilletto.
«A scuola ero così antisociale da diventare quasi pazzo».
Notte fonda, luglio 1993.
Lui, l’antidivo cantante dei Nirvana e di una generazione di rockettari che spazzarono via tutto, anche loro stessi.
L’altro, il giornalista scrittore simbolo del punk rock.
«Troppo pulito, non ascolto quel tipo di album(In Utero) a casa», confessa qui Cobain.
«Dopo averlo registrato Kurt non credeva rappresentasse il suono della band», dice oggi Dave Grohl, che è l’unico vero sopravvissuto musicale del trio visto che ha avuto un successo straripante pure con i Foo Fighters.
E l’altro Nirvana, ossia Krist Novoselic, che ha lentamente sostituito la musica con la politica, conferma di aver impiegato vent’anni per accettare che invece «era un grande disco».
Kurt Cobain come abbiamo visto non ha avuto tempo di ragionarci su, visto che nel 1994 si sparò.
Ma aveva iniziato a morire molto prima, prima ancora di accorgersi che Smells Like Teen Spirit fosse diventato un inno generazionale o che Vanity Fair definisse crudelmente lui e sua moglie Courtney Love come i nuovi «Sid e Nancy» (Sid Vicious era il bassista dei Sex Pistols morto da una overdose nel ’79).
«Dopo il divorzio dei miei genitori sono diventato asociale. Volevo disperatamente una famiglia classica. Madre. Padre».
In un paesetto piccolo così e per di più misogino come Aberdeen, Kurt Cobain implode prima di esplodere come rockstar. Nonostante avesse ascoltato Led Zeppelin e Aerosmith, realizzò che «avevano troppo a che fare con il sesso e mi annoiavano». Si innamorò del punk di Black Flag e Flipper, suoni drastici, testi nichilisti. Era un punk, Cobain, nell’epoca dei Guns N’Roses, ossia musicalmente ai margini.
«Ho persino pensato di essere gay e che quella poteva essere la soluzione ai miei problemi»: e difatti nel brano All Apologies, proprio da In Utero, canta quel «Tutti sono gay» che tirò giù il muro dell’omofobia anche nel rock. Non riuscì mai a capire fino in fondo quanto il verso fosse stato importante. Era appena germogliato con i Nirvana: il successo mondiale gli seccò le radici.
«Quando tornai a casa (dopo il tour di Nevermind), un mio amico fece una compilation dei servizi di Mtv e delle tv locali su di noi, era terrorizzante, mi spaventò».
Poi nacque Frances Bean (oggi ha 21 anni) e «decisi di uscire dal mio guscio e accettare la fama», disse quella notte a Jon Savage. Macché.
Era demolito da un mal di stomaco psicosomatico che lo trafiggeva «proprio dove nasce la mia voce». Allora decise che «avrei potuto assumere una sostanza che uccideva quel dolore».
«Mi sono iniettato eroina per circa un anno», ammise poco dopo, tra una critica al produttore Steve Albini, una ad Axl Rose e un’altra alla polizia che aveva appena sequestrato armi nella casa: «Una cazzata totale». Ma non era solo Steve Albini a sentir male la sua voce.
Neanche Kurt Cobain riusciva a decifrarla: «È come se la gente non mi credesse, come se fossi un bugiardo patologico» Il giorno dopo l’intervista andò in overdose.
Di nuovo a Roma a marzo. Il 5 aprile, bang.
Un bang silenzioso, se ne accorsero tre giorni dopo.


LA LETTERA D'ADDIO
"Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere uno snervante bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere piuttosto semplice da capire.
Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, intendo dire, l’etica dell’indipendenza e di abbracciare la vostra comunità si sono rivelati esatti. Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento il maniacale urlo della folla cominciare, non ha nessun effetto su di me, non è come era per Freddie Mercury, a lui la folla lo inebriava, ne ritraeva energia e io l’ho sempre invidiato per questo, ma per me non è così. Il fatto è che io non posso imbrogliarvi, nessuno di voi.
Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei.
Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%.
A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco.
Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo (e l’apprezzo, Dio mi sia testimone che l’apprezzo, ma non è abbastanza).
Ho apprezzato il fatto che io e gli altri siamo riusciti a colpire e intrattenere tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più.
Io sono troppo sensibile.
Ho bisogno di essere un po’ stordito per ritrovare l’entusiasmo che avevo da bambino.
Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fan della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e penso che io amo troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste.
Il piccolo triste, sensibile, ingrato, pezzo dell’uomo Gesù!
Perché non ti diverti e basta? Non lo so.
Ho una moglie divina che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda troppo di quando ero come lei, pieno di amore e gioia.
Bacia tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male.
E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali.
Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me.
Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici.
Penso sia solo perché io amo troppo e mi rammarico troppo per la gente.
Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e l’appoggio che mi avete dato negli anni passati.
Io sono troppo un bambino incostante, lunatico!
E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.
Pace, amore, empatia.
Kurt Cobain. Frances e Courtney, io sarò al vostro altare. Ti prego, Courtney, continua così, per Frances.
Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.
VI AMO. VI AMO.


INEDITI E BEST OF
Neanche Kurt Cobain sfuggirà purtroppo all'immancabile operazione commerciale post-mortem, che porterà alla "riesumazione" del suo ultimo brano prima del suicidio, "You Know You're Right", allo scopo di vendere qualche copia in più dell'antologia Greatest Hits (tredici classici della formazione di Seattle). E su altri presunti 109 brani inediti, nascosti in qualche cassaforte, è già iniziata la battaglia legale tra Courtney Love, Krist Novoselic e Dave Grohl. "Capisci, ci sono un sacco di soldi di mezzo", ha ammesso la Love. Ma è solo l'ennesimo litigio sulle briciole dei defunti nella storia del Rock.